Con il termine “Kaiserpanorama” si fa riferimento a uno strumento ottico molto diffuso prima che il cinema nascesse e prendesse effettivamente campo. Si trattava di un dispositivo in cui all’incirca una ventina si persone poteva singolarmente, ognuno dalla propria postazione – ma contemporaneamente – una serie di immagini che scorrevano sotto ai loro occhi. La mostra di Giada De Martino recupera, infatti, una dimensione ancora pre-cinematografica attraverso la fotografia, come spiega la curatrice: «Kaisepanorama ci ricorda che il cinema è figlio della fotografia e che nasce da una scoperta scientifica, non direttamente come forma d’arte. Il Kaiserpanorama veniva spesso messo a disposizione per la fruizione collettiva delle prime immagini erotiche ma, per questa mostra, non abbiamo deciso di prediligere la nudità. Abbiamo voluto fare un collegamento con l’eros ma lavorando sull’implicito, su quello che non vediamo».
Da dove nasce lo spunto per realizzare questa mostra?
«La mia principale occupazione è la fotografia, declinata nell’ambito archivistico e con un focus sugli archivi d’artista. Far “rivivere” gli archivi è un gesto molto importante che possiamo esprimere attraverso manifestazioni del genere; dietro questo vero e proprio recupero c’è un’etica di ecologia dell’immagine, al posto di produrre e lavorare con cose nuove possiamo incentrare le nostre energie su qualcosa che esiste già. Si tratta del terzo anno consecutivo in cui realizziamo un’esposizione in collaborazione con la Cinetica di Bologna».
Come è possibile declinare la differenza tra erotismo e pornografia, dal punto di vista cinematografico?
«La dicotomia tra erotismo e pornografia è interessante ma abbiamo cercato di andare oltre e di non pensare all’eros e alla pornografia in termini sessuali. Con il termine “pornografia” non si fa riferimento solo a quella sessuale, alla lettera il suo significato è “immagine che vende” e si può parlare di pornografia del commercio e di molti altri ambiti. La stessa cosa vale per l’eros, p un termine che nel corso degli anni ha assunto connotati sempre più vicini al mondo sessuale ma ha molto a che vedere con una dimensione fisica e spirituale, soprattutto nell’ambito di alcune teorizzazioni filosofiche e psicologiche. I film, che sono oggetto della mostra, sono sottoposti a una nuova rilettura dell’immagine per creare un percorso espositivo più sensoriale che prettamente visivo. Non a caso abbiamo deciso di utilizzare il canvas al posto della classica forma della fotografia incorniciata: lavorare sul tessuto permette di connetterci con qualcosa di materico e ci inserisce in un immaginario collegato alla dimensione erotica».
La mostra si incentra su un contesto preciso, quello degli anni ’70 del Novecento. Si tratta di un periodo molto importante per la serie di battaglie sociali e politiche e per una nuova rivendicazione del proprio corpo da parte del femminile.
«Sono anni in cui i dibattiti sull’eros sono all’ordine del giorno, basti pensare a Eros e Civilità di Marcuse. Questi argomenti facevano parte del dibattito pubblico e quando abbiamo allestito la mostra c’è stato un pensiero dietro per ripensare a questi concetti. Oggi ci troviamo in un mondo che tende ad appiattire tutto o, quantomento, a rendere tutto conforme per quanto riguarda l’eros e la sessualità. Le fotografie che abbiamo scelto, dopo una selezione fatta con l’archivio della Cineteca, raccontano qualcosa di diverso e cercano di stimolare un nuovo punto di vista su questi temi. Oggi non ci soffermiamo troppo sulle immagini che capitano sotto ai nostri occhi e abbiamo perso, in un certo senso, una certa capacità di scandalizzarci di fronte a certe situazioni. Per fare un confronto, basti pensare a quanto Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci è uscito in sala: ha scatenato un dibattito e una polemica incredibile, cosa che oggi è molto difficile da immaginare per un film o un prodotto audiovisivo».
All’interno della mostra, oltre alle fotografie, è presente una video istallazione del film Stripe Girl (1974) di Lino del Fra. Di che cosa si tratta?
«Stripe Girl è un film molto interessante e che riporta un notevole lavoro di interpretazione. Non si tratta di un film esplicitamente erotico, ma ha una forte componente concettuale che, oltre ad affrontare il tema dell’erotismo, parla di consumo in relazione alla figura femminile. Era un tema all’ordine del giorno negli anni Settanta, ma spostare l’attenzione sulla rivendicazione del piacere femminile non era per niente scontato. Il film prende vita in un teatro di posa che ricorda gli ambienti della Pop Art, protagonista è una giovane modella che viene intervistata e ripresa. Le domande provocatorie spostano l’attenzione su qualcosa che all’epoca era ancora poco visto e poco conosciuto e il recupero di questa pellicola dall’archivio ha consentito di recuperare una parte di storia del cinema perlopiù sconosciuta».
La mostra Kaiserpanorama sarà esposta negli spazi della Torre aiutante del Castello di Carlo V, a Crotone, dal 23 luglio al 4 agosto.
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