In un anno imprecisato dell’ennesima Repubblica, il simpatico pugliese impertinente e furbissimo ha un’idea per valorizzare i suoi paesaggi mozzafiato, o per farsene valorizzare, capitalizzando il tempo la natura e il lavoro di chi lo ha preceduto. Dal suo flusso di coscienza iniziale – la prima persona di un uomo senza coscienza è la cifra di Checco Zalone e torna anche in Tolo Tolo – capiamo che è tornato da un altrove imprecisato. Nessun altro ci ha mai pensato prima, forse a ragione ma questo, al furbissimo e intraprendente ultraquarantenne che non vuole smettere di sognare, sfugge. Crede proprio a tutto e a tutti. Spera e ha fiducia nel futuro della sua terra, attrattore globale di capitali e flussi turistici.
Quello che succede dopo è una conseguenza fatta di iperboli, dove tutto non smette di montare in situazioni sempre più tragiche, anche queste completamente fuori dalla portata degli interessi del nostro, sensibile all’immagine, alla performance e al pubblico pagante. Scaramanticamente tutto quello che succede nella finzione, come nei sogni, non succede nella realtà.
Grazie a un ossessivo meccanismo pubblicitario, costruito per spiazzare, invitare all’insulto, alla catarsi becera, l’appuntamento di ogni expat di ritorno a casa è con Checco Zalone. Uno si aspetterebbe il via libera, almeno nel buio della sala, alle proprie paure dell’altro, all’insulto cafone, alla finale liberatoria frase: torniamo tutti a casa, noi e voi, si sta meglio. Gli affari andranno bene a chi ritorna, perché tutti hanno un luogo cui tornare.
Invece le attese sono spiazzate. Il film non è buonista, è ultramisericordioso. I torti di Checco Zalone, in Tolo Tolo, superano ogni possibile perdono, sbaglia negli affari, sbaglia in amore, sbaglia negli affetti, sbaglia nelle relazioni con il suo e l’altrui mondo. Sbaglia proprio tutto. Per dirla con Hirschmann, Checco Zalone è l’eroe della cultura del fracasismo. Sbagliare tutto per sbagliare ancora meglio.
Eppure, a questo punto della storia, arriva un eroe positivo, una specie di grillo parlante, studioso di Pasolini, del neorealismo, della letteratura al suo grado più colto e raffinato, che vuole fare il regista ed è il suo esatto opposto. Del posto dove vuole andare a vivere e del suo conosce e capisce tutto. Perfettamente orientato, completamente colto, è un uomo fatto e finito, pur avendo almeno dieci anni in meno dell’eroe del ritorno. Sarà la sua bussola, costantemente fraintesa per tutto l’arco narrativo centrale, quello più complesso, dove accadono tutti i fatti importanti nella trama, fino a quando anche questo eroe positivo fallisce.
Alla salvezza del suo eroe, al suo ritorno, preferisce la propria partenza, riabbandonandolo a un altro aiutante positivo, questa volta positivo sul serio perché è il suo omologo riuscito. Ha successo, è bello, è ricco, riesce a sedurre come l’eroe del ritorno, ormai infangato e privo di tutti i suoi attributi, dal brand al portafogli, non può. Anche questo aiutante si rivela fragilissimo e incosciente, al pari e forse peggio degli altri. Rappresenta, questo giornalista a caccia di foto di perdenti globali, il Potere per il Potere. Rivelando il suo volto.
Al nostro eroe, a questo punto, per tornare, non resta che seguire il viaggio di chi invece vuole veramente partire e lasciare tutto alle sue spalle. Questa inversione è la vera trovata narrativa e spiazzante del film. Un nostos che è ritorno per l’intera umanità, raccontato al suo grado zero.
Infine, questa favola non ha un lieto fine. Deve quindi terminare in un improbabile disneyano cartoon, dove la salvezza è solo propaganda auto-assolutoria. Non c’è tanto da commentare, è un film sentimentale e cattivo contemporaneamente. Spietato e affettivamente corrosivo, non risparmia nulla a nessuno, nemmeno agli amici di sempre.
E per primo reclama tutte le delusioni di più di un decennio, con un Nichi Vendola giardiniere che si perde, con grande auto-ironia e intelligenza, in un indefinito, complicatissimo monologo filosofico a proposito del potere e della politica globale. Che, presi con le bombe, proprio non aiuta. Che sia un augurio, che riusciamo a capire in che direzione orientare il nostro Nostos.
Persone senza fissa dimora diventano protagoniste di una mostra grazie alla forza della pittura: il progetto di Michele Bellini fa…
Una nuova esposizione permanente per raccontare la lunga storia di Palazzo Reale di Napoli che, con il Belvedere riaperto e…
Arriva l’estate e tornano anche i festival: oggi vi presentiamo Nextones, il festival multidisciplinare che porta la sperimentazione artistica nelle…
Ben cinque piani nel cuore di Tribeca e una mostra che mette in dialogo gli artisti (sono quasi 50 nomi)…
Si può ancora urlare l’angoscia con l’arte. A Palermo, fino al 15 settembre, la mostra personale di Mario Consiglio fa…
Aprirà a novembre, negli spazi dell’Arsenale Nord di Venezia, la doppia mostra delle ultime due edizioni di Arte Laguna Prize:…