La seduzione del cinema e il fascino di Venezia da decenni si intrecciano in laguna nel più longevo festival cinematografico al mondo, in cui accendono ciascuno la magia dell’altro. Fino al 7 settembre le voci dei protagonisti della 79ma Mostra d’arte cinematografica sono portate al grande pubblico dalla serie di incontri di “Parla con ELLE”, il format avviato tre anni fa da ELLE e Piera Detassis, Editor at Large Cinema & Entertainment di Hearst Italia, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello, per celebrare il grande cinema italiano e internazionale.
«ll nome di ELLE è ormai da anni associato alla Mostra del Cinema di Venezia – ha ricordato il Direttore Massimo Russo – un impegno che non è mancato nemmeno negli ultimi difficili anni e che sicuramente ha radici comuni con quelle del brand. Il mondo del cinema è espressione e sintesi delle evoluzioni della società che siamo chiamati a raccontare, giorno per giorno, attenti a trasferire alla nostra audience l’emozione e il divertimento che troviamo nelle sue storie».
“Parla con ELLE” si sonda attraverso cinque appuntamenti aperti al pubblico all’Hotel Excelsior, nello spazio della Fondazione Ente dello Spettacolo, che fino al 7 settembre vedranno ospiti di Piera Detassis Andrea Pallaoro, Trace Lysette e Patricia Clarkson, regista e interpreti di Monica, Rocio Munoz, madrina della 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, e Stefania Sandrelli, protagonista di Acqua e Anice.
La serie di incontri ha preso il via ieri, 2 settembre, con Roberto De Paolis e Glory Kevin, rispettivamente regista e protagonista di Princess, film in concorso alla sezione Orizzonti della Mostra e, successivamente, con Gian Piero Brunetta, autore del libro sui 90 anni di Biennale autore del volume La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1932- 2022 (Marsilio), il Presidente Roberto Ciccuto e il Direttore Alberto Barbera che hanno ripercorso la storia della Mostra Cinematografica.
È in corso la 79ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia, che cosa rappresenta per il cinema di oggi questo appuntamento?
Piera Detassis: «La mostra del cinema di Venezia è importantissima e negli anni lo è diventata sempre di più, nonostante la pandemia e anche in virtù del fatto che in quel periodo è riuscita a organizzare due edizioni impeccabili. È importante, inoltre, perché è il ponte verso la stagione dei premi americani, verso la stagione dell’Oscar, ed è sempre in grado di intercettare quelli che saranno i successi d’autore – anche popolari – della nuova stagione. Questo aspetto è oggi particolarmente importante: c’è un’abnorme diffusione dei festival, – anche se quelli che contano sono soltanto un numero molto ristretto – e stanno diventando la “sala alternativa”, una sorta di luogo di protezione del cinema per la sala. Venezia, tuttavia, ha aperto, – secondo me a ragione -, alle piattaforme, mentre Cannes, ad esempio, no. Questo significa che proietta anche i film prodotti da Netflix e Amazon Prime, che saranno magari diffusi solo in piattaforma, senza uscita nelle sale. Si tratta di una questione molto controversa, ma ci si può movere solo cercando di intercettare il futuro e i nuovi equilibri che si stanno creando. La Mostra è importante anche per capire in che direzione vanno gli autori e un certo tipo di cinema, come si sta trasformando».
In questo senso che differenze ravvisa tra autori affermati e autori più giovani? Si muovono in maniera diversa rispetto ai cambiamenti a cui ha accennato?
Piera Detassis: «No, io credo che un autore di cinema non si muova in maniera diversa in base all’età, un autore di cinema sa che il film per la sala è per la sala ed è l’origine di tutto, perché é un tipo di linguaggio molto più libero, meno standardizzato, meno sottoposto all’algoritmo e soprattutto è un unicum. Anche le piattaforme hanno bisogno della sala, perché è necessaria a far partire e circolare un titolo. Va, tuttavia, tenuto presente questo processo: oggi la produzione è altissima, in Italia in particolare, perché abbiamo una tassazione molto favorevole, c’è una grande richiesta e tutti lavorano soprattutto per le piattaforme, che sono i maggiori produttori. Questo coinvolge sia nuova che vecchia generazione. In generale si può notare più difesa e più resistenza nella generazione “vecchia”, ma autori come Ferzan Özpetek, Carlo Verdone, Gabriele Muccino, – quindi già dei “classici” -, hanno lavorato per piattaforme. Tutti stanno firmando per delle serie: in questo si riscontra anche un atteggiamento decisamente realistico, perché risponde al mercato di oggi».
Qual è il rapporto tra scene artistiche più storiche e scene artistiche emergenti, incluse quelle di paesi che in genere hanno meno peso nel contesto cinematografico internazionale?
Piera Detassis: «Si incontrano come si incontravano prima, cioè poco, ma con una grande differenza: che oggi esistono le piattaforme che sono in 180 paesi, come Netflix, ciascuna ha una produzione locale che viene vista ovunque. Questo porta il pubblico di Paesi molto lontani ad appassionarsi alla lingua originale, a piccoli film, e, soprattutto, a serie come quelle coreane, come “Squid Game” per esempio, alle serie israeliane, alle seriali latino-americane, che prima non conoscevano una diffusione simile. Credo che queste siano le maggiori differenza: la grande diffusione e un intreccio maggiore, aspetti che costituiscono anche uno dei pregi che possiamo attribuire alle piattaforme, insieme a una serie di difetti che possiamo addebitare loro rispetto al cinema e alla sala. Certamente hanno portato una diffusione di culture, molto più estesa, con meno barriere, soprattutto tra i giovani e i giovanissimi».
Tra gli ospiti delle Sue interviste ci sarà Andrea Pallaoro, regista del film “Hanna” con cui nel 2017 Charlotte Rampling ha vinto la Coppa Volpi. A questa edizione del festival presenta il suo nuovo lavoro, “Monica”. Che cosa rappresenta il suo approccio alla regia per la scena cinematografica contemporanea?
Piera Detassis: «Pallaoro è di Trento, professionalmente è cresciuto a Los Angeles e la produttrice del film “Monica” è italiana, Eleonora Granata. Si tratta di un film ibrido, che riflette molto bene la commistione dei generi di oggi. Il lavoro di Pallaoro rappresenta quello che rappresenta anche il lavoro di Luca Guadagnino, che quest’anno è presente al festival con “Bones and All”, una produzione americana: sono i nuovi registi che non hanno confini, paratie, reali identità strettamente legate a un paese, quindi crescono con un cinema indipendente, libero».
4 settembre, dalle 18 alle 19
Andrea Pallaoro, Trace Lysette e Patricia Clarkson, regista e interpreti di Monica
5 settembre, dalle 18 alle 19
Rocio Munoz, madrina della 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
7 settembre, dalle 18 alle 19
Stefania Sandrelli, protagonista di Acqua e Anice
Gli incontri si tengono all’Hotel Excelsior, lo spazio della Fondazione Ente dello Spettacolo presso la sala Tropicana 1 e daranno vita ad altrettanti contenuti video, disponibili su tutte le properties digitali del gruppo Hearst.
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