La seconda giornata della 76^ Mostra del Cinema qui a Venezia, inizia con la consegna del Leone d’Oro alla carriera al regista Pedro Almodovar.
Ha i capelli completamente bianchi, Pedro Almodóvar Caballero, che il 25 settembre compie 70 anni, con al suo attivo molti film di successo internazionale, amati molto anche in Italia. Indossa un elegante completo chiaro con una camicia bellissima, gli occhi lucidi, più che di emozione, proprio di pianto commosso, come solo un artista spagnolo nato nella Castiglia-La Mancia, può rendere speciale e non segno di goffa inesperienza. “In Italia mi sento a casa, è alla Mostra del Cinema di Venezia che devo la scoperta del mio cinema. “ dice in mezzo ad attori amici emozionati quasi quanto lui, stampa delle grandi occasioni e cinefili che lo seguirebbero in capo al mondo.
Nel primo pomeriggio la giornata prosegue (tra mille proiezioni delle varie sezioni, dibattiti e focus su molti temi cinematografici) con un flash mob degli attivisti di It’s not fire is capitalism e Fridays for Future, che si sono sdraiati pacificamente per terra, davanti al Palazzo del Cinema, con sulla bocca le mascherine antismog, per protestare contro i disastri ambientali (per esempio i dieci milioni di ettari bruciati recentemente in Siberia e le centinaia di migliaia di ettari ancora in fiamme in Amazzonia) e l’inquinamento di vario genere (per esempio, anche le grandi navi che transitano nel bacino di San Marco che inquinano in modo consistente, con scarichi fumogeni e campi magnetici, mettendo in pericolo la salute dei veneziani). Gli stessi, hanno annunciato per sabato 7 settembre, una marcia verso questo stesso red carpet, per dare voce alle migliaia di persone e movimenti che lottano per la giustizia climatica e sociale.
Ma il buonumore arriva vedendo sorridere Brad Pitt al suo ennesimo arrivo in darsena, tanto bello da non sembrare vero. Osannato, applaudito da fans di tutte le età, coppola in testa (ma vorrà alludere?) con caldo equatoriale, socievole e divertito. II divo americano, protagonista di Ad Astra di James Gray, svolge degnamente il suo lavoro. Dal punto di vista dell’impianto formale il film è esteticamente quasi ineccepibile, capace di regalare immagini di grande effetto, nello stesso tempo eleganti e cromaticamente armoniche, dai toni quasi vintage, grazie a un uso, paradossalmente per un film di fantascienza, più estetico che spettacolare, degli scenari immaginari del cosmo e dei mezzi che lo attraversano (nel film si può partire con razzi di linea della Virgin Airline e all’arrivo all’aeroporto della Luna, per esempio, c’è anche la pubblicità della DHL). Il Brad astronauta contemporaneo, parte alla ricerca del padre che sembra sia vicino a Nettuno (il pianeta, non la località di mare vicino ad Anzio) da circa 27 anni, tra avventure e colpi di scena, tipiche del genere, con morale finale di buoni sentimenti. “Questo – ha detto Pitt – probabilmente è stato il lavoro piu’ difficile della mia vita, un film delicato, una vera e propria sfida. Raccontare una storia tra padre e figlio riuscendo a mantenere il giusto equilibrio in maniera sottile e delicata non è stato facile”. Certo so’ sforzi, si sa.
La serata americana in concorso (che s’ha da fa’ pe’ campa’) continua con il film Marriage Story, del regista Noah Baumbach, con i bravi Scarlett Johansson e Adam Driver. Il film parla, rendendone molto efficacemente l’angosciosa atmosfera, di una coppia con bambino che divorzia, con tutte quelle tristi situazioni che la attraversano. Purtroppo per quasi tutto il film si è portati a solidarizzare con lui, come nei cliché più scontati della società patriarcale americana (solo?) e questa è una critica, ma ha un buon ritmo e dei confronti ben riusciti tra i protagonisti (perfino due momenti musicali) si può vedere anche cercandolo e non solo per ripararsi al cinema in una domenica di pioggia.
Certo le Mostre del Cinema di una volta, piene di film turchi, indiani, pakistani, iugoslavi (ancora c’era), tainlandesi, al massimo della Germania est, film curdi di tre ore, dove dicevano solo cinque parole e per giunta in iracheno, erano un’altra cosa, lo spessore era diverso, le riflessioni anche, però non attiravano le star e soprattutto le case di distribuzione internazionali. Ora invece, in era Barbera, i film di Venezia vanno agli Oscar, che una volta sarebbe stato inconcepibile, ma si sa, incassare è sempre utile!
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