-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Make it new” o togli il tempo all’opera?
curatori
Esattamente cinquecentosette anni fa veniva alla luce il Lacoonte. Roba vecchia? Neanche per sogno. Perché da Lessing, passando per Cesare Brandi fino a Rosalind Krauss, di mezzo c'è la dimensione temporale dell'opera
di Marcello Carriero
di Marcello Carriero
Il Laocoonte greenberghiano fu concepito in pieno Modernismo. Modernismo letto invece problematicamente, appena dieci anni dopo, da Cesare Brandi in un testo uscito su “Immagine” intitolato la fine dell’Avanguardia. La visione di Brandi, pur nella chiara interpretazione della contemporaneità, mette a fuoco l’azzeramento del passato nelle arti, fenomeno ripreso e sottolineato da Rosalind Krauss negli anni Ottanta col termine “make it new”. Il Laocoonte, si torce ancora oggi nel tentativo di liberarsi dai vincoli del presente. L’opera d’arte contemporanea, infatti, è spesso costretta nella categoria spaziale che le permette di essere ovunque riconoscibile ma non per questo di restare “sempre” riconosciuta. Il tentativo di alcuni artisti è, quindi, quello di ridare all’opera d’arte una categoria temporale che riconosca un passato e, di conseguenza, ritrovi la forza di progettare il futuro.