Tre appuntamenti
in compagnia di
Mirko Baricchi (La Spezia, 1970) hanno colorato un nebbioso autunno
bolognese: un’inaugurazione, un video e un’installazione in un luogo insolito.
Per tre momenti distinti durante i quali poter accedere a una dimensione magica,
attraverso differenti media.
Come alla
base della psicoanalisi c’è la cosiddetta tecnica delle libere associazioni,
allo stesso modo le opere di Baricchi nascono come frammentate isole di senso,
contenitori di animaletti misteriosi e intimi segni calligrafici frutto
dell’impulso della mente, all’interno del fertile humus della tela.
Lavori molto
spesso diversi tra loro,
Fuori Tema,
come suggerisce il titolo dell’esposizione a L’Ariete, ma uniti da un sottile
fil
rouge: “
La coerenza io vorrei la
si cogliesse nella forza del gesto e delle atmosfere”, ribadisce l’artista ligure.
I quadri si
trasformano in portali surreali, schermi di segnali intermittenti e disturbati
provenienti dall’inconscio, scie che fungono da binari della memoria su cui
galleggiano folletti, biciclette, culle, cavalli, casette e due onnipresenti
figure arcane, attentamente presentate nella ricca intervista video di Pier
Damiano Ori. Lo statuario e immobile Pinocchio dalle orecchie d’asino, le cui
fattezze si muovono tra le maschere espressioniste e i bambolotti sterili di
de
Chirico, viene definito
“un feticcio,
un testimone”. Scelto anche per la conturbante asprezza del testo di
Collodi, dove
“il burattino assume le sembianze del bambino, pagando però lo
scotto di diventare umano, attraverso la trasformazione in bestia”.
La lepre, invece, non è altro che “
una
specie di Caronte che porta le anime di ciò che accade all’interno del quadro
da una parte all’altra”, ma anche “
un
simbolo alchemico, di passaggio, di cambio di stato”, perché con il pennello
“si può trasformare un elemento di
assenza in un elemento di presenza”.
In
definitiva, questi innocui esseri si potrebbero paragonare a mascotte, a
sigilli apotropaici a protezione della pittura.
Dalla tela
l’arte è anche passata alle strade. Una vetrina accoglie le opere di Baricchi e
si trasforma in un’installazione a lui dedicata con
A due passi dal bosco, a cura di Art’è, concept store in cui l’acquisto
diventa gesto irripetibile ed etico. Così, tra una selva di rami e un tappeto
nevoso, viene aperto un varco spazio-dimensionale in un immaginario onirico e
in quella che una volta era una via alberata di frassini. E l’arte diventa
nuovamente fruibile collettivamente, a sua volta veicolo di auspicato commercio
in un luogo deputato per natura alla vendita.
Tre incontri
d’immersione nella pittura e nel disegno. Forme artistiche che, a detta
dell’artista, non moriranno mai.
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brutta mostra
Mostra bella e raffinata. Baricchi ha una poetica personale e una ottima tecnica.