Peter Weiermair lo definisce “outsider di successo”: Oliviero Rainaldi (Carmanico Terme 1956; vive e lavora a Roma) ha iniziato a esporre nel 1975, è stato allievo di Emilio Vedova. Dalla fine degli anni Ottanta le radici del suo lavoro affondano più nell’arte antica che in quella moderna e contemporanea. La figura umana diviene androgina, coniugandosi con una ricercata essenzialità.
I temi sono pochi e classici, come materiali e tecniche: gesso, bronzo, marmo bianco di Carrara e –per i disegni, mai meri studi– la carta come supporto e matita, carboncino, china, tempera, acquerello, olio. Talvolta il bitume, unica concessione al presente. Il colore dominante è il bianco: monocromo accecante, che fa pensare a Giulio Paolini. La luce è un ingrediente di fondamentale rilevanza, una grande attenzione è riservata all’allestimento e la sede non sembra la più adatta. E testimonianza ne sia il fatto che gli otto pannelli che costituiscono Gisant (1991) si sono crepati, a causa dell’umidità.
Proprio Gisant apre il percorso: una grande figura maschile distesa, priva degli arti superiori, col membro in erezione, resa con tratto lineare a sanguigna. Presentata al Frankfurter Kunstverein nel 1991, s’ispira al Torero morto di Manet e pare un testamento di quella fase creativa. Il secondo forte impatto con la messa in scena di Rainaldi avviene al secondo piano: al fondo del corridoio si erge una figura in bronzo (Battesimi umani, 1998), con l’acqua che le scorre sul corpo a partire dal capo. Qui siamo già in fase autenticamente androgina, con tratti che si sfigurano, lasciando come unico spartiacque il naso. Nei bassorilievi – memori delle terragne medievali e rinascimentali – il bianco monocromo è interrotto plasticamente e umbratilmente solo da un piccolo naso che emerge dalla tavola. La luce si fa allora mistica, una sorta di levatrice di forme che fa nascere minuscole e impercettibili profondità. Così è per Dono del Mattino (2000), Copia (2001) e Caduti (2000). Tralasciamo i gessi scultorei e i disegni – fra i quali ve ne sono di
Il catalogo è una vera e propria monografia che va oltre la mostra, sia dal punto di vista cronologico – risalendo al 1983 – sia per il gran numero di opere che lo illustrano. L’unico rammarico è dovuto all’esiguità dei contributi critici, limitati a un breve articolo del curatore e a una dettagliata scheda biografica redatta da Alice Rubbini.
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mostra visitata il 12 dicembre 2003
Oliviero Rainaldi – Disegni e sculture dal 1988 al 2003
A cura di Peter Weiermair
Villa delle Rose, via Saragozza, 228/230 – 40135 Bologna
Evento organizzato dalla Gam di Bologna
Orario: dal martedì alla domenica dalle 15 alle 19
Ingresso: intero € 4; ridotto € 2
Informazioni: tel. 051-502859; fax 051-371032; infogam@comune.bologna.it; www.galleriadartemoderna.bo.it
Catalogo bilingue (italiano – inglese), “Oliviero Rainaldi. Opere/Works 1983/2003”, Edizioni Il Cigno, Roma, € 60 (testi di Peter Weiermair e Alice Rubbini), www.ilcigno.org
[exibart]
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