Il cinema nell’epoca della riproducibilità tecnica è stato un susseguirsi di avanzamenti e, intanto, ha generato un’altra forma d’arte, oggi riconosciuta a tutti gli effetti: quella dei poster cinematografici. Oggi la narrazione sul cinema è strettamente legata a quella delle arti visive, ma nel caso dei movie posters c’è un mondo a parte. Già presenti in musei, gallerie d’arte o tra le raccolte di collezionisti privati, li possiamo cercare nel web e scoprire le regole alla base della loro creazione. Un esempio: con Posteritati abbiamo a disposizione una collezione online di oltre 40mila pezzi, un archivio dettagliato che dà anche la possibilità di acquisizione.
Come nel caso di Metropolis (1927), del regista tedesco Fritz Lang, allo stesso modo tante pellicole che hanno fatto la storia del cinema si sono fissate nell’immaginario comune proprio grazie alle loro locandine iconiche: i film di Federico Fellini, quelli western di Sergio Leone e poi quelli di Stanley Kubrick o di Quentin Tarantino. Uma Thurman con un caschetto nero che fuma su un letto, le gambe incrociate e i tacchi all’insù, i gomiti poggiati su un cuscino, con una mano tiene una sigaretta fumante e l’altra si poggia su una rivista vicina a una pistola e un pacchetto di sigarette. Soggette a mode e tendenze, le immagini di alcune locandine cinematografiche hanno assunto il ruolo di vere e proprie icone, come quella di Pulp Fiction (1994).
Dall’inizio del Novecento, la settima arte si è sviluppata come un nuovo linguaggio, ha dato vita a un’industria e si è evoluta grazie alle innovazioni tecnologiche, primi il suono e poi il colore. Prima ancora del digitale e della fotografia, i veri artisti dei poster cinematografici erano i cosiddetti “cartellonisti”, ovvero pittori.
Tecnica a parte, quella di cui parliamo è un’arte che richiede l’utilizzo di diverse strategie per catturare l’attenzione dei nostri occhi, implicando una certa disposizione delle figure, delle lettere e soprattutto del colore. Per la promozione dei film è fondamentale creare un poster in cui si accordino in un certo modo la scelta cromatica e la composizione figurativa.
Una figura in movimento, il più delle volte mentre corre o cammina con passo concitato su uno sfondo dalle tonalità blu è tipico dei film thriller. Il fondo giallo è molto utilizzato dai film indipendenti che magari hanno un budget di marketing ridotto rispetto ad altre categorie, una soluzione economica e accattivante per lo sguardo.
L’analisi si approfondisce ancora se notiamo anche dei dettagli comuni, come quelli dei poster di The Brown Bunny (2003) e Blow up (1967): le sagome dei personaggi ritagliate da fotografie in bianco e nero si dispongono su uno sfondo acceso, giallo o rosso. La questione si fa interessante e a spiegarla sono grandi esperti in materia come James Verdesoto, autore della locandina di Pulp Fiction. Gli strumenti che il web ci mette a disposizione sono numerosi, dagli archivi online alle classifiche fino ad arrivare alla scoperta dell’arte dei movie posters ai tempi di Netflix.
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