Categorie: curatori

Cartoline dall’Italia/3

di - 17 Aprile 2012

Bologna è stata la prima città che abbiamo visitato dopo Torino. Ci siamo andati durante il weekend di Arte Fiera. La fiera mi è apparsa molto locale, eppure funziona come uno degli eventi portanti del networking italiano: per gli artisti in primis, in seguito per le gallerie, i curatori e gli allestitori. In città succedono tante altre cose e alcune di queste sono davvero interessanti. Quest’anno, a mio parere, il migliore evento fuori fiera è stato la doppia personale di Paolo Icaro. Non avevo mai conosciuto questo artista, e come molti professionisti mi hanno detto, non è molto famoso neanche in Italia, cosa che mi ha molto sorpreso. È il primo artista italiano che ha davvero lavorato seguendo il movimento internazionale della Conceptual Art e anche oltre, confrontandosi con problemi indagati anche dal concettualismo est-europeo. Un caso davvero unico che vale la pena di ripensare rispetto all’intera storia dell’arte italiana. Le immagini dei lavori di Icaro sono ancora nella mia mente, e penso, che siano alcuni dei materiali visivi più importanti (spero non solo per me) che ho visto qui. Un altro incontro fondamentale è stato con Silvia Fanti e Daniele Gasparinetti, promotori del progetto Xing e coinvolti in una serie di attività interdisciplinari e performative in Italia e all’estero. Le cose che ci hanno detto e, specialmente, il modo in cui ce le hanno dette, mi hanno fatto cambiare un po’ lo sguardo sulla scena italiana, e mi sono piaciute molto.

Roma è abbastanza produttiva per quanto riguarda gli artisti, le istituzioni e specialmente le gallerie. Quest’ultime, come Monitor, Federica Schiavo o la recentissima Frutta, non assomigliano al tipo di gallerie incontrate prima: hanno un approccio curatoriale che ricorda molto gli spazi no-profit. Scelgono i loro artisti in modo preciso, e devo dire che uno dei migliori studio visit di Roma è stato in una galleria, il che non è per niente normale, se ci pensate. La cosa più emozionante che mi è successa in Italia è stata la visita al Teatro Valle. È un peccato che io non possa raccontare qui l’intera storia dell’occupazione ma, credetemi, stavo per iniziare a piangere dall’emozione parlando con le persone che lo occupano. Credo che le cose che sono successe lì ci pongano davanti a qualcosa di completamente nuovo. Potrebbe rimanere solo un esperimento, ma è comunque qualcosa che sta succedendo ora ed è un esperimento sul futuro. Se la creazione della Fondazione avrà successo avremo un precedente istituzionale capace di funzionare ben oltre i confini italiani.

Firenze, una delle città più turistiche del mondo, ha un sistema artistico locale molto precario, che si suppone diventerà ancora più piccolo con la chiusura dell’Accademia di Belle Arti. Uscendo dal centro, nel quartiere residenziale, c’è uno spazio misterioso: è l’ex salone di un barbiere, trasformato ora con grandi sforzi da parte di sole tre persone in uno spazio artistico che produce un’arte incentrata sulla comunità e che davvero lavora per cambiare la vita del quartiere. Il progetto si chiama Frau Frisör Fosca ed è guidato da tre artiste performative con grandi risultati.

Palermo. La capitale della Sicilia è di sicuro il posto in cui vivere. Nella mia immaginazione si trova da qualche parte nel mezzo tra la Berlino degli anni Novanta e la Istanbul della fine del 2000. La città sembra ancora essere in costruzione, così come il sistema dell’arte. La storia triste del Museo Riso è ancora nell’aria, e non sarà dimenticata per anni, l’unica chance sono dunque gli spazi indipendenti. Lo spazio A Art project sta sviluppando mostre locali ed internazionali con giovani artisti e ospita una serie di dibattiti con critici e curatori. L’Arsenale a Palermo fa parte della rete costruita dalle persone dell’occupazione del Teatro Valle e di un gruppo dei Lavoratori dell’arte di Milano. Soffre ancora troppo però della mancanza di un sistema artistico sviluppato, ma potrebbe diventare un punto di riferimento importante per la Sicilia. Per la sua organizzazione ancora aperta, l’isola sembra essere il luogo ideale per proporre mega-progetti, ma mentre parlo di questo, le persone mi ricordano di Riso. Cosa si deve fare? L’unica speranza è nelle mani dei giovani, e loro hanno già iniziato a lavorarci.

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