Con Right, ultima tappa del progetto triennale volto a indagare la bestialità umana, il coreografo Carlo Massari affonda lo sguardo sulla condizione femminile esposta e sottomessa al potere maschile. E lo fa con tagliente acutezza attingendo alla stravinskiana Le Sacre du printemps, la più emblematica delle rappresentazioni in termini di violenza virile, dove, sappiamo, si celebra il sacrificio dell’eletta.
Le donne qui “prescelte” – sei potenti danzatrici di COB Compagnia Opus Ballet – sono le ultime rimaste di una società distopica, priva di uomini. In petto, sui loro body color carne, hanno più seni, come quelli avvizziti della “grande madre” alla quale a turno succhiano il latte rimasto. L’inquietante scena, illuminata da intermittenti luci al neon, le colloca come cavie dentro una stanza da laboratorio di sperimentazione – più simile a una macelleria, o a un lager, a una clinica psichiatrica, a un allevamento intensivo… -, controllate a vista da uno stuolo di severe “infermiere” – quasi un Coro di anziane, ma anche carnefici – con uniforme verde e stivaloni di plastica (sei comparse selezionate, over 65).
A dirigere le performance prima della mattanza finale, è una sorta di anziana kapò con sigaretta in bocca che osserva le reazioni e i movimenti delle fanciulle, il loro stato emotivo e fisico, inserendosi anche nelle danze. È lei a detenere il potere attivando e disattivando da un grande macchinario frontale – sorta di totem dove si conserva il principio maschile di autorità – un nastro sonoro con la partitura musicale di Stravinskij.
Alla calma sequenza iniziale in cerchio, accompagnata da un mormorio cantilenante, presto subentrerà lo scompiglio violento dettato dal presagio di ciò che le attende. Come animali in cattività si raggruppano negli angoli, circospette avanzano e indietreggiano, ritmano la paura, cadono esauste, riprendono le forze tra gesti convulsi e cedimenti, tentativi di fughe, grida, e forzate ispezioni. Costrette si offrono a inseminazione con grandi siringhe, destinate come sono a trasmettere la fertilità, a ripopolare il mondo.
Infrangeranno le regole? Romperanno il sistema? Che scelta faranno infine? Nel rosso lago di sangue che invade la scena, si consumerà il finale di queste vergini combattive alle quali le guardiane adulte consegneranno i loro camici. L’ultima nota stravinskiana del flauto – dopo l’attimo di silenzio e di sospensione – e il gesto della kapò che spegne il macchinario, chiude ai nostri occhi quel che sarà il futuro, lasciandoci esposti allo sguardo delle giovani rivolto verso noi spettatori.
Scorre una tensione che mai allenta in questo Right destinato – ben venga – a far discutere, ma che di certo non lascia indifferenti. Con un serrato montaggio quasi cinematografico, Massari osa, come pochi, nel comporre e mostrare con i corpi della danza e del teatro questioni etiche riguardanti le sopraffazioni e gli abusi sulla donna, e non solo. Il rito che il coreografo attiva interpretando oggi, con una peculiare estetica iperrealistica, quello ancestrale di Stravinskij, ha la forza dirompente e perturbante di un velo squarciato che non lascia scampo all’occhio e al viaggio della mente.
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