Nel ricco cartellone di compagnie straniere ospitate, gli ultimi giorni della Biennale Danza di Venezia hanno riservato molte sorprese interessanti, con spettacoli di originale scrittura. Tra questi Ruination: The True Story of Medea, e Find Your Eyes. Intimamente spettacolare, con una prospettiva e un canone di rutilante dissacrazione, Ruination: The True Story of Medea è una divertente e ingegnosa rivisitazione romanzata e in chiave pop, del mito di Medea, ad opera di Ben Duke, regista della compagnia Last Dog (una coproduzione con il Royal Ballet di Londra). Oscillante tra commedia e tragedia, teatro e danza, e con interpreti straordinari, è quanto di più sorprendente e arguta versione si sia mai vista dell’eroina di Euripide. Già l’ironico avvertimento iniziale rivolto allo spettatore – «È questo il bello della cultura. Non sai mai cosa ti aspetta», prelude a un’inedita rappresentazione, una storia familiare di vendetta, noia, sesso, tradimenti e assassini dove gli eroi possono essere anche malvagi.
In sintesi ci troviamo nella reception degli inferi più profondi – collegati da una lunga scala dalla quale, scendendo, arrivano le anime trapassate che possono poi bere a un dispenser con l’acqua dell’oblio – dove c’è Ade – appassionato del balletto Schiaccianoci – intento a svolgere compiti d’ufficio, a districare carte e indirizzare gli arrivi degli ultimi defunti a una delle due porte dell’aldilà. Con la comparsa di Medea – reduce dal disperato omicidio dei suoi figli – e di Giasone, ben presto si darà inizio ad un processo a carico di lei per voler dell’ex marito il quale chiede la piena custodia dei figli negli inferi, negata però dalla ex moglie. Convocata la corte di giustizia, uno scheletro con parrucca seduto in trono, a imbastire la disputa con le due differenti versioni della storia, ascoltando prove e testimoni, sono Ade e la moglie Persefone che cambiano vestito, sgargianti abiti fucsia, per assumere il ruolo di avvocati. Molto testo recitato e poca, ma robusta, originale, lirica, e ironica danza nello spettacolo, che spiazza per continue, geniali invenzioni fra esilaranti battibecchi di tutti, sfuriate, accuse e contraccuse, intrusioni di altri personaggi – tra cui una pianista e una cantante, con un mix di musiche che spaziano da Rachmaninov ai Radiohead a George Harrison –, rievocazioni della storia dei coniugi e relative parentele, dove ciascuno cerca di convincere gli altri della propria verità.
Fotografia, danza e teatro, una combinazione alquanto inedita di narrazione visiva ed espressione fisica, dove arte e vita diventano un tutt’uno. Stupisce e, in tanti momenti, commuove, quanto ha saputo creare di intimamente spettacolare e autobiografico, il pluripremiato fotografo britannico, Benji Reid nella performance Find Your Eyes. L’artista ci invita, come indica il titolo “Trova i tuoi occhi”, a saper vedere, immaginare e affrontare il mondo con i nostri, trovando nelle sue storie universali anche qualcuna delle nostre. Mostrando in scena il personale e originale processo creativo, Reid rivela sé stesso e il suo vissuto da condividere. Un’emozionante esperienza in diretta per noi spettatori, assistervi.
La scena è un grande studio fotografico vero e proprio, con pannelli, oggetti e luci manovrate a vista e tre performer, i quali vengono fotografati in pose e movimenti che esprimono parole, pensieri e storie dell’intenso bagaglio di vita personale dell’artista. Con un passato oltre che da reporter anche da ballerino e teatro hip-hop, attraverso il suo obiettivo, mescolando set e scatti afro-futuristici, ritratti, pose teatrali e coreografiche, dettagli anatomici, Reid condivide, anticipate dal racconto della sua voce off, le esperienze umane di vulnerabilità, tragedie e successo, scelte ed errori, che lo hanno segnato.
Tutto in tempo reale, col risultato immediato delle immagini scelte ingrandite su tre grandi schermi che circondano il set con lui al centro. Reid crea paesaggi con le forme e i dettagli di muscoli; suggerisce stati d’animo; evoca conflitti privati e sociali – razzismo, malattie, guerre, ingiustizie, relazioni famigliari – con gli sguardi e le posture dei performer che dirige e immortala nello scatto; vola con la fantasia allestendo con qualche oggetto scenari futuristici dove, sempre il corpo, è plasmato. E in alcuni momenti trasfigurato. Come nel racconto visivo e coreografico, bellissimo, della storia della madre colpita da ictus che implora gli dei di venire a salvarla: la donna giace a letto colta in diverse posizioni, mentre un uomo volerà sopra di lei su un marchingegno. I corpi sono storie, sostiene Reid, raccontano la vita. E ciascuno di noi guardandoli può costruire la sua, e la propria coreografia visiva.
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