Pop Corn #38. La sottile psicologia di Rosamund Pike in Gone Girl

di - 27 Dicembre 2020

Gone Girl racconta la storia di una coppia, Nick Dunne (Ben Affleck) e Amy Elliott (Rosamund Pike), a partire dal giorno del quinto anniversario del loro matrimonio, giorno in cui la donna sembra essere scomparsa. Durante la fase di ricerca, il film ripercorre tutta la relazione fin dall’inizio, si capisce il rapporto con le rispettive famiglie, si vedono le differenze educative e il rapporto morboso della stampa con la vicenda. Amy ha costruito una rete di indizi che renderebbero Nick colpevole, soprattutto dopo che si scopre che aveva un’amante molto più giovane. Tuttavia Nick, grazie all’aiuto di un famoso avvocato, fa una pubblica confessione in tv che colpisce Amy, a quel punto al sicuro a casa di Desi, un ex fidanzato ossessionato da lei. Desi viene ucciso da Amy stessa e accusato di essere il rapitore quando la donna torna a casa ancora insanguinata. La coppia prosegue la relazione nell’ambiguità di un rapporto ai confini tra il bene e il male.

Non è semplice raccontare il personaggio di Amy anche se, in realtà, molti indizi vengono alla luce quando si scoprono i suoi genitori, ovvero una famosa coppia di psicologi di New York che ha strumentalizzato la figlia in una famosa serie di libri per bambini: The Amazing Amy dipinge una bambina perfetta, bellissima, che ha successo in qualsiasi cosa fa e che sembra essere il modello americano ideale. Purtroppo, la vita reale non corrisponde in pieno a questa descrizione, nonostante Amy ottenga risultati brillanti negli studi e nella carriera e sia una donna molto bella e intelligente. Nick e Amy si incontrano a New York, lei è della città lui del Missouri, dove andranno a vivere dopo qualche tempo, nel momento in cui lui perde la madre, entrambi il lavoro e si devono riciclare nel quotidiano, adattandosi a uno stile di vita più vicino a lui. Se all’inizio Amy sembra aver creato un uomo che rispecchi il suo ideale, successivamente la provincia e lo stile educativo di Nick hanno il sopravvento. Nello scorrere del racconto, quando appare la vera Amy in fuga, dopo oltre un’ora di racconto attraverso il diario e i flashback, ci viene svelata una donna sciatta, che ha voglia di mangiare junk food e lasciarsi andare, di essere libera. Allo stesso tempo, troviamo la sua capacità di adattarsi agli standard altrui, diventare qualcun altro per compiacere la persona vicina, e, contemporaneamente, costruire la sua storia parallela e senza grinze.

C’è un passaggio nel diario in cui Amy scrive di essersi adattata perfettamente a Nick, di essere sempre stata perfetta, depilata, aver imparato a bere birra e ad accontentare tutte le manie di un uomo che invece si è accomodato nello stile di vita dei genitori, in un luogo mediocre, con un lavoro mediocre, delle passioni mediocri e una giovane amante che lo fa sentire ancora desiderato.

I due modelli educativi prevalgono, ma quello di Amy è di gran lunga dominante perché, abituata a recitare una parte fin da piccola per volontà dei genitori, ha sviluppato un’intelligenza molto raffinata che le consente di spostarsi da un ruolo a un altro con grande elasticità e precisione e, soprattutto, di lavorare con pazienza sulle sue ossessioni e sulle sue vendette.

La rete costruita da Amy per incastrare il marito è sorprendente, lascia indizi in ogni angolo in cui la polizia si reca e crea una rete all’interno della quale credere alla versione dei fatti di Nick è pressoché impossibile. Addirittura, nello scrivere questo diario falso, usa moltissime tipologie di penna per assicurarsi di essere credibile agli occhi di chi lo troverà e leggerà come prova inconfutabile dei problemi imputabili a Nick nella loro relazione.

Anche la relazione con Desi è curiosa, perché nonostante Amy lo avesse denunciato per stalking anni prima, i due han mantenuto i contatti e, probabilmente, lei alimentava e teneva viva l’ossessione di lui per narcisismo. Le torna utile in un momento di estrema difficoltà perché lei, lucida calcolatrice, è molto sola, e il suo unico complice viene ammazzato con una freddezza impressionante e strumentalizzato per tornare a casa.

Ci sarebbero mille altri stimoli di cui parlare, dalla stampa alle dinamiche famigliari. Nonostante le numerose nomination, Gone Girl, tratto dall’omonimo romanzo di Gillian Flynn che ne ha curato anche l’adattamento cinematografico, ha ricevuto pochi premi. Film che tiene incollati allo schermo grazie anche alla meravigliosa performance della Pike che ha potuto esprimere il suo talento senza essere troppo famosa o troppo giovane: semplicemente perfetta.

Rosamund Pike, Gone Girl, 2004, regia di David Fincher

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