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Favolacce: il film dei fratelli D’Innocenzo scava nel nostro crudele quotidiano
Cinema
di Milene Mucci
Celebrato al Festival di Berlino 2020, dove ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura, arriva sui nostri schermi Favolacce, dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo. Chiaramente in streaming, in tempi di Covid e di sale cinematografiche chiuse, ma non meno efficace.
Presunzione di normalità
Vedere, infatti, un film così potentemente indagatore delle relazioni umane, soprattutto familiari, proprio all’interno delle nostre case, sui nostri familiari divani, assume, per certi versi, una carica emozionale ancora più forte nella dimensione on demand. Sì, perché in Favolacce di relazioni si parla, anzi, a relazioni si assiste. Relazioni che si dispiegano nella quotidianità di una periferia romana apparentemente priva di disagio, fatta di villette a schiera, di SUV parcheggiati davanti ai giardini, di barbecue fra vicini.
Invece, è nella loro presunta normalità che queste relazioni si tendono, infrangendosi nella manipolazione affettiva più silente, violenta e aggressiva. Nell’oppressione dei più deboli del sistema, in questo caso i figli o gli alunni, vittime di insoddisfazioni e frustrazioni di adulti che dovrebbero, invece, proteggerli e rispettarli. Deboli trattati come proprietà privata sulla quale l’esercizio del libero sfogo del più forte è giustificato da una morale solo di vetrina, priva di ogni reale, consapevole sentimento.
Padri e madri, i migliori del mondo
È un film non facile Favolacce, duro, durissimo. Reso ancora più difficile da una narrazione mai sopra le righe del puramente descrittivo, di quello che sta “semplicemente” accadendo. In equilibrio anche nella tragedia. «Sei il miglior padre del mondo», dice una delle madri trasparenti e passive del racconto, al suo lui. «Sei la miglior madre del mondo», le risponde uno di questi padri. Mentre, intanto, l’evidenza di quello che di crudele accade ci viene portata sotto gli occhi senza risparmiarci niente. Se solo lo vogliamo vedere.
Ecco, il punto della riflessione a cui ci porta questo straordinario lavoro dei fratelli D’Innocenzo, è se vogliamo vedere quello che accade o se, invece, non sia più comodo continuare a vivere, ricominciando ogni volta come se niente accadesse e le favolacce, appunto, fossero solo notizie che passano distanti, mentre le ascoltiamo come in una imperturbabile trance, seduti sui nostri divani credendocene immuni, ogni giorno e ogni volta.
Il volto del quotidiano
Un cast di attrici ed attori che riescono a diventare magistralmente i nostri più o meno anonimi vicini di casa sui quali svetta Elio Germano che, ancora una volta, ci sorprende per l’intensità di emozioni che riesce a trasmetterci. Indimenticabile il suo primo piano di padre padrone onnipotente e non si sa quanto inconsapevole della propria arrogante violenza di fronte a una evidenza troppo grande.
«L’arte scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni», diceva Pablo Picasso. Favolacce è arte e dobbiamo ringraziare chi, ancora oggi, sa scuotere cosi, senza nessuna indulgenza, le nostre anime e il nostro quotidiano.