Si spengono le luci. Silenzio.
Qualche minuto di attesa. I fari si accendono gradualmente e il
Va’ pensiero verdiano invade la galleria.
All’improvviso si odono urla di giubilo: “
Viva l’Italia, viva l’Italia!”. E una pioggia di coriandoli
tricolore ricopre gli ignari ospiti.
La mostra organizzata da Fabio
Cavallucci si apre così, con la performance in versione home del duo
L’epimeteide
(Angelo Airò
Farulla ed Elena Fatichenti), in modo trionfale, scenografico, provocatorio,
con quel pathos tipicamente italiano. E proprio di passione e sentimenti parla
il curatore: “
Una mostra che intende solo creare un’atmosfera”, sostiene, che vuole far riflettere,
che in qualche modo vuol smuovere il nostro amor di patria.
Attraverso riedizioni dell’inno,
della bandiera italiana e delle tematiche di più stretta attualità, tredici
artisti, affermati e non, raccontano il nostro Paese. Le sfaccettature di
questo splendido gioiello che è l’Italia rivelano contraddizioni,
idiosincrasie, caos, soprattutto quando si parla di valori o ideali. È il dio
Denaro a farla da padrone, anche nell’attuale sistema dell’arte, dov’è
l’economia a scegliere e decidere.
Ed ecco l’
Italia all’asta di
Luciano Fabro, in cui lo stivale viene
rivoltato e sovrapposto all’immagine che tutti abbiamo della penisola, per poi
esser infilzato da un’asta metallica. Così, attraverso un arguto gioco
metaforico, viene denunciato un Paese in vendita, impalato, alla mercé di
grandi capitali e privatizzazioni. Mentre
Gianni Motti svilisce la sovranità della
cartamoneta con una svolazzante precipitazione di banconote dall’effetto
ipnotico.
Il catalogo, il
Corriere d’Italia, si presenta sotto forma di
quotidiano gratuito, frutto della cooperazione di artisti e intellettuali che s’interrogano
e confrontano sulle problematiche italiane. Un ottimo modo per far circolare
con più rapidità e leggerezza le idee. Un prontuario da portare con sé, per
insinuare il dubbio e sollevare certezze, in linea col progetto di Enrico
Astuni, per cui la galleria “
si assume il ruolo di educare e interessare
all’arte contemporanea”.
Gli interventi risultano un po’
troppo politicizzati in senso unilaterale, ma la mostra colpisce nel segno. “
Direi
che l‘artista è proprio colui che, in virtù di pratiche di esplorazione
sperimentale del rimosso, rende praticabili, a sé e ad altri, pensieri e azioni
che altrimenti rimarrebbero preclusi, in una sorta di limbo”, dice
Cesare Pietroiusti, presente con una performance a
“squarciagola”.
Primo step raggiunto: l’emersione
del rimosso, la denuncia, il risveglio delle coscienze. Forse addirittura un
comune sentimento italiano? Ora la sfida più grande: fornire soluzioni, fatti,
mondi possibili. Ognuno di noi è chiamato in causa.
Visualizza commenti
che sia vero o no, dicono che questa mostra sia costata ad Astuni una cifra che si aggira intorno ai 100 mila euro. Dovevano intitolarla Viva l'Italia, abbasso la crisi.
mi sembra gossip a senso unico. ma la mostra comè?
la mostra è bella, una delle poche che tenta un approccio nuovo, sia per le modalità espositive che per i contenuti. attendiamo il prossimo passo di astuni