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Art Back Home, a Milano l’arte collabora con il design ed entra in casa
Design
Un progetto innovativo quello promosso dall’azienda Icon’s Milano, la quale a partire dal prossimo 8 giugno, nel contesto del fuori Salone del Mobile milanese, presenterà nello spazio Devina Nais – Icons Flag di Viale Piave una linea di mobili in cui l’arte è la vera protagonista. Il progetto si chiama “Art back Home”, un’iniziativa unica nel suo genere per le modalità con le quali le opere pittoriche vengono riportate su madie e dispense: non si tratta infatti di stampare un quadro sull’anta di un mobile ma di un vero e proprio processo di collocazione, attraverso il quale l’opera trova una nuova chiave emozionale. Paolo De Biasi, Fulvia Mendini e Vanni Cuoghi sono gli artisti coinvolti nel progetto da Icon’s Milano, per cui due delle loro tele sono state inserite in un processo produttivo volto a far entrare il design nelle case degli italiani. Delle curiosità e dei dettagli del progetto ne abbiamo parlato con Ivan Quaroni, curatore e critico d’arte, da anni alle spalle della ricerca pittorica dei tre artisti scelti da Icon’s Milano.
Parliamo del progetto Art Back Home. Come è nato il desiderio di Icon’s Milano di far incontrare l’arte e il design?
«Come spesso accade è stata una cosa fortuita, il primo artista proposto da Icon’s Milano, Paolo de Biasi, è anche architetto, quindi spesso a contatto con le aziende che producono arredamento d’interni, una di queste era Icon’s. Il progetto quindi nasce dalla volontà di riportare alla luce un rapporto, quello tra arte e design, che in realtà è sempre esistito; da qui la scelta degli altri due artisti, Fulvia Mendini, già esperta del mondo del design, e Vanni Cuoghi, da anni impegnato della decorazione, e di conseguenza l’avvio effettivo del progetto di produzione».
Una azienda che produce artigianato come può entrare in contatto con l’arte?
«Molto semplicemente incontrando un artista e facendo nascere una collaborazione; è interessante però la scelta aziendale di voler intraprendere un percorso non necessariamente remunerativo: l’intenzione di Icon’s non è fare dei numeri, ma di esplorare nuovi linguaggi, attraverso la produzione di mobili strettamente connessi alle iconografie dei lavori fatti dagli artisti appositamente per loro. Opere che restano su tela, ma da cui vengono tratti dei particolari riprodotti poi su legno con un innovativo metodo di stampa».
Una sorta di evoluzione delle mobili prodotti dal movimento dell’Arts&Crafts di William Morris, ma con tecnologie industriali e materiali differenti. A questo proposito, la genesi di questi arredi è riconducibile alla produzione di un’opera per un mobile già progettato o viceversa?
«Nel processo produttivo ogni immagine è stata legata a un mobile già esistente, è stato l’immaginario dell’artista a essere in qualche modo adattato a una struttura modulabile, realizzata con materiali diversi. Per la precisione, due tele di ogni artista sono state riprodotte sui pannelli di una madia e di una dispensa, quindi quattro mobili nati da questa combinazione, poi immessi sul mercato con una serie limitata di pezzi».
Mobili unici, a prescindere dalla bellezza delle immagini pittoriche.
«Si, esattamente. Personalmente credo siano dei mobili per pensare, ovviamente hanno una funzione, ma l’immagine associata a certi colori e laccature rende un mobile qualcosa di più che un oggetto funzionale, diventa un oggetto di meditazione».
Anche la scelta degli stessi artisti ha condizionato questo aspetto meditativo?
«Certamente, l’immaginario di Paolo De Biasi è molto influenzato dalla metafisica di De Chirico, ma anche da Aldo Rossi e Le Corbusier, ci sono tantissimi riferimenti all’arte dei primitivi toscani o del primo Rinascimento, che poi è l’armamentario iconografico che utilizzava la pittura del Novecento italiano degli anni ’20 e ’30».
In alcuni particolari anche le opere di Beato Angelico.
«Si, infatti De Biasi lo cita spesso, insieme a Giotto e Simone Martini, i cui elementi di fatto vengono estrapolati e posti in una condizione di paesaggio puramente metafisico, dove al posto dei manichini ci sono degli oggetti comunque evocativi, come le scatole colorate che sembrano uscite dai quadri di De Chirico o Savinio. A dimostrazione di ciò, i titoli – “… se non, per esempio” e “Tutt’altro ancora” – che sembrano delle frasi tratte da dialoghi, senza uno specifico significato».
Torniamo a Icon’s Milano. Dopo questa prima collaborazione con gli artisti, quali sono le prospettive dell’azienda?
«Icon’s vorrebbe continuare a produrre una linea in sintonia con l’immaginario degli artisti contemporanei e allo stesso tempo costituire un archivio di queste collaborazioni: l’azienda acquisisce i quadri, che poi userà per la produzione di mobili, creando di pari passo un archivio delle pitture e dei modelli di mobili ricavati da questi quadri. L’idea è comunque di andare avanti, senza aspettarsi numeri di vendita, con l’unico scopo di indagare sulle prospettive di collaborazione tra design e arte, meglio tra mobili e arte.
Un approccio che esisteva già dall’Arts&Crafts a Depero fino ai giorni nostri, ma che oggi torna con la volontà di tracciare una (inter)relazione tra le diverse discipline. Certo, nulla di nuovo, pensiamo al Bauhaus e al fare arte in connessione con l’industria, una cosa che, secondo me, gli artisti di oggi non dovrebbero scartare: gli artisti devono ricominciare a dialogare con la società produttiva, come hanno fatto in tanti nella storia, sia per il grafic design che per la pubblicità, che sulla produzione di mobili».
Nulla di nuovo, ma qualcosa che vuole essere riportato alla luce.
«Si, una curiosità reciproca tra il mondo della produzione e dell’arte, laddove l’arte si propone come creatrice di mondi che esulano dalle necessità che impone la produzione. Personalmente, trovo coraggioso che Icon’s si sia lanciata in una collaborazione non necessariamente lucrativa, che comunque sarebbe una conferma, ma con l’idea cardine di indagare le connessioni tra la produzione del mobile e l’immaginario artistico».
Una nuova linea quella di Icon’s Milano che, a partire dalla serata dell’8 giugno, quando verranno svelati al pubblico i prodotti del progetto Art Back Home, si presenterà come un tentativo, un’idea nuova e allo stesso tempo una curiosità che dimostra ancora la presenza di una vena creativa e sperimentale nella produzione di mobili per l’arredamento degli interni.