Tra gli spettacoli che abbiamo visto allâedizione 2019 di Gender Bender di Bologna â festival internazionale e interdisciplinare dedicato alle nuove rappresentazioni del corpo, delle identitĂ di genere e di orientamento sessuale, di cui scrivevamo anche qui â questa volta vi parliamo de LâetĂ dellâhorror e Un Poyo Rojo. Due diversi stili di danza, due storie, due coppie di uomini, due differenti tipi di relazione, tra la paura e il comico.
Si tengono costantemente per mano, senza staccarsi mai, in un incessante movimento circolare, sinuoso, di tutto il corpo che sâintreccia in quello dellâaltro perforandolo negli anfratti delle braccia, nei vuoti tra un piegamento del busto e delle gambe. E nelle infinite posture che si creano: armoniose, sporche, fluide, rigide, avvolgenti, gravose, resistenti. Sono due corpi virili, due etĂ mature vaganti in una terra desolata, esposti nella loro intimitĂ fisica e dellâanima, fatta anche di sguardi complici, in attesa di risposta, che chiedono e danno. Sguardi dapprima vicendevolmente imbarazzati, poi rivolti verso il pubblico seduto attorno circondandoli come in un ring. Avvertiamo il loro pudore nel sentirsi esposti, osservati oltre la pelle, dentro la propria interioritĂ .
Il loro movimento ossessivamente legato, tenuto stretto tra il voler fuggire staccandosi e il bisogno di rimanere, è un contrappunto allâArte della fuga di Bach sulle cui note ripetute allâinfinito si annodano e snodano i due danzatori in un serrato dialogo coreografico. Attraversano lentamente i bordi dello spazio spoglio, luogo famigliare ed estraneo al contempo, imprimendo, a tratti, velocitĂ al loro andamento, tra momenti di quiete e di silenzio, poi abbandonandosi a terra, rotolando, sostando, tornando allâattacco, riprendendo forza e vigore dopo una lotta.
In questi corpi specchianti lâuno collâaltro, avvinghiati nella tensione a essere un tuttâuno fondendosi, câè un tumulto di sentimenti palpabili, sempre in agguato. Affiorano, svaniscono e cedono il posto a continui stati dâanimo dettati da un dialogo muto di amore crescente e incondizionato: esprimono paura, difesa, resistenza, rivalitĂ , tenerezza, diffidenza, abbandono, aggressivitĂ , incertezza, e bisogno di appartenenza, di protezione, di sicurezza, di rifugio. Esprimono la necessitĂ di parlare, di confrontarsi, di negoziare, per sconfiggere la paura.
Ă tutto cosĂŹ leggibile e immediato in questâavvolgente e ipnotica partitura coreografica firmata da Riccardo Buscarini, da esserne subito catturati nonostante unâeccessiva lunghezza e ripetersi dei movimenti. Ma tantâè. Buscarini con LâetĂ dellâhorror gioca sulle parole del titolo, intendendo anche âlâetĂ dellâoroâ, cioè un tempo che fu, felice e prospero; e uno, quello dâoggi, infelice, di orrore. E di paura. Paura dellâaltro, dello sconosciuto, della solitudine, dellâabbandono; paura del futuro, dellâignoto, del tempo che fugge. Mettendo in scena la fragilitĂ delle relazioni umane, e quellâirrefrenabile impulso a perdersi completamente nellâaltro, Buscarini, rifuggendo dalla trappola della ricercatezza estetica, cesella di forte senso drammaturgico il gesto danzato dei due intensi interpreti, Andrew GeffrĂŠ-Gardiner e Mathieu GeffrĂŠ-Gardiner. E suggella la coreografia con una sequenza finale bellissima, che vedrĂ la coppia fondersi con una gestualitĂ ancor piĂš intrigante, quasi animalesca. Abbracciandosi e contorcendosi, usando soltanto la forza dei denti, ormai sfiniti, si sfileranno, rivoltandola e coprendosi il volto, la rispettiva t-shirt nera, il cui risvolto luccica dorato.
Interpretiamo questa immagine come il riflesso e la preziositĂ della loro interioritĂ ormai svelata. Quella, in fondo, di ciascuno, celata sotto la scorza esterna dellâapparire. PiĂš ampiamente LâetĂ dellâhorror lo si può leggere, forse, anche in senso politico, come la lotta tra due forze antagoniste, ma inesorabilmente vincolate: due poteri forti nella continua tensione di sfruttare la debolezza dellâaltro, farlo soccombere, piegare al proprio tornaconto. Lâeterno conflitto tra vincitori e vinti.
I due protagonisti, in quanto a fantasia, energia e comicitĂ , non hanno eguali. La loro performance è un mix esplosivo di danza di tutti i generi â dalla classica al contemporaneo, dalla breakdance al tip tap alla salsa â, di fisicitĂ leggera e acrobatica, di puro teatro fisico e di intelligente ironia come capita di rado. Incanta, seduce, coinvolge grandi e piccoli. Troverete ancora altri termini per descrivere lo spettacolo Un Poyo Rojo del duo argentino Luciano Rosso e Nicolas Poggi, coreografia e regia di Hermes Gaido. Lo spettacolo è ormai diventato un cult. Continua a girare il mondo (in Italia, i primi a scoprirli, anni fa, sono stati Giancarlo Mordini e Angelo Savelli del Teatro di Rifredi), instancabilmente da oltre dieci anni. Senza sosta. Al punto che, altri progetti della coppia artistica sono fermi in cantiere per mancanza di tempo da dedicare al nuovo.
Un Poyo Rojo non conosce barriere linguistiche. Non ha bisogno di parole, nĂŠ di musica. Parlano e cantano i corpi sensuali, musicali, atletici, dinoccolati, dei due interpreti, le espressioni e i movimenti che producono, le mimiche facciali, i molteplici gesti articolati che evocano pensieri e azioni, che rimandano a personaggi e a situazioni reali. Possiamo leggervi le espressioni di Buster Keaton, la buffoneria dei cartoon di Tom e Jerry e di Gatto Silvestro, la severitĂ delle arti marziali, la plasticitĂ e la forza dei giocatori di rugby. E altro ancora. Il filo rosso che lega lo spettacolo è la competizione maschile, che sfocia nellâamore virile tra due uomini in gara. Affiora goffamente da alcune sequenze in cui uno dei due, corteggiandolo, manifesta unâattrazione verso lâaltro che invece si rivela riluttante.
La storia è un semplice pretesto per una serie di numeri ad alto tasso adrenalinico. Si svolge in uno spogliatoio da palestra â due armadi metallici e una panchina sono sufficienti â con i due personaggi inizialmente indifferenti, i quali, tra un gesto e un movimento accennato, provocato o casuale, ingaggiano, singolarmente o in coppia, in sincrono o in contrasto, una buffa gara a chi sa danzare meglio, sfoggiando le loro capacitĂ di performer, incluso la boxe e il wrestling.
Ne viene fuori unâirresistibile performance difficile da rendere con le parole, fatta comâè di complicitĂ , seduzione, diffidenza, ironia, continuamente sagomate dalla fervida immaginazione del duo. A interrompere la gara, creando una pausa di tregua, è il suono di una radio sintonizzata su diversi canali. Da specificare che le voci, le notizie, le musiche e le canzoni che si susseguono cambiando canale, non sono preregistrate, ma quelle realmente in onda sulla radio locale del momento e della cittĂ dove si svolge la rappresentazione (il duo la chiama âdrammaturgia del casoâ). Questo permette a Luciano Rosso di improvvisare degli sketch con le esilaranti espressioni e smorfie del viso, di occhi e bocca e mani, che ne hanno fatto, per queste sue doti attoriali, un autentico fenomeno su Youtube.
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