La 79ma Mostra del Cinema di Venezia si è tinta dâarte contemporanea, anzi, nello specifico di fotografia e dei suoi risvolti sociali: âAll the Beauty and the Bloodshedâ, della regista Laura Poitras, si è infatti aggiudicato il Leone dâoro per il miglior film. Al centro del documentario â unica pellicola di questo genere in gara â, la vita personale travagliata di Nan Goldin, la sua ricerca artistica di forte impatto e la lunghissima battaglia contro la cosiddetta âfilantropia tossicaâ e le relazioni troppo vicine e âpericoloseâ tra i grandi musei internazionali e la famiglia Sackler, proprietaria della famigerata casa farmaceutica Purdue Pharma.
Diapositive e dialoghi, fotografie e filmati, intrecciando dimensione intima e pubblica, per raccontare le vicende di Nan Goldin. Nata a Washington DC nel 1953, grazie al suo strenuo impegno Goldin è stata recentemente inclusa nella classifica delle 100 persone piÚ influenti al mondo per il Time.
Ultima di quattro figli di un famiglia di origini ebraiche, Goldin trascorse lâinfanzia prima nel sobborgo di Silver Spring, nel Maryland, poi a Lexington, in Massachusets. Nellâaprile del 1965, il suicidio della sorella maggiore, Barbara, che le causò un trauma difficile da superare. Espulsa da diverse scuole, a 14 anni abbandonò casa dei genitori e, dopo aver vissuto in diverse famiglie affidatarie, si iscrisse alla Satya Community School di Summerhill, nel Massachusetts. Fu qui che iniziò a fotografare, spinta da una delle insegnanti. Colpita dai film di Warhol e Fellini, amava sfogliare le riviste di moda, sognando di diventare una fotografa.
Trasferitasi a Boston, frequentò la scuola del Museum of Fine Arts, dove ebbe modo di seguire i corsi del fotografo Henry Horenstein, che avrebbe poi influenzato la sua estetica delle istantanee. Fu Horenstein a farle âTulsaâ, del fotografo Larry Clark, una cronaca della vita di un gruppo di giovani ribelli e tossicodipendenti della sua cittĂ natale in Oklahoma. Nan Goldin cominciò a usare la fotografia come una sorta di diario, riprendendo le sue coinquiline, due drag queen, sia a casa che nei bar. Per la tecnica usata e per i temi scelti, questo lavoro, âIvy wearing a fall, Bostonâ, del 1973, si può considerare come il primo capitolo della sua carriera.
Nel 1978 fu a New York, dove partecipò alla fiorente scena artistica dellâEast Village, documentando la scena musicale new wave e post-punk, la sottocultura gay e il mondo nascosto e atroce della tossicodipendenza. Nel 1979, a partire dal Mudd Club, Goldin organizzò uno spettacolo in vari club e discoteche, dal titoloâ The Ballad of Sexual Dependencyâ, tratto da una canzone di Kurt Weil dallâOpera da tre soldi di Bertolt Brecht. Si tratta di uno slide show di oltre 700 immagini, che avrebbe raccolto e ampliato fino al 1986, che ritraggono la vita bordeline della comunitĂ di cui fa parte, insieme a momenti autobiografici. La serie fotografica di Goldin sarebbe diventata leggendaria per lâinedita narrazione visiva, candida e spietata, dolorosa e imparziale, della tossicodipendenza. La maggior parte dei protagonisti di Ballad morirĂ negli anni Novanta, per overdose o AIDS.
Per raccontare questa intensa storia, Laura Poitras, che nel 2015 vinse lâOscar per il miglior documentario con âCitizenfourâ, mette in primo piano proprio la âBallad of Sexual Dependencyâ, . Ma sullo schermo scorrono anche gli altri corrosivi progetti di Nan Goldin, come âThe Other Sideâ, âSistersâ, âSaints and Sibylsâ e âMemory Lostâ, esposti nelle gallerie dâarte e nei musei di tutto il mondo.
Dalla conoscenza diretta e senza filtri di questa tematica cosĂŹ scottante, deriva la sua presa di responsabilitĂ verso la âfilantropia tossicaâ. Nel 2018, infatti, Non Goldin fondò il collettivo PAIN, con il quale, negli ultimi anni, ha dato vita a decine di manifestazioni di protesta nei musei di tutto il mondo, denunciando pubblicamente i legami e le connessioni tra le istituzioni culturali e societĂ dagli interessi niente affatto puliti. Tra i quali, appunto, la Purdue Pharma, societĂ farmaceutica produttrice dellâOxyContin, un antidolorifico ritenuto tra i maggiori responsabili della crisi degli oppiacei che, negli Stati Uniti, ha fatto decine di migliaia di vittime per overdose
Dopo anni di lotta senza quartiere, tra i musei di mezzo mondo, come il Metropolitan Museum of Art, Goldin ha ottenuto risultati insperati, visto che molti musei, tra cui il Louvre, la Tate Modern e il Guggenheim, hanno deciso, con piĂš o meno buona volontĂ , non solo di rimuovere il nome dei Sackler dalle targhe commemorative delle sale espositive, ma anche di non accettare piĂš donazioni dal Sackler Trust, il fondo famigliare dedicato alle attivitĂ filantropiche e di mecenatismo.
Una retrospettiva del lavoro di Goldin, intitolata âThis Will Not End Welâ, sarĂ esposta, da ottobre 2022, al Moderna Museet di Stoccolma, come prima tappa di un tour internazionale di musei che include lo Stedelijk Museum di Amsterdam (31 agosto 2023 â 28 gennaio 2024), Neue Nationalgalerie di Berlino (ottobre 2024 â marzo 2025) e Pirelli HangarBicocca di Milano (marzo â luglio 2025).
Premiato con il Leone dâArgento alla miglior regia anche il regista italiano Luca Guadagnino, in gara con il disturbante âBones and Allâ. La Giuria presieduta da Julianne Moore ha poi assegnato il Leone dâArgento a âSaint Omerâ, della regista esordiente Alice Diop, e il Premio Speciale a âGli orsi non esistonoâ (No Bears), di Jafar Panahi, cineasta iraniano detenuto per la sua critica al regime. Proprio al coraggio del cinema ha fatto riferimento Luca Guadagnino che, durante la premiazione, ha dedicato il Leone dâOro ai registi iraniani Mohammad Rasoulof e Mostafa Aleahmad, arrestati nel loro Paese come Panahi.
Le Coppe Volpi ai migliori attori sono state assegnate a Cate Blanchett per âTĂĄrâ e a Colin Farrell per âThe Banshees of Inisherinâ. Taylor Russell, protagonista insieme a TimothĂŠe Chalamet di âBones and Allâ, si è aggiudicata il Premio Marcello Mastroianni come giovane attrice emergente.
A vincere nella categoria Orizzonti, dedicata alle opere piĂš rappresentative delle nuove tendenze, è stato invece il cupo âJang-e jahani sevomâ (Terza guerra mondiale) di Houman Seyedi. Sempre nelle categoria Orizzonti, i premi come migliore attrice e migliore attore sono andati allâitaliana Vera Gemma, protagonista di âVeraâ, regia di Tizza Covi e Rainer Frimmel, vincitori anche del premio per la migliore regia, e a Mohsen Tanabandeh, per âJang-e jahani sevomâ.
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