Niente di descrittivo, di simbolico o narrativo, nella ricostruzione di Virgilio Sieni dellâultima cantica di Dante, nĂŠ una versione coreografata dei versi di quel Paradiso tanto declamato che affascina artisti dâogni linguaggio. Con un vaso in mano, un danzatore alla volta avanza emergendo dal fondo crepuscolare e brumoso, espandendo lo spazio di piante verdi che occuperanno la scena. Il luogo che si viene a comporre nasce dal movimento avvolgente di cinque corpi di differenti stature (Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Giulio Petrucci) che, come note di uno spartito, sono apparizioni trasportate da un motivo musicale (di Paolo Damiani) ipnotico. Quella del coreografo fiorentino è la costruzione di un Eden da raggiungere e abitare, un altrove che dallâumano volge al divino.
In Paradiso (visto a Firenze, a Cango Cantieri Goldonetta) i danzatori compongono un organismo pulsante di vibrazioni tattili, di forme molecolari estatiche, di articolazioni anatomiche sospese, vivificate dentro un giardino di piante che è luogo di arrivo e di partenza. Del Paradiso dantesco Sieni costruisce un suo personale viaggio interiore che diventa anche visione espansa di altri mondi da attraversare, da conquistare, perchĂŠ in quel âerrabondareâ lento, meditativo, silenzioso dei danzatori, si addensano proiezioni mutevoli di spazi invisibili. Da ascoltare, e non solo da intravedere. Nella semioscuritĂ di una luce tenue, umbratile, che, nascondendo appena i volti, lambisce il protendersi di schiene, torsi, braccia e gambe, la danza respira di unâausteritĂ gestuale che moltiplica le posture, aggiunge alla compostezza formale lievi dinamiche di rotture e rapidi slanci. Nella danza dâintesa tra il gruppo, fatta di minimi spostamenti e contatti, câè un vibrare di gesti che sfiorano i corpi, un tendere le striature muscolari in direzioni verticali e orizzontali come a voler uscire da sĂŠ per trovare unâemanazione corporea e luminosa nelle piante; câè unâamorosa sintonia scultoria e fluida con unisoni di allineamenti appena accennati e assoli, cadenzati dal portare, sollevare e depositare i folti o piccoli arbusti. Che diventeranno infine foresta. Schierata frontalmente in un lembo di spazio tra luce e ombra, la boscaglia continuerĂ a pulsare di vita con i corpi sempre agĂŹti dal ritmo del respiro, confusi nel paesaggio emozionale di quel giardino fisico o immaginario, diventati foglie, rami, radici. Le loro silhouette appena chiare o in controluce, nitide o evanescenti, sprigionano una poesia ipnotica che fa eco a gesti ancestrali rinnovando la metamorfica potenzialitĂ dellâuomo verso il divino. Che si nutre della trasformazione che il singolo corpo vive nellâincontro e nella vicinanza con lâaltro.
Altre vicinanze, relazioni, incontri, sospensioni, si sono create allâinterno della Fondazione Prada a Venezia, per la performance site-specific Aura | Sul toccare le cose. Frutto di un ciclo di 8 azioni coreografiche il progetto fa parte del piĂš ampio programma âTerritori del Gestoâ ideato dal coreografo fiorentino. Diffuso sul territorio nazionale, il progetto sviluppa una riflessione, sempre diversa, sulla relazione tra cittĂ , luoghi, corpo e arte attraverso un ciclo dâinterventi artistici partecipativi legati ai linguaggi del corpo e della danza. Obiettivo: sensibilizzare le comunitĂ sui temi della cura, dellâosservazione e della connessione. Lâibridazione dei diversi linguaggi artistici è prassi ormai sempre piĂš in auge, specie allâinterno di spazi museali, dove il dialogo col luogo, la performance e le opere dâarte, è generatore di nuove epifanie artistiche e partecipative. Coinvolgendo attivamente cittadini del territorio, Aura | Sul toccare le cose si è sviluppato sul ârespiroâ delle stanze del secondo piano del palazzo settecentesco di Caâ Corner della Regina, e sullâattenzione al toccare, inteso come atto di connessione tra presente e passato.
Il raccordo rievocativo è con Luigi Nono (il progetto si è sviluppato in collaborazione con Fondazione Archivio Luigi Nono per la quarta edizione del âFestival Luigi Nono alla Giudeccaâ). Dalla collezione del compositore e scrittore veneziano Sieni ha raccolto ventitrĂŠ oggetti dâaffezione, prevalentemente dei dischi in vinile â vecchi LP di Mahler, Bussotti, Kurt Weill, Charles Mingus, Stockhausen, ecc. â che diventano manufatti da esporre, da condividere allo sguardo del pubblico come prolungamento della memoria. I numerosi interpreti â alcuni danzatori -, attraversando il lungo e vasto corridoio, li mostrano alzandoli o depositandoli al suolo, riprendendoli e assumendo varie posture in lente passerelle, angoli, scivolamenti a terra e sui muri, raggruppandosi e distanziandosi, in file frontali o in soste. Tra le stanze attigue intanto diverse coppie eseguono gesti e movimenti riflessi tenendo in mano altri oggetti â un bastone, una borsa, dei sonagli, un piccolo animale in legno -, con il pubblico itinerante che si sposta da una stanza allâaltra, incrociando, nellâascolto, la musica contemporanea di Luigi Nono e quella barocca di Claudio Monteverdi.
Questo rito di rievocazione messo in atto è, nelle parole di Sieni, una âcostruzione di azioni coreografiche fondate sul gioco di risonanza tra corpo e aura, vicinanza e assenzaâ. Nel rapporto tra âspazio musicale e spazio tattile delle coseâŚ, le danze nascono dal ricordo e dalla volontĂ di restituire il gesto alle cose passate, pensando al corpo come un infinito, fonte inesauribile di memorie, spostamenti e dettagli figuraliâ. âGli interpreti â spiega ancora Sieni â instaurano un dialogo visibile nella trasparenza dello spazio tattile, nella forza manipolativa dellâatto sensoriale: polpastrelli, mani e sguardi sensibilizzano il loro tocco cambiando la prospettiva del toccareâ. Unâesperienza artistica di condivisione.
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