Il fatto che la sede del Madre – Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina di Napoli si trovi in un antico convento suggerisce il senso storico del tempo: testimonia l’antico, con gli elementi superstiti del vecchio edificio, e abbaglia con la contemporaneità dei coloratissimi inserti dell’artista francese Daniel Buren. Negli ultimi anni, il Madre ha evidenziato l’attualità dell’antico, ne è stato esempio l’interessantissima mostra “Pompei @ Madre”, e ha dato spazio a diversi tipi di arte, dalla performance alla poesia. Così il museo ha acquisito un significato più ampio, divenendo un vero e proprio “luogo delle Muse”. E in questi giorni ancora il Madre rende omaggio a Pina Bausch, la famosa danzatrice, coreografa e insegnante tedesca, a dieci anni dalla sua morte.
Da tempo l’Occidente ha conosciuto e accolto la danza di altre culture: dalla tibetana danza del vayra, alla danza israeliana, fino a quella sufi. Al contempo, la danza classica ha registrato un forte desiderio di rinnovamento, che vede in Pina Bausch una testimone esemplare.
Nata nel 1940, morì nel 2009, svolgendo tutta la sua vita intorno alla sua grande passione per la danza. Che, con lei, è diventata espressione teatrale, nel senso di racconto di storie. E non solo con il movimento corporeo, come già il balletto classico, ma anche con la voce. E non solo con le parole ma con esclamazioni, urla, sussurri, riso e pianti: i suoni naturali del vivere.
Certo, nella danza della Bausch si nota un forte realismo ma anche l’influenza di quella Germania espressionista, testimoniata pure nelle altre arti. Vi si nota anche una passionalità tutta femminile, che a volte si oppone a una certa rigidità maschile, mentre a tratti si avverte un sottile spirito umoristico.
Pina danzò fin da bambina, per poi distinguersi per la sua bravura, che le fece ottenere una borsa di studio negli Stati Uniti. Dopo, al ritorno in Germania, sentì il pesante immobilismo delle forme del balletto classico e cercò di rinnovarlo. Al principio della sua attività rivoluzionaria, le critiche non mancarono e il suo realismo venne tacciato di volgarità. Ma poi, nel 1973, cominciò a dirigere il Tanztheater di Wuppertal e fu il grande successo, testimoniato dai premi ottenuti e dalla sua partecipazione a festival importanti. Il suo insegnamento è continuato per opera dei suoi allievi.
E al Madre, in omaggio alla memoria di Pina Bausch, c’è la videoinstallazione Ensembles, di Ismaël Dia, direttore degli Archivi Pina Bausch, e di Matthias Burkert, compagno di lavoro di lunga data dell’artista e coreografa.
Il video è accompagnato da una serie di lezioni impartite da una sua allieva, la talentuosa professoressa Marigia Maggipinto. Da questi mini workshop si può comprendere più a fondo l’apporto della grande coreografa. I gesti della sua danza sono diversi da quelli del balletto classico e si ispirano ai movimenti naturali, esagerandoli e rendendoli più espressivi. Un esempio può essere dato dal ballo di coppie nelle quali uno dei danzatori cerca di spingere l’altro che, immediatamente, si ritrae: sono reazioni naturali, rapide ed espressive. I movimenti sono morbidi e descrivono curve, archi e spirali, suggerendo un senso di liberazione che tenta di evadere da quel razionalismo invasivo che ci vieta la spontaneità.
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