-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Anche il DAP Festival – Danza in Arte a Pietrasanta, alla sua quarta edizione, nell’estate della penalizzazione dello spettacolo dal vivo per l’emergenza Covid e delle regole per poter minimamente andare in scena, ha riprogrammato la sua presenza all’interno del Teatro La Versiliana, immerso nel verde della celebre pineta, allestendo in un’unica serata uno spettacolo dal forte segno contemporaneo, ospitando tre differenti lavori d’autore: la Compagnia Zappalà Danza con B duett, un estratto di Corpo a corpo, la MM Dance Company di Michele Merola, con La metà dell’ombra, ed Ermione della New Dance Drama di Adria Ferrali, anche direttrice artistica del festival.
La metà dell’ombra
Sono in posizione dormiente quei corpi a terra, seminudi per tutto il tempo della rappresentazione. Si svegliano percossi da fremiti. Si posizionano nello spazio stagliandosi con forza dopo che la figura di un penitente con indosso un saio avrà attraversato la scena. Si accendono danze corali e assoli intimistici e plastiche configurazioni dal forte segno rituale. E duetti scultorei che si staccano dal gruppo per ricomporsi frontalmente e file con gonne ai fianchi e movimenti punitivi a terra e gesti liberatori.
Ha il timbro di una parabola spirituale L’eco dell’ombra, coreografia di Michele Merola che ancora oggi, dalla data della sua creazione, il 2015, continua ad affascinare, a lasciare un segno. Lo leggiamo come un viaggio dentro il mistero del sacro che sembra riflettere un bisogno interiore del coreografo esplorando le ombre che portiamo dentro. Ombre antiche e nuove che egli indaga attraverso il suo specifico linguaggio del corpo. Corpi in costante tensione, quelli dei danzatori, che trasudano una forte fisicità, dalla quale si sprigiona una dimensione misteriosa, intima, dagli echi spirituali. Corpi che, tra le musiche di Bach, Senking e Geert Hendrix rivelatrici di atmosfere e di stati d’animo, anelano alla trascendenza, a una redenzione dopo l’espiazione.
Giungerà in un finale a effetto, quando, schierati in proscenio, estrarranno da alcune ciotole della polvere che si sbatteranno con veemenza ripetutamente sul petto aprendo le braccia verso l’alto. Una sequenza liberatoria che, complice la luce, richiama il nostro comune anelito a rinascere a nuova vita.
B duett
Pulsa di violenza e tenerezza, di fragilità e forza, di amore e odio, il corpo a corpo tra i due danzatori Fernando Roldan Ferrer e Joel Walsham, un duetto fisico, energico, potente, complice di prese, di sguardi, di parole e di abbai. Di balli, di corse, di atterramenti. Sono due fratelli, due uomini, Caino e Abele, figli dell’umano calore. Due figure in cui scorre lo stesso sangue, che ha radici profonde nella storia di ieri e di oggi. Sangue che genera legami e divisioni, lotte e unioni, abbracci e distacchi.
In questo viaggio tra le pieghe dell’umano, nella memoria ancestrale inscritta nelle membra e fatta riemergere nelle loro fronde, il coreografo catanese Roberto Zappalà definisce una mappa dell’anima che traccia segni di appartenenza, di comunanza del consorzio umano. In questo estratto di Corpo a Corpo (1° meditazione su Caino e Abele), primo di due step di “meditazione” insieme al successivo Come le Ali, i due danzatori si trasformano continuamente, assumendo posture da cani ringhiosi a fratelli amanti, mutando animo da nemici ad amici, rompendo e ricomponendo gesti e movimenti che dicono di sentimenti celati, poi espressi; pensieri trattenuti, poi esplicitati. Li diranno anche con le parole, definendosi, ciascuno, vittima e assassino, buono e cattivo, violento e pacifico, egoista e altruista, tutto e niente, luce e buio.
I due seguono traiettorie circolari nell’annusarsi guardinghi e nello strisciare a quattro zampe, nel correre da fermi e nel circoscriversi dinamico. Conquistano posizioni verticali nel riconoscersi uguali e protettivi, liberi e schiavi del loro pulsare. Rincorrono linee di difesa e di attacco nello spazio scenico vuoto, definendo confini emotivi che ritmano l’alternarsi di bene e male nel rapporto che, man mano, degrada.
Zappalà plasma sui corpi dei due magnifici danzatori, una poetica densità di immagini, di energiche figurazioni che rimandano anche a opere pittoriche. Ed è esplicito e di vibrante plasticità il riferimento al quadro di William-Adolphe Bouguereau, Il primo lutto, trasfigurazione danzata del primo fratricidio dell’umanità, un duetto di rotolamenti e prese sulle ginocchia a terra coi corpi strattonati e flaccidi che si stringono e cedono. Corpi sfibrati che si rianimano e riprendono a danzare su una canzone di Nick Cave e sulla musica di Johannes Brahms; che respirano del loro reciproco articolarsi nel sorreggersi, nell’aprirsi con le braccia a croce, nell’intrecciarsi furente e placato che, infine, giunge ad acquietare ogni respiro e fatica allontanandosi l’uno dall’altro.
Ermione
Sulla musica di Chopin, il Notturno Opera 9 n. 2, e la voce del grande attore Roberto Herlitzka che recita i versi della poesia di D’Annunzio, la danzatrice Tamara Fragale si fa interprete poetica di un intenso assolo creato per lei da Adria Ferrali nel periodo del lockdown. Un corpo musicalissimo che vibra nel cerchio di luce che la illumina, mentre estende le braccia in alto, oscilla le lunghe chiome, inarca le membra, ruota e si stende a terra, va incontro al richiamo di una natura evocata dai versi del poeta nella lirica La pioggia nel Pineto, scritta da D’Annunzio proprio nel verde della pineta della Versiliana durante una passeggiata estiva improvvisamente interrotta da un temporale.
Il disegno coreografico, puro e chiaro nella semplicità delle linee, nel fremito del gesto che asseconda le parole, celebra, in un crescendo di ritmo, la bellezza e la libertà del corpo in simbiosi con la natura simboleggiata dall’amore per Ermione, la donna della mitologia greca a cui il poeta si rivolge.