21 ottobre 2024

Torinodanza, alla scoperta dei mondi visionari di Hofesh Shechter e Sharon Eyal

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Theatre of dreams e Into the hairy: al Festival Torinodanza, gli spettacoli di Hofesh Shechter e Sharon Eyal ci invitano a un viaggio interiore, tra i nostri sogni e i nostri incubi

Theatre of Dreams - Ph Tom Visser

Grande successo, al Festival Torinodanza, delle compagnie di due grandi firme della coreografia internazionale: ecco Theatre of dreams di Hofesh Shechter Into the hairy di Sharon Eyal.

Theatre of dreams

L’inizio ci ricorda Alice nel Paese delle Meraviglie per quel danzatore solitario che si aggira smarrito e curioso sul proscenio, chiuso da un altissimo sipario, nel quale si aprirà un piccolo varco in basso, e poi un altro ancora da un successivo tendaggio: una tana dentro cui infilarsi, ritrovandosi poi altrove, a compiere un viaggio della mente e del corpo, intervallato da continui stacchi di luce e buio e da una leggera nebbia ambrata. Sogno o incubo? Realtà o finzione? Entrambi.

Il mondo onirico e quello reale si confondono nel potentissimo nuovo spettacolo di Hofesh Shechter Theatre of dreams (commissione del Théâtre de La Ville di Parigi, dove ha debuttato, e coprodotto da numerosissime istituzioni internazionali, tra cui Torinodanza). Uno spazio di meraviglie, di scoperte, di visioni, un luogo di accesso ad altri mondi, del subconscio e del cosciente, attraverso il filtro del teatro, della sua magia, del suo potere di immaginazione, di costruzioni fantastiche.

Theatre of Dreams – Todd MacDonald

La danza febbrile, concitata, pulsante tipica del coreografo anglo-israeliano, qui si dispiega con rinnovata creatività modellando la scena in maniera assolutamente cinematografica per tenuta e tensione in ogni fotogramma, con i tagli di luce e i colori del fedele light designer Tom Visser. In un’atmosfera da rave notturno, due smisurati sipari neri si aprono e si chiudono velocissimamente e in continuazione con l’aggiunta di più tende scorrevoli piazzati a diverse profondità del palcoscenico, in modo da creare finestre aperte su più ambienti e piani di visione. Dietro e davanti scorrono, appaiono e scompaiono con movimenti rapidissimi e a ritmo vertiginoso i performer – ma sembrano una massa -, artefici di danze solitarie e collettive, in gruppi sparsi o compatti, all’unisono, stipati o sciolti, colti in pose dove osservano o sono osservati, coinvolti o distaccati, dentro sequenze evocative di un mondo notturno, onirico: quel mondo dove emergono paure, desideri, visioni, gesti incontrollati, turbamenti, inquietudini, speranze.

Theatre of Dreams – Tom Visser

Alle martellanti e incalzanti sonorità dal sovrastante volume (musica e scenografia sono firmati dallo stesso Shechter), subentra a metà spettacolo l’ingresso di un trio vestito di rosso, una jazz band la cui musica crea un intimo cabaret unendosi poi a quella elettronica. La danza che muove i 13 superbi danzatori rigenerata instancabilmente dai loro corpi, è iridescente, sempre energica nei movimenti molleggiati, tribali, pulsanti, scimmieschi, estatici, tipici di Shechter. Tra sbaragliamenti, risucchi, caos e calma, collassi a terra, riprese, siparietti ironici, finanche il breve invito verso gli spettatori a ballare sul palco una salsa brasiliana in un rito collettivo che possa accomunare tutti, i movimenti incalzano, debordano. Non danno tregua se non nel finale, per alcuni minuti.

Con le spalle al pubblico i danzatori si fermano guardando immobili un ulteriore maestoso sipario drappeggiato in alto, simile a un tendaggio sepolcrale. Ma non appena una figura del gruppo si stacca, gli altri la seguono e riprendono a danzare. Theatre of dreams ammalia per 90 minuti.  Un’esperienza viscerale che si vorrebbe continuasse ancora.

Theatre of Dreams – Todd MacDonald

Into the hairy

A caratterizzare il riconoscibile stile degli spettacoli della compagnia L-E-V di Sharon Eyal (cofirmati dall’artista Gai Behar), sono quei movimenti sensuali e minimalisti, di piccoli passi ritmati e all’unisono del gruppo, sulla partitura sonora techno del fedele Ori Lichtik. Per Into the hairy (debutto al festival Torinodanza) la coreografa israeliana Eyal ha cambiato compositore affidando la musica al giovane Dj britannico Koreless. Un cambio accompagnato anche da una differente scrittura coreografica che, pur mantenendo un linguaggio di morbidezze corporee ritmate sulle mezze punte e qua e là un’impressione di déjà vu, man mano muta in più aspre fisicità.

Into the Hairy -Ph Katerina Jebb

L’inizio di tutto l’ensemble in cerchio componendo la forma di un fiore che espandendosi si apre e si chiude, prefigura un’atmosfera armoniosa. Ma appena uno dei danzatori si sottrae e si stacca, cambia l’organizzazione del gruppo modificando man mano i loro corpi in cupi grovigli che via via esplodono in più direzioni con pose ricurve, spezzate, contorte, sempre in esasperata tensione.

Into the Hairy Ph Katerina Jebb

In un clima oscuro e inestricabile, sottolineato dai body di lycra dei danzatori – orlati di pizzo nero e con riflessi scintillanti (firmati dalla stilista di Dior Maria Grazia Chiuri) -, e con gli occhi truccati di sbavature nere, la danza di Into the hairy (letteralmente Dentro il peloso, a significare, forse, i mostri dentro di noi?) assume un ritmo più misterioso, espressionista, costellato da movimenti a ondate e fuoriuscite, come da un formicaio, di più membri del gruppo: figure fantasmatiche, foriere di rovine e di crolli, di inquietanti paesaggi carnali. E se la musica inizialmente disegnava un paesaggio sonoro acquatico, di suoni morbidi, accoglienti, ora cresce in durezza, tagliente nei suoi disturbati accenti techno e melodie da film horror gotico.

Forza e vulnerabilità, potere e libertà, caratterizzano quest’organismo pulsante, magnetico, formato da sette danzatori impeccabili per rigore e virtuosismo.

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