È più che mai fecondo sulla nostra scena il connubio tra danza contemporanea e musica dal vivo. Anche l’Aterballetto non fa eccezione. L’ultima produzione dal titolo “Double Side”, costituita da due diverse creazioni, “Stabat Mater” e “With Drooping Wings”, si avvale della formazione musicale del Quartetto Motus, della Fondazione Arturo Toscanini di Parma, e di tre cantanti. Interagendo con i danzatori, la dinamica presenza del trio di coristi sulla scena di “Stabat Mater” firmata dal trentacinquenne coreografo cubano Norge Cedeño Raffo, rende ancor più plastico l’intenso racconto astratto sul dolore della madre per il figlio, riferimento religioso, e non solo, a quello della Madonna per la Passione del Cristo culminante nella croce. “Come si può ritrovare la speranza in un mondo distrutto e dopo una perdita così grande? Come si può continuare a vivere?”, si chiede Cedeño Raffo.
Bagnati qua e là da fasci di luce nella quasi costante penombra, i tre danzatori – Daniele Saul Ardillo, e le due Marie evangeliche Martina Forioso e Ivana Mastroviti – spaziano sull’ampia scena formando molteplici Deposizioni e Pietà pittoriche in movimento: tra prese e trascinamenti, abbracci e ripetuti abbandoni, spasimi e addii rinviati, fughe solitarie per ricercare un luogo di intimità e rinnovate composizioni del terzetto. Nel contatto con le liane elastiche che costellano la scena (set e luci di Fabiana Piccioli), i corpi tesi, imprigionati o respinti, liberi o avviluppati tra respiri ed esalazioni, vibrano con incisiva gestualità prendendo forme di umana purezza sulla struggente partitura musicale di Arvo Pärt.
Più solare e gioiosa la coreografia di “With Drooping Wings” della canadese Danièle Desnoyers, creata sull’inedita partitura barocca “An English Suite” di Henry Purcell rielaborata dal compositore italiano Federico Gon, e “sporcata” da un breve pezzo elettronico di Ben Shemie. Il quartetto d’archi confinato dentro la gabbia triangolare di corde elastiche, dialoga con gli otto danzatori dai costumi colorati che ricercano sintonie e disarmonie fisiche nella fluidità della loro danza con la musica.
Dall’iniziale ripetuto battito dei talloni avviato da un singolo performer che si espande a tutto il gruppo convenuto in formazione compatta, si passa ad una scomposizione spaziale con rincorse, stacchi solistici, coppie di duetti, al fine di rendere – nelle intenzioni generali della coreografa – le ali spezzate del titolo: quelle “…di una frangia della società – spiega Desnoyers – che nel mezzo di molti sconvolgimenti sociali si confronta con molteplici incongruenze”. Non trovando chiari nessi con le dichiarazioni programmatiche, né particolari guizzi della composizione dal segno incisivo tra musica e danza, ammiriamo però la scioltezza e l’eleganza dei bravi e versatili interpreti di Aterballetto.
È una ricca e articolata scrittura musicale quella elaborata elettronicamente da Fabio Fiandrini per l’ultimo lavoro della coreografa Monica Casadei di Artemis Danza “Corpi Violati #DJOperaNoir” (prima nazionale al Teatro Comunale di Ferrara), attingendo ad un vasto repertorio di opere musicali che hanno trattato, in forme diverse, il tema della violenza sulle donne (del vasto catalogo di autori contemporanei, nel remix sonoro sono a noi riconoscibili accenni ai più noti “Otello” e “Forza del destino” verdiani). Troviamo il compositore bolognese a destra della scena, seduto di spalle, bilanciato a sinistra da una donna seminuda, anch’essa seduta di spalle per tutto il tempo dello spettacolo, testimone silenziosa di quanto scorre sul palcoscenico.
Su un fondale damascato che in ultimo calerà svelando il vuoto, Casadei muove quindici corpi maschili e femminili in formazione spesso compatta dalla quale si staccano coppie e gruppi, duetti e assoli, imprimendo loro impulsi, rabbia, istinti e dolore. Movimenti incessanti nutriti di gesti di lotta, di difesa, di aiuto, di arresa, che segnano vittime e lasciano ferite. Lo esprime l’energia della danza, che non lascia dubbi su chi subisce e chi aggredisce, su chi paga l’orrore del sopruso. Lo esprime l’ultima potente sequenza con una donna rimasta sola dopo furenti palpeggiamenti e allusioni verbali, mentre i suoni si placano e si odono cinguettii di uccelli. Una pace che vorrebbe cancellare la violenza impunita
Nella stessa serata si è visto in scena “Traviata”, spettacolo di successo internazionale, che ha fatto la storia della compagnia, festeggiando gli 11 anni del debutto avvenuto proprio al Comunale di Ferrara.
Impegna bocca e cassa toracica nell’elaborazione del suono, il bellissimo assolo di Boris Charmatz “Somnole” (al festival fiorentino “Cango, la democrazia del corpo” di Virgilio Sieni). Il 50enne coreografo e danzatore francese (da poco chiamato alla guida del Tanztheater Wuppertal), fischiando quasi ininterrottamente per circa un’ora, respirando e inspirando, autogenera la colonna sonora della sua performance. Ci vuole un surplus di talento artistico, di inventiva e resistenza fisica per ricercare inedite forme di danza. E Charmatz lo possiede.
Creato nella solitudine del confino pandemico del 2020, “Somnole” nasce dal desiderio di esplorare lo stato di sonnolenza “…quegli stati di latenza, il letargo e la sua fine, la risacca dei sogni ad occhi aperti e l’urlo del risveglio”. Charmatz entra a occhi chiusi, piedi scalzi e torso nudo, con una fantasiosa gonnella che gli cinge la vita. Si muove inizialmente come un sonnambulo, alzando le braccia. Poi inizia a sognare a occhi aperti in un crescendo di movimenti, di gesti, di azioni non lineari dettati, a tratti, dai motivi musicali fischiati, alcuni dei quali riconoscibili – “Il buono, il brutto e il cattivo” di Moricone, “Summertime” di Gershwin, e The Pink Panther, Birdsongs, Stormy Weather, e poi Sinatra, Bach, Haendel… -.
È un archivio dell’inconscio, di gesti e memoria, quello che la mente del danzatore elabora e fa affiorare durante lo stadio di intorpidimento, tra il sonno e la veglia, quando il corpo prende vita. Ricordi, desideri e sogni che Charmatz esprime con una danza intima, languida, furiosa, tenera, trattenuta, incontrollata, e con salti, port de bras, pirouette, stando in equilibrio su un gomito a terra, rannicchiato, steso, gattonando, roteando, mentre emette fischi, gorgheggi, trilli, gargarismi, sibili, fino a fischiare rumorosamente in segno di rivolta. In questa dimensione onirica si trovano spazi di più intensa intimità, come il lento indicare con il braccio alzato e il dito puntato cercando qualcuno in platea per poi avvicinarsi ad uno spettatore invitandolo ad un fugace, lento, dolcissimo ballo. Superbo Charmatz.
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