Joaquin Phoenix è bravissimo e fa dimenticare di colpo quelli che l’hanno preceduto, anche se del calibro di Jared Leto, Jack Nicholson e Heath Ledger. Lui è Joker, quello vero. Gli entra dentro, gli appartiene, lo vive completamente, drammaticamente, ironicamente, sarcasticamente, attraverso l’espressione del viso, lo sguardo folle e crudele pronto a diventare di colpo mansueto, le pieghe espressive che determinano il suo sorriso sardonico, il suo corpo magrissimo spesso ferito e sofferente, che lui muove fin nelle più piccole parti, come una sinfonia di strumenti paradossali e inceppati irrimediabilmente nelle loro regole di accordi. Un corpo consumato e provato dalla pazzia, dalle botte che prende sempre più spesso per le vessazioni di occasionali prepotenti, ma anche un corpo agile nelle fughe, che compie con lunghe gambe dinoccolate, controllate, con metodo, da un ritmo regolare e scientifico. Corre, annaspa, si muove, galleggiando a stento nella vita che lo fa soccombere sempre, finché si ribella in modo nevrotico, non del tutto consapevole, esasperato, patologico, senza pietà, perché è privo di empatia nel momento del castigo. E al centro dell’indimenticabile interpretazione di Phoenix, quella sua drammatica risata triste, la perfetta interpretazione del “ridi pagliaccio”, qualcosa che si tratteggia tra l’isterico e lo stridulo, amara e coinvolgente, che racconta più di ogni altra cosa esplicitamente narrata e ti entra nell’anima conducendoti a rapportarti con il tuo io. Infatti a molti, nel film, la sua risata prolungata e feroce, sembra una provocazione e succede che lo pestino di botte, perché lui per quella sua patologia, la risata triste non riesce a fermarla, diventa incontrollata e gli provoca guai. Un suono che non ha nulla a che fare con la soddisfazione di un sorriso, ma con la drammaticità di un’incurabile, tragica, patologica sofferenza. Ne scopre i motivi alla fine del film, scoprendo un’infanzia disastrata per colpa di una madre ignobile o pazza, che lui ha sempre creduto indifesa e amorevole e che lui ha accudito tutta la vita, con provata devozione. La madre lo chiamava Happy, il ragazzo che è nato per portare l’allegria e invece lui è disperato, ma non riesce a staccarsi da questa idea apparente, sentendosi tremendamente in colpa per quel suo modo diverso di sentire.
Joker, diretto dal regista statunitense Todd Philips, film in Concorso in questa quarta giornata della Mostra del Cinema di Venezia, lascia il segno ed è subito amato dal pubblico che affolla, specialmente questo sabato sera, le sale di proiezione del concorso veneziano. Joker è talmente coinvolgente che, alla vista di un suo sosia, messo apposta per strada all’uscita (o forse no) in attesa dell’autobus, la gente ha un sussulto. Fin dall’inizio il film si concentra su di lui, sul suo viso, le sue espressioni e la sua storia psichica, raccontandola in modo umano, perciò stai dalla sua parte anche se, in realtà, è lui il cattivo nella vita di Batman il giusto (che qui si vede due volte, da bambino e quando gli uccidono i genitori). Un premio a questo film potrebbe arrivare.
Il secondo lungometraggio in concorso oggi, sabato 31 agosto, è stato Ema, cileno Pablo Larraìn, interpretato dalla bravissima esordiente Mariana Di Girolamo. Pellicola inconsueta, ma travolgente a ritmo di Reggaeton (ballo contemporaneo dell’area latino americana), ben coreografato e danzato, luci multicolor, sesso senza distinzione di genere, dialoghi feroci da fine di matrimonio, sguardi successivi di tenerezza o amore, seduzione, vendetta diabolica, tagli di capelli inusuali presi come segno di appartenenza, per esprimere la una storia personale, nell’atteggiamento più caotico che si possa immaginare della generazione dei ragazzi contemporanei. Musica super. Film senz’altro più capito e apprezzato dai giovani (gli over 40 nel pubblico erano più riluttanti), afferma una visione tutta femminile dove la donna vince e l’uomo è un complemento assolutamente non fondamentale. Intanto fuori concorso Monica Bellucci e Vincent Cassel, per un piccolo evento cinematografico: il restauro e rimontaggio senza tagli e secondo la cronologia dei fatti del film scandalo che li vedeva coppia maledetta nel 2002, Irréversible del regista Gaspar Noé. Lei come tutte le donne eleganti over 50, sfoggia abiti rigorosamente con manica che copre l’avambraccio e, come tutte le donne sicure, arriva da sola. Lui invece, sempre appiccicato alla moglie ventiduenne, indossa un completo da pischello che non gli dona per niente. Gli sguardi non s‘incrociano, lei è sempre bellissima.
Domenica prima di settembre, qui è il giorno della Regata Storica, corteo con finto Doge per il Canal Grande, ma anche gara di gondolini, bisse, caorline e pupparini, barche tipiche veneziane, con equipaggi sportivi qualificati. Sembra che quest’anno l’attualizzino mettendo un drappo nero sulle barche delle remerie veneziane, in segno di protesta contro il moto ondoso devastante causato dalle Grandi Navi e dai lancioni turistici, che, dicono, stiano uccidendo la laguna. Finalmente!
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