Con la direzione artistica e la cura di Lorenzo Conti, Carmelo Rifici e Michel Gagnon, la seconda edizione di Lugano Dance Project, il festival di danza contemporanea internazionale svoltosi a giugno 2024 in diversi luoghi del Canton Ticino, ha avuto come tema il binomio corpo e architettura, promuovendo oltre a performance e workshop anche dialoghi tra architetti ed esperti di danza con affondi sui temi suggeriti dagli spettacoli. Tra quelli visti, Cosmorama di Nicola Galli e la prima assoluta di Landless, “senza terra”, creazione di Christos Papadopoulos e Georgios Kotstifakis. Un assolo in cui il coreografo greco è tornato allo studio del corpo inteso come territorio sconosciuto, domandandosi se sia possibile percepire il corpo come spazio e trattarlo come tale.
È un punto nero nella semioscurità della scena, seduto a terra, di spalle, con la schiena curva. Nel silenzio assoluto, Georgios Kotsifakis prende consistenza lentamente girando appena la testa e guardando intorno. Un segnale sonoro intermittente attiverà i suoi movimenti. Dapprima impercettibili, meccanici, poi più veloci, che le braccia nude, rispetto al resto vestito di nero, evidenziano come linee luminose.
Sempre più articolato, pulsante, scomposto, allarmato, tutto il suo corpo e tutti i micromovimenti che, via via, ne scaturiscono, sono un’eco di input interni sollecitati dai suoni che arrivano dall’etere e dallo spazio circostante. Ai micro-gesti e agli spostamenti in piedi, con evoluzioni improvvise, si aggiungerà, nel crescente flusso delle posture, l’espressione del volto sul quale scorgiamo scorrere e sovrapporsi diversi sentimenti: di paura, di smarrimento, di curiosità, di malizia, di allerta, di sfida.
La partitura musicale elettronica fatta di rumori metallici, di battiti, di colpi sferzanti, di segnali acustici, di raffiche percussive, diventa quasi un elemento contundente col quale il performer sembra ingaggiare un corpo a corpo. Con tutti gli arti anatomici risponde, scatta, accusa i colpi, li respinge, si blocca, riprende, respira coi suoni, entra in sintonia facendosi egli stesso generatore di sonorità mentre esplora, osserva e ricerca spazialmente un suo paesaggio.
Ed è semplicemente straordinario, magnetico, d’implacabile rigore emotivo, il danzatore greco Kotsifakis in questo Landless firmato dal coreografo Christos Papadopoulos del quale ammiriamo da sempre l’ossessione della scansione ritmica e il nitore impresso ai corpi, definendo così un suo personalissimo stile. Il ritmo non è solo un’unità strutturale su cui si basa il movimento, ma è determinante per lo svolgersi del tempo e nel rendere il suono spazialmente aperto. Sul silenzio improvviso e nel buio, il performer riemerge dalla fitta nebbia con una torcia elettrica che illumina la sua sagoma, vaga cercando forse una via d’uscita, ritrovandosi senza terra fino a scomparire al suono di un battito cardiaco.
Costretti dal maltempo a ripensare la performance site-specific Cosmorama, ideata originariamente per la suggestiva Chiesa Santa Maria degli Angeli progettata dall’architetto Mario Botta sita sul Monte Tamaro (e che comprendeva un percorso all’aperto, sull’erba, quindi anche un’esperienza sonora e olfattiva), Nicola Galli ha optato, giocoforza, per lo spazio chiuso del LAC, luogo che naturalmente ha modificato il concetto di danza e paesaggio, generando però altre suggestioni.
Insieme al danzatore Giulio Petrucci, posizionandosi su più attraversamenti nei diversi piani, dall’alto a scendere per le scalinate del grande edificio, la performance vede la coppia incedere con movimenti lenti, quasi marziali, tenendo in mano due aste. Enfatizzando l’intreccio di linee, di verticalità e orizzontalità dell’architettura regolare che non ha nulla dell’elemento paesaggistico ma presenta una sua eterogeneità, i due, come rabdomanti che cercano e ricercano, avanzano per intercettare un contatto, una tattilità, un’aderenza con la geometria dello spazio e gli elementi intorno, inclusi, a tratti, gli spettatori.
Puntando le aste come sonde, quale strumento di misurazione che dal piccolo si va ad addizionare allungandosi, creando distanza e vicinanza si genera una danza invisibile e mimetica, un rito affascinante che coinvolge lo sguardo e le posture dello spettatore nell’osservare e nel seguire il loro incedere. Pubblico chiamato anche ad attimi di partecipazione – mentre la musica e il canto di un madrigale destrutturato avvolge l’etere -, condividendo la consegna e la restituzione delle aste, che infine saranno unite e innalzate come un unico giunco dorato, all’aperto nel piazzale del LAC.
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