In una serata con il clima veneziano più temuto se ti devi vestire da sera, cioè caldo umido da incubo, le stoiche dive e i rassegnati (alla giacca e cravatta) divi, hanno affrontato il red carpet inaugurale della 76ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, già sfranti, ma felici di essere presenti. Si susseguivano una giovane madrina (Alessandra Mastronardi) dal sorriso disarmante, molti attori/ attrici già famosi e perciò eleganti e sicuri, giovani e inesperti attori e attrici e, perciò, emozionati/e e insicuri, registi italiani e internazionali (registi italiani in concorso tre, ma molti in altre sezioni o fuori concorso), le uniche due registe donne selezionate per il concorso principale, le giurie al completo dei premi dedicati alle varie sezioni della Mostra (dove invece sono state selezionate molte donne), composte da nomi famosi e autorevoli, la consueta folla di ragazzini e non, in attesa di autografi e selfie, da ore in attesa al di là delle transenne (che tenerezza!). Tutto sotto un controllo delle forze dell’ordine efficiente e perfetto: macchine, comionette, muri antisfondamento, metal detector, semiblindati (o blindati interi non so), moto d’acqua, elicotteri, canotti, motoscafi (tutti molto gentili però).
All’inaugurazione in clima più che ufficiale, Paolo Baratta parla di doverosa autonomia intellettuale della Biennale di Venezia e della cultura in generale, discorso breve ma significativo, specialmente di questi tempi, infatti raccoglie un convinto applauso in sala, preceduto solo da quello per il presidente della Repubblica Mattarella, assente, stasera (e forse avrebbe preferito il cinema), ovviamente giustificato.
Alla conferenza stampa invece, la presidente della Giuria Venezia 76, (Leoni), la regista argentina Lucretia Martel, ha spiegato la motivazione della sua assenza all’imminente serata di gala per il regista Roman Polanski (condannato per violenza su minore nel 1977 pena mai scontata) e il suo ultimo film J’accuse, in concorso, dedicato all’affare Dreyfus: “Mi mette a disagio. Non sarebbe giusto nei confronti di tutte le donne che rappresento e delle donne argentine vittime di stupro”. Altre donne la seguiranno nell’intenzione della defezione all’evento, mentre il direttore artistico Barbera che lo ha selezionato, evoca altri artisti in varie arti, moralmente discutibili, dei quali continuiamo ad apprezzare le opere. Dice che bisogna separare l’arte dell’etica e dalla morale e giudicare solo i lavori eseguiti.
Una bellissima cena sulla spiaggia dell’Excelsior, ha festeggiato, come ogni anno, l’inizio ufficiale della kermesse.
Il film d’apertura (in concorso) è Le verità di Hirokazu Kore’eda, il regista Palma d’Oro a Cannes con Un affare di famiglia che debutta nel suo primo film internazionale, il primo girato fuori dal Giappone, in una lingua (anzi due: inglese e francese) che non è la sua. Protagoniste Catherine Deneuve e Juliette Binoche, ma il film non è stato all’altezza, né della Mostra del Cinema né del suo illustre regista del quale, appunto, ricordiamo altri bellissimi film. Narra la storia del rapporto di una madre attrice, interpretato da Catherine Deneuve, che qui ahimé, non ricorda molto la sua passata bravura né la sua presenza scenica e della figlia trascurata (che novità), il tutto senza guizzi, intensità o prove di abilità da segnalare. La Binoche funziona, come sempre, o forse un po’ meno del solito, ma non basta.
Il film presentato per la sezione Orizzonti Plikanblut di Katin Gebbe, parla di una madre (Nina Hoss) incaponita nell’idea di salvare la figlia appena adottatta, da una sindrome psicologica post traumatica, diagnosticata dagli psichiatri come pericolosa e difficilmente curabile, ma che, invece, lei risolve attraverso l’intervento di una sciamana. Insomma persiste questo ritratto delle donne madri che si sacrificano, delle donne sciamane, delle donne che, anche se intelligenti, alla fine alla magia e ai legnetti salvaguai ci credono (mentre l’uomo protagonista, pragmatico e ragionevole non si fa convincere da tali sciocchezze). Mah, una serata deludente, per questo motivo mi dilungavo a parlare del red carpet (ed è qui da 24 ore già, Brad Pitt, per esempio, una bella vista per tutte!). A domani.
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