Ancora una volta, i muri del ristorante affacciato alla
Rocca, del panettiere, dell’enoteca sono stati arricchiti con murales sempre
più vicini al graffitismo di strada. È il caso di Dozza, ma soprattutto della
vicina Toscanella, dove si è da poco conclusa l’immancabile e puntuale
Biennale
del Muro dipinto,
curata in questa 22esima edizione da Fabiola Naldi.
La manifestazione vanta una tradizione nata nel 1960, che
ha coinvolto nel tempo oltre duecento artisti di fama internazionale,
instancabilmente impegnati a lasciare un segno di sé sui muri della cittadina,
quando questo genere di manifestazione artistica non era ancora diventato ciò
che oggi, in alcune sue forme, è oggetto di critica.
A Dozza, dove il tradizionale dipinto la fa ancora da
padrone, quest’anno spicca l’originalità di
Simone Tosca che, col suo
Progetto per Dozza, sfumato nei toni caldi del
violetto e dell’arancio, risalta in fondo a una stradina stretta e silenziosa
del borgo.
Marcello Jori, dal canto suo, risponde mantenendo la continuità dello stile del
posto col suo
Tesoro degli Abissi, che offre un affresco madreperlaceo con piccoli aquiloni
delicatamente colorati e immersi nello stucco immacolato.
Quest’opera, inserita nelle colonne dell’orologio del
paese, segna il punto di partenza del percorso che conduce alla vicina
Toscanella, sita a pochi chilometri dal borgo medievale romagnolo. È qui che,
per cinque giorni, altri artisti di fama internazionale hanno lavorato appesi
ai muri come trapezisti, anche lungo la trafficata Via Emilia, dove nuovi
stabili e centri commerciali sono sorti negli ultimi anni.
In
Venezia di
Joys, più che di gondole e gondolieri si tratta d’un
geometrismo di colori fauve; con
Vuoto a rendere,
Rusty catapulta il suo nome criptato
nel cosmo stellato; e ancora,
Cuoghi Corsello, in
Mazzini Old bastards, fingono moti di protesta immersi
nel sangue.
Sono tutte opere di strada e per la strada. Parole urlate,
ruvide lettere in grande formato, che ribadiscono il desiderio d’innovazione
della rassegna: da
wall painting a
writing.
Una Biennale che, quest’anno, si è mostrata più che mai
come un
work in progress esibizionista, grazie alle opere realizzate a Toscanella. Una
Biennale che ha invitato il curioso e l’aficionado ad approfondire il tema del
writing e del drawing, anche attraverso momenti d’incontro con esperti del
settore. E che ha saputo sfruttare la posizione più “ingombrante” delle opere
rispetto alle precedenti edizioni.
Unico dubbio: l’imitazione eccessiva della
street
fashion, col risultato
d’aver anticipato l’opera di qualche graffitaro notturno e di aver ottenuto un
risultato un po’ più artificioso.