22 maggio 2007

design_ resoconti Oltre il progetto Milano, Segheria

 
Oltre il progetto, l’installazione realizzata da Claudio Silvestrin, lascia il segno anche dopo il Salone del Mobile. Con le sue strade di riso, zolfo e oro che portano fuori dai luoghi comuni...

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“Sono stato educato a credere che l’architettura fosse l’arte più completa, quella forma che fa da ponte tra l’uomo e la natura, la terra e il cielo, le divinità e i mortali. Ho creduto, e credo tutt’ora, che fare architettura sia fare poesia sulla terra e con la terra; che l’architettura abbia il compito di darci l’emozione della materia, dello spazio, della luce, dell’acqua”. Così Claudio Silvestrin inizia il reading di brani tratti dal suo libro di imminente pubblicazione la sera dell’inaugurazione di Oltre il progetto, serie di installazioni realizzate per il Fuori Salone di Milano.
Classe 1954, uno studio a Londra fin dal 1989 e da pochi mesi uno anche a Milano, ricercatissimo dai committenti più cool come Armani e Calvin Klein, Silvestrin ha progettato oggetti di design, spazi museali e retail alle più varie latitudini geografiche. Lui, Silvestrin, vive il suo lavoro come una “missione” e, con l’afflato del “costruttore del mondo”, nel cortile dell’ex fabbrica della Segheria recita brani di poesia Sufi e cita Platone e Ovidio. “La buona architettura ci rende silenti”, afferma, mentre nella sala contigua 54 scritte luminose fluttuano intorno ad altrettante croci bianche conficcate al suolo, alludendo alle “parole messe in croce” dalla nostra civiltà: natura, bellezza, invisibile.
All’alluvione semantica di segni e immagini che caratterizza la contemporaneità Silvestrin contrappone un universo rarefatto, aniconico, in cui coniuga le qualità tattili di materiali rigorosamente naturali con la purezza della geometria elementare. E non importa che si tratti di tavoli o edifici, di negozi o musei, perché è sempre una medesima lucida poetica che li in-forma e che aspira a superare istanze puramente linguistiche e funzionalistiche per collocare ogni atto progettuale entro l’orizzonte culturale che gli è più proprio, quello dell’antropologia.
Claudio Silvestrin, Stanza del Sogno, installazione, 2007
Solo l’uomo infatti non si adatta all’ambiente ma adatta l’ambiente a sé, sovrapponendo a una natura che lo eccede un mondo artificiale abitabile, ospitale e misurato. In questo senso costruire è l’opera d’arte originaria. Azione contro natura, sfida prometeica agli dei: oltraggio così carico di hybris da essere sacralizzato presso tutti i popoli della terra.
Per questa via Silvestrin scava in una specie di archeologia con l’intenzione di rievocare le forme archetipe dello spazio e dei prodotti d’uso, e la loro primigenia aura. Basti pensare al rivoluzionato concept delle panetterie Princi, in cui rielabora i simboli del fuoco e dell’acqua, alla base della panificazione, come metafore del passaggio dal crudo al cotto sia in ambito alimentare (Levy-Strauss) sia architettonico (dalla pietra a secco al mattone cotto, Gregotti), o alla cucina Terra di Minotti (premio miglior design 2006), che sembra un altare alla forza primordiale della pietra.
Non sono semplici costruzioni, le sue, ma oggetti metafisici, spazi assoluti che sigillano aree di luce e arcani silenzi. Come quelli realizzati nella seconda opera presentata durante la serata e dedicata al capoluogo lombardo. Otto vie immaginarie lastricate di materiali ancestrali come la sabbia, il riso, l’ulivo, l’oro, lo zolfo, vanno a incrociarsi al centro di un volume circolare su cui è proiettata la mappa di Milano. La rappresentazione della realtà viene così sublimata in un’immagine trasognata per schiudere, questa volta entro l’orizzonte profano delle metropoli occidentali, simboli fondativi dimenticati. Sono vie preziose che attraversano il tessuto amorfo della città trasmutandola in un altrove, in un luogo totalmente altro, impermeabile al mondo caotico della quotidianità.
Claudio Silvestrin, Stanza della Contemplazione, installazione, 2007
Una Milano che sa ritrovare, come ai tempi delle “città ideali” del Filerete, la carica visionaria dell’utopia e la forza culturale del progetto.
All’interno di un circuito Fuori Salone, quest’anno avaro di installazioni coraggiose, è stato questo uno degli eventi più interessanti. Una lezione di lucidità critica e profondità immaginativa sui fondamenti antropologici delle discipline progettuali, contro una concezione del design ormai sempre più “obbediente” alle logiche di banale stilizzazione dell’esistente.

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mostra visitata il 18 aprile 2007


Claudio Silvestrin. Oltre il Progetto
Fuori Salone del Mobile di Milano 18 – 23 aprile 2007
Milano, Segheria, via G. Meda 24
A cura di Tanja Solci
Info: media@tanjasolcistudio.it


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