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Johnny Depp arriva attesissimo alla Mostra del Cinema, tra fan deliranti muniti di ombrello per la pioggia incessante, insieme al premio Oscar Mark Rylance e al regista colombiano Ciro Guerra,per presentare in concorso Waiting for the Barbarians, dal romanzo dell’autore Premio Nobel J. M. Coetzee, che ne firma anche la sceneggiatura.
Ambientato nell’insediamento di confine di un impero senza nome, perché potrebbe essere uno a caso tra quelli che hanno dominato e sfruttato il mondo con il colonialismo, racconta, lentissimamente, noiosamente, in modo banale e sfiorando in alcune scene (vedi il lavaggio dei piedi alla viandante) il ridicolo, la crisi di coscienza di un magistrato, di indole tranquilla ed eticamente corretta, che si ribella al regime dispotico dei militari. Pur essendo un film di una noia mortale, ha anche delle scene violentissime quasi sempre gratuite, che forse sono inserite per svegliare il pubblico o per far ricordare che nel film c’è Johnny Deep, colonnello cattivo che appare poco e quando lo fa sembra un soldatino di piombo, dal collo rigido e la stessa espressione torna sempre sul viso e nello sguardo (abilmente celato da un paio dei primi occhiali da sole della storia).
Conclude questo fortunato Festival, il film di Franco Maresco, La mafia non è più quella di una volta con Ciccio Mira, la straordinaria partecipazione attiva di Letizia Battaglia e la presenza di alcune sue bellissime e famosissime foto su Palermo, le ragazze di Palermo e i delitti di mafia.
Maresco affianca due personaggi antitetici: Letizia Battaglia, la fotografa che con il suo obiettivo ha testimoniato nel mondo gli orrori della mafia per poi anche impegnarsi in prima persona, attraverso la politica e ora, finalmente aperto, con il suo Centro Sperimentale di Fotografia, nel riscatto civile della città, e Ciccio Mira, l’impresario delle feste popolari di piazza, che conduce anche uno squallido programma in una televisione locale, palcoscenici dove confluiscono ambizioni artistiche e interessi legati proprio alle famiglie mafiose e alla loro economia malavitosa e occulta. Il film, finto reportage ironico e cinico, allegro e triste, racconta di Ciccio Mira, impegnato a organizzare uno spettacolo di cantanti neomelodici dedicata a Falcone e Borsellino nel venticinquesimo anniversario delle loro uccisioni per mano mafiosa, della sua omertosa vita, dei suoi artisti improbabili e del suo pubblico di una desolazione assoluta. Alla fine i cantanti dovrebbero dire “io sono contro la mafia”, ma nessuno lo fa. La Battaglia appare e commenta, fotografa e prende posizione, interpretando se stessa. Il gusto per il grottesco del regista fa sì che il film si collochi in quella sottilelinea tra comico e tragico, i personaggi legati a Mira sembrano veri fenomeni deformi e menomati di un circo sgangherato, che dopo qualche risata, lasciano un profondo amaro in bocca. Siamo veramente ridotti così? Sembrerebbe di si ed è tremendo.
Fin qui tutto bene, poi, negli ultimi minuti, il film coinvolge la famiglia del palermitano ora più illustre del nostro Paese e lui stesso, attraverso non troppo velati rimproveri, che lasciano un po’ spiazzati. Sarà per questo che Maresco non è venuto a presentare il suo film cancellando anche la conferenza stampa? Per tutti ha parlato la grande Letizia Battaglia che da questo atteggiamento accusatorio si dissocia, dicendo che sono interpretazioni di Ciccio Mira (che nel film ripete, a proposito della sentenza al processo sulla trattativa Stato-mafia, che un vero palermitano non parla perché è questione di DNA). La Battaglia afferma convinta che per loro il Presidente è una brava persona. Aggiunge che le dispiace che il regista, che lei ha sempre stimato come lucido intellettuale e amico, li abbia buttati nella mischia e poi abbandonati. Dal Quirinale fanno sapere che il Presidente della Repubblica non commenta le sentenze. Presto ne leggeremo gli sviluppi perché già si sono sollevate molte polemiche sull’argomento.
Oggi alle 19 la premiazione, e ne scriveremo, chissà chi vincerà.