e cioè per primo alla qualità dell’artista, per secondo alla capacità di alcune gallerie italiane di monitorare in modo puntuale il panorama italiano senza sottrarsi di fronte a scelte coraggiose.
Angelo è pittore che utilizza la tecnica dell’olio su tela con gesto disinvolto e moderno, mostrando con evidenza quanto ancora questa tecnica tradizionale sia in grado di dare alla ricerca artistica attuale.
Cromatismi acidi, efficaci ed incisivi, si stemperano in delicate sfumature pastello a comporre atmosfere e figure che risultano abbastanza realiste da risultare familiari e consuete e, nel contempo, sufficientemente caricati di quella patina pop, memore dei comics, da sorprendere l’osservatore alla stregua di un intruso in un luogo scomodo e ostile.
Ma lo strano tranello teso da Barile si fonda certo in primis sui contenuti, talché l’artista realizza grandi ritratti di bambini rappresentandoli nei tipici atteggiamenti provocatori e impertinenti che per solito creano, nell’adulto ormai abituato a non trascendere mai dalle regole di comportamento che la società gli ha imposto, imbarazzo e disagio.
I bambini di Angelo Barile ti gridano in faccia con rabbia, ti osservano con fare impertinente e malizioso o ti fanno boccacce. E poco importa che ti si rivolgano dal basso verso l’alto (e il taglio prospettico di queste tele è assolutamente indovinato ed efficace), la baby gang di Barile se ne infischia del mondo dei grandi quasi nella consapevolezza che semplicità, libertà e schiettezza sono armi di fronte alle quali ipocrisia, falsità e assurdità del mondo si arrendono.
Che l’arte contemporanea spesso, in tempi recenti, abbia consapevolmente scelto di togliersi dall’impaccio di interrogarsi sulla possibilità di scovare nuove tecniche di comunicazione scoprendo l’immediatezza e la semplicità di quella che caratterizza la sfera della cosiddetta bassa cultura, è cosa risaputa. Dai fumetti alla musica, dagli spot pubblicitari ai videogiochi: la cultura giovanile e adolescenziale serve all’arte come fonte di ispirazione al duplice scopo di avvicinare il pubblico di massa proponendo una spregiudicata analisi della società e della storia attuale con un linguaggio schietto ed immediato.
Nuovo e vecchio, prima e dopo, verità e falsità, sono concetti superati: l’arte, come i bambini dispettosi di Barile, se ne infischia di tutto e se ne corre finalmente libera di dire e fare ciò che vuole. L’arte contemporanea non è né migliore né peggiore della precedente, semplicemente ha cambiato casa ed oggi vive nelle case popolari della periferia.
Di tutti i termini di confronto con la ricerca di altri artisti che si affastellano nella mente rispetto all’opera di Barile, per stavolta voglio trascurare scientemente tutta la corrente del concettuale ironico di Pinna, Rabbia, Gilberti & c., le scanzonate buffonerie giovanili dei canadesi della Royal Art Lodge, le bambole di Maja Vukoje e financo tutta la schiera impegnata sulla ricerca dei nonluoghi metropolitani (e di spunti ve ne sarebbero, basti pensare ai famosi giocattoli abbandonati di Botto & Bruno) suggerendo invece l’accostamento, suggestivo per il diverso approccio al mondo infantile, con gli adolescenti annoiati di Valentina D’Amaro, i fanciulli trasparenti di Elizabeta Kocijan e con quel filone recente della figurazione newyorkese che, a Milano alla galleria Marella, ha messo in mostra i giochi crudeli delle bambine serial killer di Mike Cokrill o gli strani sorrisi dei fanciulli feriti e deformi di Sean Mellyn.
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Caro Alfredo Sigolo,
mi ha fatto molto piacere sapere che ti è piaciuta la mia mostra e ti faccio i miei complimenti per il bel articolo che hai fatto su di me e sulla Galleria diretta dalla gentile Patrizia.
Un sincero saluto.
Angelo Barile.