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Claudio
Visualizza Profilo
Base
Tipo | Persona |
Name | Claudio |
Cognome | Fazzini |
Nazione | Italia |
Sesso | Maschio |
Sito web | |
Occupazione | Artista |
Titolo di studio | 0 |
Descrizione | CLAUDIO FAZZINI Recensione critica Parafrasando le metodologie esecutive dell’iconoclastia bizantina, l’artista maceratese Claudio Fazzini riporta in auge la negazione della memoria e la complessa realizzazione di un’opera d’arte in continuo divenire. Sabrina Falzone Critica di Duilio Nazzai. L’Anatomia dell’Assenza è una pratica iconoclastica. “ L’iconoclastia non ostenta un muro bianco e neppure una rottura di qualcosa che non si sa più cosa sia, ma un immagine che porta il segno di questa rottura e che compete, in potenza, con quella di “prima”. Quello che c’era prima, non c’è più: questo ci dice l’iconoclastia”. Per arrivare a questo Fazzini fa uso di due operazioni: sottrattiva ed addizionale. La prima consiste nello scavare l’opera dopo averla seppellita (di qui l’utilizzo del catrame come materia che ricopre interamente l’opera) per farne brillare convulsivamente la luce dall’interno. Ne esce cosi un’opera che si costituisce alla fine e questo mediante l’aggressione al soggetto iniziale, sempre in modo casuale, che si viene ad auto-contestare, a contraddire, che insomma comincia dov’è finita. Ciò che conta qui è il disfare, il misfatto. La seconda, addizionale (l’Elegante Leggerezza dell’Autodistruzione), consta di una serie di sovrapposizioni che portano quasi fino alla cancellazione della figura. Le linee (che partono direttamente dalla figura e che quindi negano il rapporto soggetto/oggetto figura/spazio) si intersecano e sommano tra loro, in un turbine barocco (un barocco che però si fonde con linee costruttiviste, geometrie che scagionano ogni naturalismo e organicità) che fa perdere sia l’io, ma soprattutto anche il soggetto, tra i drappi, in una nullificazione d’ogni personalità. In entrambi i casi la figura ruota su se stessa, come una trottola, cosi perdendo ogni connessione dialettica con lo spazio attorno, spazio anch’esso fuso con la figura, come proiezione della medesima e quindi come negazione d’ogni conflittualità ancorata all’io. Ogni taglio, ferita, sezione, mostrano solamente stoffa, ricamo, come impossibilità di andare a fondo, di trovare il nucleo, verità ultima etc. In un’operazione totalmente opposta a quella che di solito li usa per farne “soggetti” (da Pinocchio ai vari futuristici robot cui scopo è acquisire coscienza)le figure si fanno dunque manichini: partendo dal ritratto il modello originale viene spersonalizzato e svuotato dei connotati psicologici, rendendolo del tutto simile ad una bambola senz’anima. |