A Parigi, Amélie Poulaine (Audrey Tatou) è una ragazza molto riservata che vive sola e fa la cameriera in un bar a Montmartre. Il giorno in cui trova nel suo appartamento un cimelio nascosto da un bambino che abitava lì, decide di cercarlo per farglielo avere (senza palesarsi) e, vedendo la sua reazione di felicità, decide di dedicarsi a piccoli gesti per le persone un po’ sole e tristi che incontra, tra cui i vicini di casa e alcuni colleghi. Nel frattempo, ha un colpo di fulmine per Nino (Mathieu Kassovitz), un ragazzo che sembra avere le sue stesse caratteristiche, con un mondo a sé e una tendenza a immaginare una vita fatta di storie parallele.
Parigi ha sempre una grande magia, sia per una storia di letterature e narrazioni molto lunga, sia per la sua proverbiale bellezza. In questo caso, ci si trova di fronte anche a una storia semplice e carina, una favola con alcune trovate particolarmente originali, che nel suo essere così velatamente densa di buonismo cattolico, seduce anche i cuori più difficili.
Amélie è la Regina delle Introverse, e questo appellativo viene scelto perché non è la solita bruttina, cicciottella e un po’ goffa: lei è perfetta. Ha i capelli spettinati giusti, le labbra disegnate, il look perfetto di chi sembra non dare troppa importanza alla moda ma indossa il cachemire no logo, è affidabile, è brava al lavoro, non alza mai la voce, non sporca e non fa rumore. Lei è sempre dalla parte dei deboli, non è arrabbiata con suo padre che è di una pesantezza inaudita e le ha massacrato l’infanzia e riesce addirittura a intercettare le necessità di queste anime sole per cercare di aiutarle. Tutto questo senza che lei possa manifestare la necessità di andare da uno psicologo perché, si sa, la bontà d’animo, come la bellezza, salverà il mondo.
In tutto questo c’è Nino, un giovanissimo Mathieu Kassovitz, che ha tutte le caratteristiche per diventare il Principe Azzurro un po’ indie, a metà tra il disagiato e l’originale, e che combacia perfettamente con la nostra Regina in cerca di marito. Per cui lei, che si vergogna a entrare in un sexy shop rivelando anche un problema con la sessualità, deve attrarlo con una tessitura di espedienti carini e romantici che emozionano un po’ tutti noi, che non viviamo a Parigi e non ci accorgiamo neanche che ci sono ancora i box per fare le fototessere (ma non dimentichiamo che sono passati vent’anni da questo film).
Il tutto, con una cornice di bellissime strade, negozi, facce, colori e musiche originali che ricreano il clima perfetto per una favola contemporanea di cui, forse, noi femmine, ormai, potremmo essere anche un po’ stanche perché identificarsi è sempre più difficile.
Audrey Tautou entra con questo film in un’area di visibilità che la porta anche a Hollywood, con un’interpretazione da ragazza perbene e non banale che non richiede particolari sforzi, se non quello di essere molto pacata, tanto che non riceve nessuno dei riconoscimenti internazionali, destinati in piccola parte al film.
Audrey Tatou, Il favoloso mondo di Amélie, 2001, regia di Jeanne-Pierre Jeunet
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