Quando
l’inflazione del bio, eco e green fa diventare anche le parole a impatto zero,
è bene tornare a porsi le domande più semplici. Come bambini assetati di
conoscenza.
“
Che
cosa abbiamo in comune?” Questo il primo fra i tanti interrogativi che aprono la collettiva
Antroposfera, grazie alla quale scopriamo che
animali, piante, funghi, batteri e uomini hanno la stessa eredità genetica.
Discendiamo tutti dallo stesso antenato, vissuto 4 miliardi di anni fa. Quindi
tutti gli esseri viventi sarebbero parenti stretti. Anche nel famoso
Cantico
delle Creature San Francesco parla di nostra sorella madre terra. Un legame profondo, che
coinvolge contemporaneamente gallerie e istituzioni museali di tutta Europa,
che si soffermano in particolar modo sulle relazioni tra uomo e animale.
Il
Musée des arts décoratifs di Parigi indaga tale tematica con tessuti e oggetti
di design, mentre Casa Dugnani a Robecco sul Naviglio presenta la collettiva
Bestiario e a maggio Umberto Eco inaugura
un ciclo di incontri a Bologna dal titolo
Animalia. È per mezzo di questa parentela
che riusciamo a combinare pezzi di Dna alla Frankenstein, creando ibridi e i
cosiddetti Ogm.
Così
si può scoprire che le venature rosse dei petali di un fiore non sono altro che
l’espressione del Dna dell’artista
Eduardo Kac inserito nella pianta. Opere
altamente perturbanti quando acquisiamo consapevolezza dell’enorme potere
dell’uomo. “
La biosfera assomiglia sempre più a una ‘antroposfera’, perché
sempre più segnata dagli effetti della nostra presenza. Ma non c’è nulla di
strano in questo: ogni organismo cerca di piegare l’ambiente in cui vive alle
sue esigenze”,
sostiene Giovanni Carrada.
Le
conseguenze più aberranti, sull’ambiente e sull’identità, potranno manifestarsi
in un futuro prossimo. Un giorno potremmo davvero trovarci di fronte al frutto
degli incubi della post-umanità di Deitch, prefigurate con rigorosa capacità
descrittiva dalle tredici tavole della sezione “mostri”, tra cui spiccano
quelle di
Dürer.
Queste, insieme alle stampe di
Domenico Bonavera e ai due calchi in gesso de
Gli
Spellati di
Ettore
Lelli, integrate
alla mostra già svoltasi a Palazzo Re Enzo.
Ma
non solo genetica. Ogni organismo è legato agli altri da una rete di rapporti
visibili e invisibili e nessuna specie, neppure la nostra, può vivere da sola,
come messo in chiaro dall’installazione
Biosphere 06 di
Tomas Saraceno.
A
ogni perché vengono offerte le risposte date dall’arte e dalla scienza,
proposte letteralmente come facce della stessa medaglia. Insieme per mostrare
anche la bellezza dell’infinitamente piccolo. Ad esempio con le immagini di
Lucia
Covi, a metà tra
grafie optical ed esplicitazioni in vitro del biomorfismo di
Kandinsky. O con
Alberto Di Fabio, dove i neuroni assomigliano a
grappoli d’uva, ma anche a pianeti e galassie dai colori fluorescenti.