Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
01
luglio 2010
design_interviste Istanbul disegnata
Design
Il design approda a Istanbul per una nuova design week, fino al 3 luglio, intorno al landmark della città: il ponte di Galata. Ne parliamo con Sarhan Gurkan, già presente alla kermesse milanese da Superstudio...
di Giulia Zappa
L’ultima collezione che hai
presentato a Superstudio, Cok-çok, è animata dallo spirito “play with less to create
more”: una
frase che rispecchia il tuo approccio alla progettazione, o anche il più ampio
contesto del design contemporaneo?
Viviamo nell’epoca dell’accesso,
in cui tutto è disponibile. Come designer, siamo fortunati (ovviamente se sei
tu il designer fortunato) perché possiamo giocare con qualsiasi forma, complici
anche le nuove tecnologie e il loro sconfinamento nel mondo virtuale. Viziati
dalla moda, che crea tendenze e abitudini di consumo, non sappiamo desistere
dalla nostra pulsione verso il possesso. Cok-çok è nato da questi presupposti. Ho
iniziato a chiedermi quali desideri avrebbe dovuto soddisfare la mia libreria,
scoprendo che la risposta era condizionata dal mutare dei miei stati d’animo.
Un giorno ho pensato che se fossi stato in grado di sintetizzare in un solo
oggetto almeno molte fra tutte le aspettative che mi facevo… Così, ho messo
insieme qualcosa di divertente, elegante, funzionale, senza tempo, dai
materiali e dalle tonalità calde. Tutto questo grazie agli scaffali portanti e
alle scatole intercambiabili in plexiglas.
Love generation, Fetish Gazelle, Madame Bovary: il desiderio e il possesso
sono temi ricorrenti nei tuoi progetti. Rendere esplicita la nostra ossessione
per gli oggetti rende più sano e sincero il nostro rapporto con loro?
Tendo a distinguere la mia
collezione Fetish
da tutti i miei altri lavori. Il suo processo di creazione è molto peculiare,
poiché cerca soltanto di investigare, enfatizzandolo, il rapporto tra oggetto e
possessore, facendo delle forme uno strumento da indirizzare verso l’effetto
finale. Con Fetish,
il punto era capire quando i mobili avrebbero incominciato ad avere una
relazione con noi, fino a che punto sarebbero stati in grado di sopraffarci,
spaventandoci, tentandoci o magari perfino dominandoci.
La tua città, Istanbul, viene
sempre chiamata in causa per questa dualità tra Europa e Oriente. In che modo
lo stile classico contemporaneo si rapporta con l’eredità europea, bizantina e
ottomana?
Non soltanto i bizantini e gli
ottomani, noi abbiamo anche l’incredibile storia dell’Anatolia, dove troviamo
la prima civilizzazione a oggi conosciuta, quella di Catalhoyuk. Come turchi,
siamo fortunati a sperimentare tutto questo e a poter giocare con le tracce di
quest’enorme bagaglio culturale. Come designer, ci stiamo confrontando proprio
adesso con questa eredità, finora inesplorata, tentando di portarlo nuovamente
nella vita di tutti i giorni. Senza cadere nei facili cliché, ad esempio
l’identificazione e l’abuso – sbagliato – con gli arabeschi.
Dal
tuo personale punto di vista, quali potrebbero essere le tappe di un tour fra
le proposte della Istanbul Design Week?
Oltre all’esposizione sul ponte di
Galata, consiglio di farsi un giro per le stradine di Galata, Tunnel, Curkuma.
Quanto ai nomi, Sema Topaloglu, Autoban, Lunapark e Deniz Tunç sono senz’altro
alcuni dei designer da non perdere.
presentato a Superstudio, Cok-çok, è animata dallo spirito “play with less to create
more”: una
frase che rispecchia il tuo approccio alla progettazione, o anche il più ampio
contesto del design contemporaneo?
Viviamo nell’epoca dell’accesso,
in cui tutto è disponibile. Come designer, siamo fortunati (ovviamente se sei
tu il designer fortunato) perché possiamo giocare con qualsiasi forma, complici
anche le nuove tecnologie e il loro sconfinamento nel mondo virtuale. Viziati
dalla moda, che crea tendenze e abitudini di consumo, non sappiamo desistere
dalla nostra pulsione verso il possesso. Cok-çok è nato da questi presupposti. Ho
iniziato a chiedermi quali desideri avrebbe dovuto soddisfare la mia libreria,
scoprendo che la risposta era condizionata dal mutare dei miei stati d’animo.
Un giorno ho pensato che se fossi stato in grado di sintetizzare in un solo
oggetto almeno molte fra tutte le aspettative che mi facevo… Così, ho messo
insieme qualcosa di divertente, elegante, funzionale, senza tempo, dai
materiali e dalle tonalità calde. Tutto questo grazie agli scaffali portanti e
alle scatole intercambiabili in plexiglas.
Love generation, Fetish Gazelle, Madame Bovary: il desiderio e il possesso
sono temi ricorrenti nei tuoi progetti. Rendere esplicita la nostra ossessione
per gli oggetti rende più sano e sincero il nostro rapporto con loro?
Tendo a distinguere la mia
collezione Fetish
da tutti i miei altri lavori. Il suo processo di creazione è molto peculiare,
poiché cerca soltanto di investigare, enfatizzandolo, il rapporto tra oggetto e
possessore, facendo delle forme uno strumento da indirizzare verso l’effetto
finale. Con Fetish,
il punto era capire quando i mobili avrebbero incominciato ad avere una
relazione con noi, fino a che punto sarebbero stati in grado di sopraffarci,
spaventandoci, tentandoci o magari perfino dominandoci.
La tua città, Istanbul, viene
sempre chiamata in causa per questa dualità tra Europa e Oriente. In che modo
lo stile classico contemporaneo si rapporta con l’eredità europea, bizantina e
ottomana?
Non soltanto i bizantini e gli
ottomani, noi abbiamo anche l’incredibile storia dell’Anatolia, dove troviamo
la prima civilizzazione a oggi conosciuta, quella di Catalhoyuk. Come turchi,
siamo fortunati a sperimentare tutto questo e a poter giocare con le tracce di
quest’enorme bagaglio culturale. Come designer, ci stiamo confrontando proprio
adesso con questa eredità, finora inesplorata, tentando di portarlo nuovamente
nella vita di tutti i giorni. Senza cadere nei facili cliché, ad esempio
l’identificazione e l’abuso – sbagliato – con gli arabeschi.
Dal
tuo personale punto di vista, quali potrebbero essere le tappe di un tour fra
le proposte della Istanbul Design Week?
Oltre all’esposizione sul ponte di
Galata, consiglio di farsi un giro per le stradine di Galata, Tunnel, Curkuma.
Quanto ai nomi, Sema Topaloglu, Autoban, Lunapark e Deniz Tunç sono senz’altro
alcuni dei designer da non perdere.
articoli correlati
Design
a Superstudio
L’altra
Istanbul all’Ara Pacis
La
Biennale turca alla decima edizione
a cura di giulia zappa
la rubrica design è diretta da valia barriello
[exibart]