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Fino al 7.IV.2001 | VJ Convention 3.0 Contest nazionale vjing 2001 Terza edizione. | Bologna, Link

di - 12 Aprile 2001

All’interno di Distorsonie, Festival di musica elettronica dance innovativa organizzato dal Link Project di Bologna, si è svolta nella serata di sabato del festival la terza edizione della competizione tra i migliori vj’s della scena italiana. Il vjing come arte e come fenomeno sociale e culturale non ha ancora in Italia l’attenzione che merita. Se il vj non viene addirittura scambiato con un presentatore di video di MTV, se ne considera l’attività creativa come un elemento di complemento e nulla più all’attività del dj.
Sulla soglia tra videoarte, videoclip, grafica multimediale e intrattenimento visivo, il vjing appartiene al mondo notturno della musica elettronica alternativa e sperimentale. È una performance audio-visiva che consiste nel mixaggio e nella manipolazione live di immagini provenienti da fonti diverse. Condivide con la musica elettronica la tecnologia di montaggio non lineare e di effect-keying e tutta una terminologia specifica che lo descrive (loop, feedback, delay…). Ha in comune con un dj set l’aspetto performativo e l’ambiente dance.
L’aspetto performativo e live è stato particolarmente messo in evidenza da questa edizione della VJ Convention. Infatti la consolle è stata disposta al centro della sala, aperta, per permettere al pubblico di girarci attorno e dare un’occhiata ai segreti dei vj’s. In questo modo è dato risalto a tutta una gestualità particolare degli artisti, che ballano mentre lavorano con la tecnologia di computer e mixer. Se la loro arte non sfocia in un opera-oggetto ma in un evento vivente, come tale irriproducibile e sempre diverso, puro flusso immateriale di immagini che vive nel tempo come la musica, sono gli artisti, spesso crew o work team, che emergono, con la propria cifra stilistica o la propria firma, che non di rado diviene il tema tautologico dei video (ad esempio la scimmia dei Sun We Kung).
L’attività di questi moderni eredi di Leopold Survage è quella di creare video da ballare, ritmi colorati, come le eleganti linee cronocromatiche di Justin Greenleaf. Quello che viene sconvolto rispetto alla videoarte tradizionale è la situazione della fruizione, il ruolo dello spettatore, che viene messo in crisi in due momenti fondamentali: la visione frontale e la visione statica. “Dove credete di essere? Perché non state seduti su comode poltrone come al cinema?” recitano le lettere danzanti degli Yamacorp. È il concetto di arena: le immagini provengono da più direzioni, la retina è dilatata e iperstimolata nelle sue regioni periferiche, gli occhi espansi procedono indipendenti, la visione centrale bifocale del senso comune è messa in crisi. Infatti le immagini non devono essere riconosciute ma ballate, vissute: “non importa il significato. Se ti fermi a pensare a queste cose, i tuoi piedi si bloccheranno. E allora non potrò fare più niente per te” avverte il 1 Minestrone Armoniko di Elisa Campanelli, in arte Elektrika Visual Stimulant. È una sfida percettiva, che minaccia l’inerzia delle abitudini e vuole “provocare l’esperienza di percezioni inaffrontabili” secondo la filosofia dello sparaconcetti dei Minmega. La stimolazione asemantica della visione vuole avere una forte carica di sovversione e di erosione critica dei significati imposti. E’ il caso della performance di Opificio Ciclope, in cui i movimenti da mal di mare della telecamera digitale di Blair Witch Project si trasformano in una vibrazione generale che diviene quella della stimolazione sessuale per trasformarsi nello sfrigolio di un hamburger schiacciato per essere fritto, per poi sciogliersi in una nuvola pulviscolare di punti di domanda. Il montaggio disnarrativo raggiunge un tono lirico nel duo fiorentino Ogi:no Knauss (particolarmente bella la sinfonia dei citofoni multietnici). Gli Elettrosofia hanno presentato invece Japop, un delirio di immagini nipponiche che illustra i paradossi della società più tecnologica e insieme conservatrice del pianeta.

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Elektrika Visual Stimulant
Minmega tv
Sun We Kung


Lavinia Garulli


VJ Convention 3.0. Contest nazionale vjing 2001. Terza edizione.
Vj’s: Elektrika Visual Stimulant (Mi), Solitonweawe (Mi/London), Ogi:no Knauss (Fi), Opificio Ciclope (Bo), Elettrosofia (Roma), Minmega tv (Roma), Yamacorp (Mi), Sun We Kung (Mi).
Sala bianca, Link Project, via Fioravanti 14 (dietro la stazione centrale).
Tel 051-370971; info@linkproject.org
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[exibart]

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  • siete stati gli unici a dare la notizia. Peccato per il leggero ritardo che non mi ha permesso di essere presente.

  • Mi sono perso una cosa fantastica!!! Ora sono incuriosito in maniera troppo invadente dal risparmiarmi di documentarmi sui prossimi progetti del Link. Ottimo l'articolo, ma la giornalista oramai è una splendida conferma. Saluti.

  • complimenti all'autrice dell'articolo!
    i suoi pezzi sono sempre redatti con entusiasmo e precisione. brava!

  • Bellissimo l'articolo e davvero interessante l'avvenimento. Le tue parole restituiscono con grande precisione l'atmosfera e il significato della nottata. La Vj Convention del Link deve tanto, sia a te sia a Exibart. Bravissimi!!!

  • Lavinia, l'unica cosa che si può dire, in realtà, è che le tue riflessioni sono sempre così profonde, intelligenti, precise ed esaurienti che è quasi impossibile trovare parole adeguate per risponderti. Ciao!

  • Molto opportuno il richiamo di cost alla nozione deleuziana di totalità aperta. La scoperta che il tutto è l'Aperto GD l'attribuisce a Bergson. Questo discorso porta gilles a affermare che nel cinema cosiddetto moderno non esiste più alternativa fra montaggio e piano (Welles, Resnais e Godard), ma identità (pag 55 di cinema II). Questo concetto è preso pari pari da Alessandro Amaducci, in un testo che presto recensirò per exibart libri, per definire che cos'è la videoarte nella sua differenza di natura dal cinema. Forse un fenomeno come il vjing, con la sua natura senso-motoria, la sua struttura senza inizio né fine, uso drammatico del loop ecc... scobussola un po' queste dicotomie concettuali tra cinema e videoarte, cinema d'azione e cinema del pensiero, cinema classico, cinema moderno ecc...Grazie a cost per la preziosa indicazione di iris e del sito della rivista. ciao

  • La rivista specializzata IRIS, fondata da Jacques Aumont, Jean-Paul Simon e Marc Vernet, ha dedicato, nel 1997, un numero monografico a Deleuze. Lo indico poichè mi sembra interessante per approfondire le conoscenze su questo grandissimo filosofo. Il numero è il 23, Primavera 1997 : Iris, Revue de théorie de l'image et du son - Gilles Deleuze, philosophe du cinéma. Per informazioni il sito della rivista è http://www.arcade.uiowa.edu/proj/film/iris_opener.html. L'indirizzo e-mail, almeno nel 1997, era iris@uiowa.edu.
    L'indirizzo francese della rivista: 41 Avenue Gambetta, 75020, Paris, France.
    Naturalmente un grazie a Lavinia per averci indicato Deleuze attraverso la sua splendida riflessione. Ciao!

  • A fronte del fatto che la mia conoscenza di Gilles è sicuramente un decimo della tua, stavo riflettendo sul concetto di "apertura di senso" durante l'atto della visione: l'occhio che si apre sul visibile, sull'indeterminato che si nasconde dietro a ciò che appare, invece come "determinato"... sui lati oscuri... Secondo me GD, pur parlando di cinema, considera in questo momento l'IMMAGINE, non necessariamente cinematografica, poichè poi definirà tale l'"immagine-cristallo" sintesi di diverse temporalità. A questo punto mi viene da pensare che l'"apertura", forse, è già contenuta nella nozione più ampia di Aperto, poichè "se il vivente è un tutto, dunque assimilabile al tutto dell'universo, non è perchè verrebbe a essere un microcosmo tanto chiuso quanto il tutto è supposto esserlo, ma invece in quanto è aperto su un mondo, e in quanto il mondo, l'universo, è esso stesso l'Aperto". Gli insiemi sono sempre insiemi di parti, un tutto non è chiuso, è aperto. Allora... pensando alla vorticosa nottata bolognese, i due concetti (separati, ovviamente, poichè l'"apertura" riguarda l'indefinito orizzonte sullo schermo) non potrebbero collimare tra loro, e poi fondersi... e quindi affermare che Gilles sì, riflette sul cinema, ma non solo.... Liv, se ho detto un sacco di stupidaggini dimmelo tranquillamente... e voi tutti, intervenite!!!!

  • Il vincitore della terza edizione del Vjing Contest nazionale è Justin Greenleaf. Secondi classificati Sun Wu Kung.
    Le parole che seguono sono rivolte in particolare a Costantino, ormai illustre opinionmaker tra i lettori di exibart...Il capolavoro di Gilles Deleuze sul cinema si struttura (anche editorialmente dividendosi in due volumi) attorno alla cesura del cinema cosiddetto moderno rispetto a quello classico, cesura ravvisata nella rottura dello schema senso-motorio. Si passa dall'immagine-del-movimento all'immagine-movimento e poi all'immagine-tempo. Sarebbe la crisi dell'immagine-azione, crisi in realtà vista da Deleuze come 'stato costante del cinema', che farebbe emergere un'immagine ottico-sonora pura, in rapporto diretto con il pensiero: opsegno, cinema del tempo e non del movimento. Tempo non pulsato ecc... Ora il vjing è sicuramenet un tipo di immagine senso-motoria. Ma il movimento che induce è aberrante, nel senso che dà GD a questo termine. Qui forse si potrebbe aprire una riflessione sulla sua potenzialità sovversiva e sul rischio invece di svolgere una funzione conservatrice e regressiva. Mi vengono in mente le riflessioni di GD sul 'fascismo potenziale della musica' (questa volta in Mille piani. Capitalismo e schizofrania).
    Questi erano pressapoco i miei pensieri mentre guardavo i video fino alle cinque del mattino prendendo appunti su un quadernetto della serie AnimalFriends con due delfini in copertina (in riferimento devoto alla comunità dei delfini della Kristeva) irresistibilmente ballando sul posto, e mentre un tipo si strusciava sulla mia giacca che avevo legato ai fianchi...esperienza mistica....ciao

  • "Non importa il significato, critica dei sistemi imposti," Mai all'arte si sono imposti dei significati ma sono stati sentiti. Maria Pezzica

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