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Il Ballet British Columbia a fine gennaio ha fatto tappa a Trento con l’unica data italiana di un tour internazionale. Al Teatro Sociale i danzatori della compagnia di Vancouver hanno portato tre coreografie sul nostro palco: Busk di Aszure Barton, Bedroom Folk di Sharon Eyal e Gai Behar e Solo Echo di Crystal Pite.
Un trittico di performance che ha tenuto per tutto il tempo lo spettatore incollato alla sedia guidandolo dentro l’essenza di ritmi magnetici e figure eseguite con un’intensità tale da spaccare l’isolamento bidimensionale fra palco e platea, fra pubblico e danzatori, irrompendo ideologicamente nello spazio, permettendo di toccare con mano il senso più vivo del movimento con energia, disinvoltura e tecnica impeccabile. In fondo, come dice Emily Molnar (direttrice della compagnia dal 2009 fino a luglio 2020) «La danza è un atto di democrazia». Essa ci permette di costruire qualcosa dentro la nostra quotidianità, di trarre esempio dal gesto dei performers che arriva a noi attraverso i valori che porta con sé, trasformandosi in ispirazione e opportunità.
Come potremmo pensare di starcene lì a guardare il solo muoversi dei corpi senza che questo non abbia un impatto con la nostra realtà? Come spiega Molnar nel dialogo a fine spettacolo con Emanuele Masi «il movimento è limitato se visto da solo; la danza è un modo per tirare fuori la potenzialità dell’essere umano. Con quello che facciamo dimostriamo che elementi come la flessibilità, la cura e il duro lavoro sono portatori di valori, un lavoro che porta con sé cose umane».
Il trittico di performance del Ballet British Columbia
È con Busk –ispirata al busking, lo spettacolo di strada- che ci accorgiamo da subito di come il corpo sia in grado di essere un ponte capace di diffondere apertura. In questa coreografia vediamo storie che arrivano dall’ambiente street, narrazioni raccontate in diretta attraverso la fluidità di movimenti repentini, talmente impeccabili da far sembrare che siano improvvisati, così underground da far credere allo spettatore di essercisi imbattuto per caso arrivando da dietro l’angolo di una qualsiasi strada metropolitana.
Assistendo a racconti di vita vera e facendo esperienza diretta con azioni concrete e soprattutto reali abbiamo subito idea di come sia possibile andare nel profondo stando contemporaneamente con i piedi per terra. Niente di effimero! I danzatori, occupando lo spazio a disposizione, arrivano emotivamente oltre il palco mostrandoci le infinite potenzialità del corpo che ci rappresenta in ogni istante.
Vale lo stesso per Bedroom Folk, dove il ritmo incalzante della musica elettronica di Ori Lichtik attira a sé ogni tipo di attenzione diventando l’accompagnatore più fedele dei ballerini che, protagonisti della scena, ci conducono al centro di un mondo che pulsa. I danzatori (qui erano diciotto) sembrano diventare tutt’uno con il ritmo scandendone i toni dalla punta dei piedi alla cima dei capelli. Le loro movenze specifiche fanno percepire lo scorrere impellente del tempo; con passi fatti di allineamenti, sovrapposizioni e intrecci rompono le righe diventando sovversivi.
Le musiche –neanche a dirlo- sono straordinarie per tutto lo spettacolo. Le scenografie, i costumi e i colori, sono così essenziali e ben studiati da essere un supporto solido e impercettibile. Stessa cosa per le luci, che cuciono addosso alle figure in movimento riflessi eleganti, che rivelano la natura del corpo.
Tutto si conclude con un lasciar andare profondo in Solo Echo, coreografia ambientata dentro il simbolo di una notte nevosa nella quale si percepisce la risonanza di una certa malinconia, rinfrescata però da un senso di leggerezza costante, dalla bellezza infinita di una danza al buio. Non tutto si vede, ma abbiamo il privilegio di occupare uno spazio e di esprimere il fluire dell’esistenza partecipando al mondo che scorre.
La danza come gesto tangibile
Il trittico del Ballet British Columbia attesta che la danza è un gesto tangibile: i suoi interpreti si mettono in relazione con ciò che incontrano sulla loro strada, dimostrando di essere aderenti al momento presente. Un cammino costante che ci propone di toccare l’umanità con mano, nella chiarezza di movimenti eseguiti con dedizione continua e presenza incondizionata.
Nella cura di ogni dettaglio si cela il gesto armonico che, insieme alla passione per quello che è il mondo, dà forma una coreografia che scorre insieme al ritmo delle cose.
È un flusso naturale: tutto c’è e non si vede.