Vivono un rapido momento di splendore, forse anche qualcosa di più, magari qualche puntata. Ma poi, inesorabilmente, vengono lasciate a se stesse. Nella migliore delle ipotesi vengono riutilizzate oppure esposte in qualche museo a tema, altrimenti vengono smantellate. E dire che le scenografie certe volte sono delle vere e proprie opere d’arte. A maggior ragione quella realizzata nel 2019 da Netflix per il film “I due papi”, che rappresenta nientedimeno che la Cappella Sistina, l’opera d’arte per eccellenza, ma che, a quanto riportato da Artnet, è stata distrutta. E dire che Lo sceneggiatore della pellicola, Anthony McCarten, nominato anche per un Academy Award, ha specificato che la realizzazione del set, giusto qualche centimetro più grande della sua controparte reale, è costata ben 5 milioni di dollari. Una cifra adeguata all’incredibile storia raccontata dal film diretto da Fernando Meirelles, che ripercorre il clamoroso passaggio di testimone tra due Papi, da Joseph Aloisius Ratzinger, aka Benedetto XVI, interpretato da Anthony Hopkins, a Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, che ha il volto bonario di Jonathan Pryce.
«Tragicamente, ho visti rovinare tutto dopo aver finito di girare e ho pensato, “Oh Dio, mi piacerebbe prendere il pannello finale”, che era una replica completa e in scala del Giudizio Universale resa con colori belli e vividi», ha dichiarato McCarten. Insomma, uno spreco enorme di denaro, tempo e professionalità. Mark Tildesley, pluripremiato e plurinominato scenografo, ha riprodotto il capolavoro assoluto di Michelangelo assumendo un intero team di artisti esperti nel ricreare dipinti classici.
Considerando che il Vaticano raramente concede il permesso di filmare i suoi tesori, il processo per replicare la Cappella Sistina è stato lungo e ingegnoso. Prima sono state dipinte le riproduzioni delle varie scene, che sono state quindi fotografate e stampate su fogli di pellicola posizionati sulle pareti in replica della Cappella. Sui fogli è stata applicata una sostanza chimica in modo da far filtrare il pigmento nel muro sottostante, similmente a quanto si fa con i veri affreschi. Questa tecnica ha conferito alla replica una luminosità e una vividezza mai raggiunte da altre riproduzioni. La replica è stata realizzata a Cinecittà e le sue dimensioni hanno reso difficile l’archiviazione in loco o lo spostamento ma, a quanto pare, Netflix non ha fatto alcuno sforzo per evitare la distruzione del suo pur costosissimo set.
«Il lavoro è stato assemblato con tanta cura ed è stato ridotto in macerie in un’ora. Devi solo distogliere lo sguardo; è troppo angosciante», ha continuato McCarten. Ma quindi, cosa avrebbe potuto o dovuto fare Netflix? La prima ipotesi era quella di smantellare la replica e cercare un acquirente, magari anche solo dei singoli pannelli. Oltre che i collezionisti di cimeli cinematografici, i pezzi avrebbero potuto interessare anche i produttori di mostre blockbuster immersive, dopotutto si tratta pur sempre della migliore riproduzione della Cappella Sistina e non è poco.
Si è spento a 73 anni Sergio Ragalzi, uno dei protagonisti della scena artistica torinese e non solo: dagli anni…
Dagli esordi “Superflat” con Takashi Murakami all’attivismo dopo l'incidente nucleare di Fukushima: l’ampia retrospettiva è un viaggio evocativo attraverso quattro…
Nel 2022, la casa d'aste vendeva la sua collezione d'arte per $ 1,6 miliardi. Quest'autunno il filantropo e co-fondatore di…
L’arte contemporanea in dialogo con la musica, per la nuova edizione del Lerici Festival: in mostra, una serie di opere…
Biennale di Architettura di Venezia del 2025: sono stati annunciati i dieci candidati che dovranno inviare un dossier di approfondimento…
In Campania si è svolta la decima edizione di Liminaria, il festival itinerante che esplora la vitalità degli spazi marginali…