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Torna nella Capitale la ventesima edizione di Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, dedicata ai giovani, al talento e agli esordi.
Diretta da Gianluca Giannelli e Fabia Bettini e organizzata dall’Associazione Culturale PlayTown Roma, con il sostegno della Direzione Generale Cinema del MiC, della Regione Lazio, del Comune di Roma in collaborazione con la Fondazione Cinema per Roma e Auditorium della Conciliazione, Alice nella città presenta un programma di anteprime assolute, esordi alla regia e conferme originali: 12 le opere del Concorso e 3 i film Fuori Concorso a cui si aggiungono, nella sezione competitiva Panorama Italia, 8 film in concorso e 5 proiezioni speciali che pongono l’accento sul cinema italiano, con proiezioni di film e documentari. Sono inoltre 4 Eventi Speciali a cui si affianca la selezione Sintonie, linea di programma pensata in collaborazione con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e che accoglie 4 film presentati quest’anno nella Sezione Orizzonti. In programma anche 1 serie, 1 restauro e 28 cortometraggi (16 in concorso, 7 animazioni e 5 proiezioni speciali) selezionati in collaborazione con Premiere Film.
I 12 film in concorso sono stati aperti da Marcel The Shell With Shoes di Dean Fleischer-Camp che dirige un racconto straordinariamente efficace di parole e immagini, ispirato a una serie di cortometraggi in stop-motion sul valore dei sentimenti e dei legami affettivi. Marcel è una conchiglia parlante, alta un pollice con un solo occhio e un paio di scarpe da ginnastica, che vive in un Airbnb e sembra discendere direttamente da “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry. Il film racconta di noi, del nostro modo di essere e di comunicare, dei nostri desideri e delle nostre ansie, dei nostri ricordi e delle nostre aspettative. Un viaggio che spazia tra il reale e l’immaginario e racchiude un enorme senso di meraviglia. Un perfetto film ponte per riscoprire il senso dell’esperienza cinematografica con i propri figli.
Alla base della messa a fuoco dei film in concorso quest’anno, c’è una curiosità profonda verso l’età di mezzo, verso i riti di passaggio osservati nella loro autenticità, senza narcisismi, infingimenti o idealizzazioni. Le immagini che fioriscono nella memoria di questi racconti sono materia prima, riflettono il valore del vissuto di autori affermati e giovani esordienti, tutti ispirati da testimonianze ed esperienze personali, legate alla concretezza di un ricordo d’infanzia, ricche di verità nascoste mai del tutto bianche o del tutto nere.
Un viaggio nella memoria che James Gray, in Armageddon Time, che ci parla della difficile
necessità di scendere a patti con i limiti e le mancanze. Gli fa eco la complessità dei legami familiari di Signs of Love di Clarence Fuller che solleva riflessioni sulla vita e sui possibili modi di stare al mondo di un adolescente che sta cercando di uscire da un ambiente tossico. Il film di Fuller è un puzzle familiare dentro e fuori dallo schermo, i protagonisti sono interpretati dalla coppia madre-figlia nella vita reale Rosanna Arquette e Zoë Bleu, insieme ai fratelli Dylan Penn e Hopper Penn. I love my dad di James Morosini mette in luce la crudeltà della farsa e lascia che la dinamica genitore-figlio rimanga sospesa nel dolore reale, ispido e inquietante, di una genuina bugia. Summer scars (Nos Cérémonies) di Simon Rieth funziona come una metafora sulla potente natura degli attaccamenti familiari, sul mistero di un ricordo scomparso nelle profondità delle ferite dell’infanzia e delle loro disastrose conseguenze nell’età adulta. E ancora la famiglia, le relazioni e i rapporti sono i protagonisti di La maternal di Pilar Palomero, punto di partenza per raccontare una storia di maternità, forza, coraggio e superamento ma anche di isolamento, paura e abbandono.
Sono ragazzi che rivendicano il loro spazio nel mondo, quando l’identità incerta inizia a
chiedere chiarimenti e nello stesso tempo bisogna imparare a fare i conti con un’inesorabile
miscela di dubbi, paure e turbolenze interiori, i protagonisti di Close. Ancora una volta il
regista belga Lukas Dhont, con il suo secondo lungometraggio, toglie la pelle al reale. Riporta la storia di un limbo emotivo alle sue ossa, alla purezza di un’età in cui le emozioni sono meno inibite dall’idea di norme o costrutti sociali. Ci racconta di una vicinanza – titolo stesso del film – che riesce ad essere sia straziante che piena di speranza. Anche per Trevor Anderson l’infanzia è un periodo pieno di tumulti costanti. La storia di Robin, protagonista queer della sua opera prima Before I change my mind, interpretato dall’attore adolescente non binario Vaughan Murrae, trae spunto dall’esperienza personale del regista.
Ed è proprio nell’importanza di far confluire la realtà nel cinema, di mediare tra l’una e l’altro, che troviamo il senso del lavoro della documentarista Sophie Chiarello. Lungo i cinque anni di riprese de Il cerchio, unico film italiano in concorso, la classe filmata diventa il ritratto di un Paese che si evolve e la cui identità cambia e si trasforma. Non si tratta di un documentario sui bambini ma con i bambini, un documentario che parla di loro ma anche di noi, gli adulti; un diario indispensabile all’elaborazione del mondo di oggi, in cui si specchia quello di domani.
Il cinema, dunque, come educazione alla vita. Per Lise Akoka e Romane Guéret l’infanzia non è un santuario, ma un luogo di libertà. Dopo il cortometraggio Chasse royale e la webserie Tu préfères, le parole, le fantasie e i dubbi dei ragazzi di Les pires sono lo spunto ideale per una riflessione meta-cinematografica più profonda sui limiti e le inadeguatezze del mondo adulto, in cui le registe si pongono il problema della conoscenza della realtà e soprattutto sulla possibilità di fare cinema verità.
La regista franco-senegalese Maïmouna Doucouré (Cuties) ha ancorato il suo secondo lungometraggio alla fiaba contemporanea, al sogno inaccessibile di un’adolescente audace e determinata. Hawa offre spunti di profondissima riflessione sulla norma e sul
diverso che sempre ci portiamo dentro, sull’importanza di distinguersi per rincorrere i propri desideri se ci aiutano a vivere meglio. Nel privilegiare la soggettività dei bambini, Éric Lartigau (La Famille Bélier) torna ad esplorare il disaccordo essenziale tra il modo in cui i più piccoli e gli adulti interagiscono con il mondo. Interpretato da Gael Garcia Bernal, Chiara Mastroianni, Marina Foïs, Cet éte-éte là (tratto dalla graphic novel di Jillian Tamaki e Mariko Tamaki) è un percorso di indagine sui grandi riti di passaggio della vita, è una storia di crescita che vede a confronto tre generazioni, in tre distinte età, in cui l’incomunicabilità la fa da padrona.
Quattro i film fuori concorso: Aftersun (prodotto da Barry Jenkins), primo lungometraggio della sceneggiatrice e regista Charlotte Wells crea un ritratto sottile e nostalgico di una relazione padre-figlia. A house made of splinters è uno di quei documentari che interagiscono davvero con l’esistenza. Il regista danese Simon Lereng Wilmont torna in Ucraina per raccontare le vite dei bambini che vivono alla periferia del conflitto russo-ucraino in corso. Invece di concentrare la sua lente su coloro che sono in prima linea, Wilmont sceglie di mostrare l’effetto devastante della guerra sulle famiglie, attraverso i ritratti di Eva, Alina, Sasha e Kolya. Piggy è qualcosa di decisamente diverso da tutti i film del programma. È un film di genere con qualcosa di importante da dire al mondo adulto. Qui l’adolescenza è presentata in modo discreto, nella sua forma più brutale. Tenuto magistralmente dalla performance di Laura Galán nei panni di un’adolescente tormentata, il film di Carlota Pereda (ispirato al suo cortometraggio del 2018, “Cerdita”) mette in primo piano la durezza del bullismo, offrendo uno sguardo inquietante sulle paure, sia razionali che irrazionali, e sul senso di colpa di un adolescente ferito.
Il più indissolubile dei binomi adolescenza-corpo è il fulcro narrativo del lavoro diretto da
Cosima Spender e Valerio Bonelli, qui al debutto nella fiction. Corpo libero, un thriller di formazione intelligente e pungente che ha la giusta misura di giovinezza e rischio, voglia di crescita e paura di cambiare mentre si alternano competizione sfrenata e amicizia inossidabile, violenza fisica e psicologica, patti di sangue, baci e fughe notturne, prove di resistenza e allucinazioni da farmaci. Ci sono testimonianze che di fronte alle tragedie della vita sono capaci di nitidezza ed autenticità rare che dovrebbero essere ascoltate. Backlash: misoginy in the digital age di Léa Clermont-Dion e Guylaine Maroist (in collaborazione con la Casa Internazionale delle Donne) è un’immersione nel vortice della misoginia online che racconta l’evidente odio verso le donne.
Con 8 film in concorso la sezione Panorama Italia punta sulla scoperta e sulla valorizzazione del cinema italiano. Sono documentari, film inediti in Italia mai usciti in sala per il grande pubblico o passati velocemente in un festival: Piove di Paolo Strippoli, Le ragazze non piangono di Andrea Zuliani, Il ritorno e I nostri eroi di Andrea Papini, My Soul Summer di Fabio Mollo e The land of dreams di Nicola Abbatangelo, L’uomo sulla strada di Gianluca Mangiasciutti, I viaggiatori di Ludovico Di Martino, Piano Piano di Nicola Prosatore, Primadonna di Marta Savina e documentario dedicato a Mahmood di Giorgio Testi, Moderat: the last days di Elisa Mishto, Cosa verrà di Francesco Crispino). Per i più piccoli, tappeti rossi animati e due cartoon, Il talento di Mr. Crocodile e The black pharaoh, the savage and the princess.
Per i tre incontri con il pubblico la rassegna ha scelto quest’anno Russell Crowe, regista del film evento Poker face, l’irlandese Paul Mescal, protagonista della serie Normal People e la cantante e attrice Emma Marrone, ne Il ritorno di Stefano Chiantini.
Inoltre, grazie alla collaborazione con Urban Vision, che metterà a disposizione i suoi maxi-schermi, Alice nella città estende la sua programmazione anche nelle Piazze della Capitale con la proiezione dei contenuti extra e degli incontri con i protagonisti di questa edizione