Le linee intersecano le forme e
mutano i colori, le superfici scandite si avvolgono, s’intrecciano, creano
sorpresa. Il mondo sta mutando, la mente dell’uomo in fermento, tecnologia e
parole, suoni e materia, ogni cosa cambia in corsa – in volo! – e nulla, proprio
nulla può restare come prima. Poesia e teatro, pittura e musica, il modo stesso
di guardare la vita intorno, di riconoscere e sperimentare la bellezza,
capovolgimenti e capriole, un continuo inseguirsi d’invenzioni: nulla può
conservare staticità e certezza.
Così il Futurismo. Così è
dimostrato magistralmente in questo magnifico dialogo – che suona divertito,
ironico, ma anche emoziona, quasi commuove – con la perfetta quiete del
palazzo, del superbo parco, e con le straordinarie opere della collezione permanente,
autori tra i più grandi della pittura internazionale d’ogni tempo.
Così a distanza, cento anni dal
marinettiano
Manifesto, ritorna questo confronto culturale nella realtà del percorso
espositivo, definitivamente storia anche loro, i ribelli creatori, incorniciati,
spiegati, illustrati. Dentro una distanziata comprensione anche la questione
bruciante dell’interventismo, dell’esaltazione della guerra. Un passato da
analizzare, studiare, capire.
L’esito è comunque speciale: per
la cornice complessiva, il luogo espositivo, l’estrema qualità di alcune opere,
ma anche – malgrado tutto, il tanto che si è visto in questo anno commemorativo
– per lo stupore che si rinnova nei giochi spaziali, la genialità delle forme
anche scultoree, il gusto dei materiali, il legame con la tecnologia, con le
diverse forme di comunicazione, ceramica, moda e pubblicità.
L’attuale visione del mondo e
d’interpretarlo (si pensi al design, alle lettere scomposte, a certi
geometrismi nei manifesti, all’allegria di disordini perfettamente costruiti,
anche in architettura) dimostra come il Futurismo sia penetrato nella cultura,
nella vita quotidiana, negli sguardi in infiniti modi.
Ritmi spaziali in azione con
Boccioni – di cui sono presenti diverse opere
– così come in
Balla, e dei quali si possono cogliere con immediatezza lo sviluppo di
ricerca. I molti nomi presenti evidenziano la forza del movimento, il gruppo
che indaga, lavora, contagiandosi l’un l’altro con gioia e vigore. Deliziosa,
di proprietà della stessa Fondazione Magnani Rocca, la
Danseuse articulée di
Severini. Linee e colori di suprema
energia con
Roberto Marcello Baldessari, astrazione e concretezza in continua tensione
espressiva, così come per
Athos Casarini, composizione speciale di colori
Le peintre
dans son atelier.
Ma ci si ferma incantati anche davanti alle ricerche su dinamismi e velocità di
Caviglioni,
Benedetto,
Rizzo,
Corona… Senza dimenticare i bellissimi
pezzi di
Depero.
L’ultima sala – un percorso
limpido ma culturalmente denso – è dedicata all’aeropittura. Nel 2009 si
festeggiano infatti anche i cent’anni dei primi voli aerei in Italia. Una bella
sintesi per diversi caratteri del Futurismo, altri sguardi in vibrazioni
simultanee: “sentire” l’aria, tecnologia ed emozioni in volo.