Attraverso il dialogo tra i linguaggi della danza, l’incontro tra culture altre e scoperte, da quarant’anni è sempre all’avanguardia nell’essere un ponte tra l’est e l’ovest, tra il nord e il sud, tra la forma e il contenuto, tra l’etica e l’estetica. Tra Oriente e Occidente. Titolo-mission del suo festival che così si definisce: internazionale e locale, vicino e lontano, accogliente e stimolante, accessibile e sfidante, equilibrato e controverso, radicato e zingaro, della città e del mondo. Il lockdown ha precluso il ricco programma dell’edizione dei festeggiamenti incentrato su quella nuova Via della Seta che è stato il discorso artistico degli ultimi tre anni. Rimodulato nei contenuti, con coraggio, il Festival Oriente Occidente di Rovereto si propone accettando le nuove sfide.
Oggi, urgenti e inediti ripensamenti hanno attivato nuove visioni per restituire la danza al pubblico – scommettendo anche su coproduzioni internazionali – senza interrompere quel dialogo emozionale necessario, che ben esprime il direttore artistico Lanfranco Cis: «Il Coronavirus ci ha costretti a riconsiderare i programmi. “Pellegrini del nostro tempo”, travolti da mille incertezze, abbiamo cercato insieme agli artisti un nuovo approdo nell’arte della danza, non privo di ripensamenti. Uno di questi riguarda noi, il come siamo cambiati in questo tempo di isolamento.
Conserviamo ancora la stessa visione sul corpo? Di certo la paura del contagio, la mancanza di contatto fisico dettata dalle pratiche di protezione, l’incertezza diffusa sul futuro, il sentimento di fragilità che ci ha pervaso, hanno inevitabilmente cambiato le nostre vite e con esse la percezione del nostro corpo. Più consapevoli della nostra finitezza organica, sentiamo la voragine della caduta e l’urlo che ne deriva per la sopravvivenza.
Tutti gli artisti ospiti hanno modificato e adattato le loro proposte, consapevoli di un nuovo posizionamento del gesto estetico nella ‘Polis distanziata’. Gesto che si fa politico, di presenza, esistenza e trasformazione collettiva. Ri-emersi da un lungo periodo in cui i rapporti interpersonali si limitavano a ‘surrogati tecnologici’, gli artisti – in sala prove con l’obbligo di distanziamento – hanno posto al centro della loro ricerca la relazione tra i corpi».
A raccontare tutto questo sono gli spettacoli in programma dal 3 al 12 settembre. Primo fra tutti, il visionario investigatore delle paure dell’uomo, Marcos Morau, che debutta, in prima assoluta, con la compagnia La Veronal, con la sua ultima creazione Sonoma, un universo ancora una volta punteggiato d’influenze pittoriche, teatrali, cinematografiche, nel mondo del Surrealismo. Spiega il coreografo spagnolo: «Sarà un luogo dove l’urlo dell’uomo costretto al ritmo dell’esistenza si fa primitivo. Dove il ritorno al corpo, alla carne, alla materia si perde nell’ora tra il sonno e la finzione. Una comunione con gli strati più irrazionali dell’umanità dove gli uniti gridano di separarsi, e i separati cercano di congiungersi». Il titolo fa riferimento a due parole greche e latine: soma, corpo, e sonum, suono, ma rimanda anche alla Sonoma Valley californiana. I nativi narrano che in questa Valle della luna, il nostro satellite, annidandosi sulle pianure ogni notte, trasformi le urla e i rumori ambientali in un’ipnotica ninna nanna, che tutto culla, e calma.
Altro atteso debutto mondiale, che inaugura il 40mo Festival Oriente Occidente, è Centaur del coreografo, danzatore e videomaker, Pontus Lidberg con il suo Danish Dance Theatre (coproduzione con il Théâtre de Chaillot). Lo spettacolo è una riflessione sull’Intelligenza Artificiale quale partner delle nostre vite. Lidberg trae ispirazione dal mito greco del Centauro, ovvero la figura biforme partecipe della natura dell’uomo e del cavallo, che nel terzo millennio è, per il coreografo svedese «una nuova creatura metà uomo e metà macchina. Il cavallo è diventato l’uomo e l’uomo è diventato il computer. Ecco il nuovo centauro».
Ad arricchire le presenze internazionali sarà la serata Cunningham Centennial Solos, dedicata al rivoluzionario coreografo e pensatore americano Merce Cunningham. Attraverso un arrangiamento di quaranta assoli estrapolati dallo sterminato repertorio di Cunningham che abbracciano più di cinquant’anni di attività, e accompagnati dalla musica di John King 100tone-candles, il pubblico vivrà un’esperienza unica di danza. In questa memorabile serata-omaggio, rivelatrice della tecnica più pura e della democraticità della presenza sul palco di più danzatori, sono coinvolti nove interpreti, dal diverso background e con esperienze nelle più importanti compagnie europee: Rambert, Dresden Frankfurt Dance Company, Michael Clark Company. A curare gli assoli costruiti appositamente per Oriente Occidente, al Teatro Zandonai e il site-specific per le vie del centro di Rovereto, è l’ex danzatore della compagnia, Daniel Squire, il quale, di concerto con il Trust, è il depositario di tutti i diritti delle opere dell’artista e della diffusione del suo repertorio.
Ancora presenze internazionali con Pep Ramis della compagnia spagnola Mal Pelo, e l’artista bielorusso, attivo dapprima in Israele e ora in Francia, Arkadi Zaides, con una conferenza spettacolo dal titolo Talos, nella quale, ancora una volta, vuole stimolare lo spirito critico dello spettatore. Della relazione tra i corpi parlano anche i lavori della sezione tutta italiana, e coprodotta dal Festival, formata Luna Cenere, Daniele Ninarello, Cristina Kristal Rizzo, Tommaso Monza, Matteo Levaggi, Naturalis Labor, e Umberto Chiodi, Abbondanza/Bertoni, Michela Lucenti, la compagnia MF/Maxime Freixas & Francesco Colaleo.
Il programma completo, sul sito orienteoccidente.it.
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