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Amae: al Teatro Traetta di Bitonto, la danza della dipendenza affettiva
Danza
Lo spettacolo Amae trae spunto dal termine giapponese che esprime una condizione umana universale: la dipendenza affettiva dagli altri. A scandagliarne i comportamenti che ne derivano sono Eliana Stragapede e Borna Babić. Le molte figure che si creano nel continuo intreccio di movimenti, gesti e posture dei due corpi in scena, subito si dissolvono in altre visioni e forme dopo aver impresso e suscitato un’emozione, un tuffo al cuore, un pensiero o un ricordo, e, chissà, forse una storia che ci appartiene.
Nella penombra iniziale c’è lui rannicchiato in un angolo a terra, e lei in piedi, distante, che lo osserva, si guarda attorno, si infila una giacchetta. Buio. La scena seguente si apre con la stessa situazione ma ribaltata nelle parti. Ora è lui che si avvicina a lei sdraiata a faccia in giù, le muove una spalla, la testa, il bacino, che ricadono inerti. Riprova, la prende dentro le sue braccia sicure, ma lei gli scivola come acqua sfuggente. Quel corpo molle, sinuoso, flessuoso, è imprendibile. Lui insiste sollevandola sulle spalle, la ondeggia, la fa scorrere. È come un corpo morto che vuole rianimare, richiamare in vita. Finalmente in piedi, eccoli entrambi l’uno di fronte all’altra.
Qui, sulla musica composta da Nenad Kovačić e quella originale di Nicholas Britell, inizia quel magnetico e magmatico gioco di avvicinamento, di distanza, di unione, di separazione, di complicità, che dura trenta minuti, ma vorresti si prolungassero, catturati come si è dal turbinio di danza ora veloce ora pacata che disegna traiettorie di sentimenti e immagini suscitati dal tema dell’amore in tutte le sue declinazioni relazionali. I due sono coppia, amanti, amici, nemici, madre e figlio, figlio e padre, fratelli, compagni, o altro ancora nel sottile gioco di potere e sottomissione, di scambio di ruoli, di legame e abbandono. Esprimono l’amore che chiama, che richiede attenzione e cura, che ferisce, che protegge e lenisce, che diventa ossessione, che crea dipendenza, che soffoca, che chiede indulgenza, che guida e accoglie, che cerca solidarietà, perdono, che si abbandona, che attende, fugge e ritorna, che manipola, controlla, che chiede libertà.
Lo dicono i loro corpi avvinghiati, tenuti in grembo come in una sacra Deposizione; fatti volteggiare, rincorsi, respinti, rotolanti, striscianti; paurosi nel momento in cui si guarda fuori e si vorrebbe evitare il confronto con la realtà oggettiva esterna. Lo dicono ancora i loro corpi lambiti con pudore o con forza, caricati sulle spalle, tesi in funamboliche prese, in sicure e morbide strette, affannose o liberatorie, in scivolamenti frenati, abbracci soffocanti, o tenerezze di disarmante candore.
C’è tutto questo nello spettacolo Amae, di e con Eliana Stragapede e Borna Babić, giovani danzatori di caratura internazionale, nelle fila, lei dei belgi Peeping Tom e Club Guy & Roni, lui della compagnia Ultima Vez di Wim Vandekeybus. Da poco hanno iniziato una felice collaborazione coreografica che li ha portati a vincere numerosi premi – tra cui i prestigiosi Copenhagen International Choreography Competition 2022 e Rotterdam International Choreographic Competition 2023 -, con un primo studio di Amae, poi sviluppato nello spettacolo attuale presentato in prima assoluta al Teatro Traetta di Bitonto nell’ambito del decimo festival “L’Arte dello Spettatore”, la rassegna di danza contemporanea del Network Internazionale Danza Puglia diretto con passione e coerenza dal coreografo e danzatore Ezio Schiavulli. Eccellenti nel padroneggiare con precisione e intensa espressività i movimenti, nel modellare i loro corpi con estensione e plasticità impressionante, vibrandoli con energia e poesia, Stragapede e Babić restano nella memoria come raramente accade.
Coproduzione VGC Brussels, L’OBRADOR Espai de Creació, Roxy Ulm and TanzLabor Ulm, Culture Moves Europe.