Per recepire il dinamismo che pervade un celebre affresco di
Piero della Francesca, Cesare Brandi suggerisce di “
far ricorso alla struttura dei giochi che avvengono su una scacchiera: ogni pedina, che pure è immobile, è come sollecitata in continuazione dalla posizione che occupa, dalle opposizioni in cui si trova con altre pedine. È come se s’intessessero delle traiettorie da una pedina all’altra”. Benché gli elementi dell’immagine siano statici, i dispositivi messi in atto dal pittore producono una variazione di percezione all’interno del codice indagato.
Questa relazione viva e dinamica esistente tra gli elementi del linguaggio pittorico è la medesima creata dai due linguaggi che identificano il libro d’artista: la scrittura e l’immagine (sia essa opera originale o a stampa). È un rapporto antico quello che fonda le teorie dell’
Ut Pictura Poësis; un dialogo che ci ricorda come in origine il segno linguistico sia strettamente apparentato a quello visivo, nei disegni rupestri di migliaia d’anni fa e, ancora oggi, nelle lingue di matrice orientale. La
traiettoria, il cortocircuito prodotto dall’accostamento del codice visivo a quello scritto è inevitabilmente una dimensione sinestetica: percezione simultanea di linguaggi separati eppur sentiti analogicamente in un unico spazio multisensoriale.
La traduzione di un linguaggio nell’altro, quando quest’accostamento è riuscito, non avviene: in un continuo “
riversamento della spazialità in temporalità”, come scrive Cesare Segre, recepiamo l’unità di un solo sistema, proprio nel momento in cui distinguiamo le specificità di ciascuno dei due codici.
È in quest’ottica che occorre lasciar scorrere gli occhi tra le parole e le immagini dei
livres de peintres della collezione parmense. Raffinato conoscitore della storia della tipografia, Corrado Mingardi sottolinea quanto questi libri d’autore, benché siano dei multipli, “
conservino l’impronta delle mani, dell’intervento diretto dell’artista, e pure l’aura della rarità che proviene loro dalla tiratura limitata”. E prosegue: “
Il testo dei libri d’artista, d’altronde, è esso stesso figura, alimento visivo” e “
la scelta dei caratteri e dell’impaginato può produrre opera d’arte”.
Perciò è lecito posare gli occhi sui segni astratti blu-Matisse di
Georges Braque e vederli muovere (prendere forma) grazie ai versi di
Guillaume Apollinaire di
Si je mourais là-bas: “
Est de tes yeux la couleur ambiguë / J’ai ton regard / Et j’en ressens une blessure aigue. / Adieu, c’est tard”. Oppure perdersi a immaginare i profumi e le luci soffuse del
Jardin des supplices di Octave Mirabeau che
Auguste Rodin visualizza in corpi acquerellati di un rosa antico straordinariamente sensuale. Se poi si predilige l’aspetto materico del libro, ci si soffermerà a lungo sulle opere come quella di
Jean Tinguely e Pontus Hulten in cui la copertina-contenitore rinvia al ready made duchampiano, evocando la dimensione sinestetica del viaggio.
Una mostra splendida per chi ama il richiamo senza tempo del rapporto infinitamente declinabile fra intelletto e sensi.