Bianca Baldi, Johannesburg, 1985, vive a Francoforte sul Meno.
Il workshop si è rivelato uno spazio per riflettere sui maccanismi di base del mio lavoro, non in senso critico attivo ma più in quanto metodo per imparare a cambiare melodia, abitudine.
Questo ha incoraggiato il passaggio da una metodologia familiare, dove ho riscoperto processi semplici che erano al tempo stesso intuitivi e gioiosi. Il periodo intenso, al di fuori della vita quotidiana, è stato una festa. A parte lo sviluppo di una nuova proposta per un progetto, il workshop è stato costellato da una serie di intense conversazioni piene di aneddoti e storie di esperienze personali.
Luca De Leva, Milano, 1986.
La semplicità e spontaneità dei movimenti di Tim, Angel e Rick mi ha fatto ripensare il mio modo stesso di ragionare. Il flusso e l’intuizione di cui gode la loro “famiglia” mi ha portato profondamente dietro gesti quasi frivoli. In tutte le nostre giornate ho percepito lo spirito dadaista, con il Bronx dentro e non la prima guerra intorno. L’attitudine laboratoriale di questo ws ci ha fatto scegliere di continuare l’esperienza a New York, proseguendo la ricerca di questo affascinante modo di vivere e lavorare.
Derek Maria Francesco Di Fabio, Milano, 1987.
Ho conosciuto altri metodi e ho ricominciato a disegnare. È stato produttivo essere immersi a Spinola Banna, soprattutto attorno ad un tavolo; i laghetti nel giardino mi chiamavano e li circondavo quando emergevo. Un luogo ricreato in un loop stagionale. Incontro tempistiche, modalità e storie americane. L’oggetto come ultima parte di un processo di trasformazione radicale che deve avvenire ora, non c’è futuro senza posizione critica nel presente. Il prodotto non è chi l’ha fatto, vive dopo un intimo incontro ammiccando a chi si è direzionato precedentemente verso la ricerca di quella cosa. La cosa viene fatta in gesti veloci che urlano lo stupore dei suoi materiali. La materia è maledettamente umana. I gesti hanno programmatiche minimali, attorno a questi c’è la vita e il rimanere costantemente eccitati nel ripercorrerli e nell’indagarne di nuovi per farli propri. Veloci impressioni di qualcosa che sta continuando, non è un summer camp. Intanto sto cercando di smettere di mangiare le unghie.
Irina Kholodnaya, Voronezh, 1985, vive tra Bologna e Roma
Collaborare con Tim Rollins & K.O.S. ha significato e tuttora significa per me continuare a sostenere un approccio di tipo sociodinamico alternativo, fondato sul ‘foreground’ del gruppo piuttosto che sul background dei suoi singoli componenti; e focalizzato sul ‘come’ anziché sul ‘cosa’. A favorirne spontaneamente coscienza su di un piano dialettico comune si è offerto il ritmo differente del contesto nonché le condizioni di convivenza, confronto e relazione promosse dalla Fondazione Spinola Banna per l’Arte. Tutto questo a dimostrazione che ogni rivoluzione inizia silenziosa, elegante e circoscritta.
Elena Mazzi, Reggio Emilia, 1984
L’esperienza a Banna mi ha dato modo di sperimentare direttamente sulla mia pelle la particolare metodologia di lavoro usata da Tim Rollins e da Angel e Rick, i due K.O.S. presenti, importante per la mia ricerca, che spesso si lega ad uno sguardo e ad un approccio di tipo antropologico e che si relaziona con uno specifico territorio, dando così adito a modalità di scambio tra persone dai vissuti distanti e diversi. Oltre ad esser stati guidati nello sviluppo dei nostri progetti personali, abbiamo realizzato insieme alcune opere che saranno esposte a Palazzo Saluzzo. Il processo di creazione è guidato dalla collaborazione e dall’intuizione del gruppo stesso, e vede il riavvicinamento alle tecniche manuali. Il lavoro in studio, continuamente affiancato da momenti condivisi di vita quotidiana, mi ha permesso di conoscere a fondo la storia di Tim Rollins, partendo dalle prime esperienze di collettività all’interno di Group Material, fino ad arrivare alle difficili dinamiche affrontate nel periodo di insegnamento nella scuola pubblica nel Bronx e alla nascita del gruppo K.O.S.
Ambra Pittoni, Borgomanero, 1978, vive a Berlino
“Blessed”, è la parola con cui Tim Rollins ha iniziato il primo giorno.
Direi che tutta l’esperienza abbia avuto a che fare con la fede, intesa in modo molto ampio. Il processo, instaurato da Tim, ha fatto si che le idee e le cose siano circolate tra noi in maniera osmotica, modificando il modo di condividere e di relazionarsi al proprio lavoro e a quello degli altri. Con la presenza di Angel Abreu e Rick Savinon, che lavorano con Tim Rollins da circa 30 anni, lo spazio della fondazione è diventato un prolungamento del loro studio. C’è stata anche molta protezione, consigli e profonda stima reciproca. “Work hard, Play hard, Pray hard” è stato il modo con cui Tim ha concluso, l’ultima sera in un incontro a tu per tu, che aveva deciso di avere con ognuno di noi, mentre ci dondolavamo sulle sedie bianche, delle quasi “rocking chairs”… Inoltre, la Fondazione è stato un luogo di vera accoglienza e vera cura, intesa nel senso pragmatico della costruzione degli ambienti, della nutrizione, delle relazioni che permette di intrecciare e coltivare, costruendo lo spessore delle cose importanti. Grazie Guido, Gail, Gianluca e a tutti coloro che hanno contribuito a questi giorni.
Edoardo Tronchin, Treviso, 1984, vive tra Treviso e Venezia
Aver partecipato ad un workshop intenso con Tim Rollins ritengo sia stata una delle cose più belle che mi siano capitate. Tim è un incredibile comunicatore, educatore e trasmettitore di gioia, allegria e frizzante profondità intellettuale.
Il workshop è iniziato con un’appassionante presentazione del master, il quale ha portato tutti noi ad entrare nel mondo di Tim e dei K.O.S., dal Bronx degli anni Ottanta, alla visione agghiacciante dallo studio di Chelsea delle due grandi torri di fumo l’undici settembre.
Successivamente sono avvenuti dei colloqui “one to one” con Tim, il quale, per quanto mi riguarda, ha cambiato sottilmente ma in maniera definitiva, il mio modo di pensare e di fare arte. Un’esperienza molto intensa. Davvero.
Lo studio, lo spazio fisico, è stato fondamentale in queste due settimane, noi, giovani artisti, Tim, e due membri dei K.O.S. abbiamo condiviso un grande tavolo, dove ognuno ha sviluppato una proposta per una possibile mostra a New York. Contemporaneamente abbiamo realizzato a più mani due opere collettive, che verranno presentate nei prossimi giorni a Torino. Devo ringraziare per la bellissima opportunità la Fondazione Spinola Banna, per l’ospitalità, per l’aiuto, il supporto, la gentilezza e per gli incredibili pasti. Un grazie particolare a Guido e Gale per avermi fatto scoprire la loro straordinaria passione per ciò che credono e fanno.
Fernanda Uribe, Tijuana (Messico), 1986, vive a Milano
Non posso descrivere la mia esperienza presso la Fondazione Spinola-Banna senza ringraziare il meraviglioso staff che l’ha resa possibile. Lavorare con Tim Rollins è stata una delle esperienze più incisive della mia carriera. La totale concentrazione, la condivisione dei nostri racconti e la collaborazione con gli altri artisti durante le ultime due settimane mi hanno dato una maggiore comprensione del mio lavoro e delle aree da migliorare.
Tim ha supportato ognuno di noi, seguendoci nei nostri progetti personali e nei nostri obiettivi. Ha individuato le nostre qualità personali e le ha valorizzate guidandoci nei nostri progetti futuri.
Questa collaborazione ha anche portato alla realizzazione di due opere originali, che sono state prodotte con Rick Savinon e Angel Abreu, membri originali del gruppo K.O.S., che verranno messe in mostra a Palazzo Saluzzo Paesana nel mese di novembre.
Tim Rollins è stato un maestro meraviglioso, non solo come modello di grande artista, ma anche come mentore di vita.
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