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04
febbraio 2010
design_luoghi Centro Studi Dante Bighi
Design
L’ex dimora-atelier di un poliedrico artista sembra esser diventata un organismo vivente. La destinazione d'uso a Centro Studi ha compiuto la magia e ha animato la semplice residenza. Che ora è viva e vegeta...
Viva
perché abitata, riscaldata da una quotidianità estrosa ma rispettosa; profumata
di buone pratiche, piccole ritualità e lessici familiari. Vegeta perché
rigogliosa di avventure antiche, evocate e raccontate; di avventure nuove
progettate e realizzate. E ancora: vegeta nel senso meno figurato possibile,
raccolta nel crescere armonico di un parco caldo come nido, nell’affastellarsi
buio e fresco di foglie e ombre.
Villa
Bighi a Copparo, appena dopo Ferrara, vive vegeta e pulsa. È stata la casa di Dante
Bighi, fotografo,
artista, grafico estroso e geniale. Sono sue alcune tra le immagini coordinate
che hanno segnato gli anni del boom: dalle due tazzine incrociate della Illy al monogramma ds, crismon del Dio pallone che per decenni si
è fatto etere, una volta alla settimana, nell’epifania della Domenica
Sportiva.
Villa
Bighi è stata l’unica architettura ideata dal suo inquilino, folgorato da Aalto e dal mondo organico. Villa Bighi
è stata il buen retiro di uno spericolato, disperato viaggiatore ubriaco di mare: raccoglie
memorabilia di regate e traversate, mescola remoto artigianato orientale al
ricordo di quegli amici così nouveau réalisme: Restany, Christo.
Villa
Bighi è stata un’isola di Tortuga, miraggio sperduto in un mare di nebbia e
caligine; un porto nel quale riparare per inventare nuove furibonde avventure.
E come tale non poteva, fisiologicamente, essere conservata in formalina. Non
poteva oggi, a quindici anni dalla scomparsa del suo pirata, resistere come
atelier-museo, il cellophane sul divano e la polvere sulle mensole.
Villa
Bighi non poteva che vivere. Lo fa in una dimensione equilibrata, la cui unica
regola è creatività. Negli spazi della villa coesistono uno studio di
architettura e il Centro Studi che si fa carico della tutela e della valorizzazione
del patrimonio artistico di Bighi: due facce della stessa medaglia, un’unica
comunità di creativi – età media decisamente bassa – che coopera, spinge sulla
Villa come sui pedali di una bici, per accendere una dinamo che illumini la
felina sonnolenza di provincia.
Mostre,
concerti, convegni, incontri sui temi più disparati; dal jazz alla fotografia,
dalla performance teatrale all’urbanistica: le stanze e il parco della Villa si
animano di eventi, si fanno approdo sicuro dove poter leggere suoni e immagini.
Non un museo, semmai una wunderkammer un po’ sixties, con mobili di design, opere d’arte e – perché no? –
qualche ninnolo un po’ kitsch.
In
fin dei conti, una scatola per cose belle: sia tangibili, sia eteree; anzi,
forse soprattutto sfuggenti e ingannevoli come immagini riflesse nell’acqua.
Perché il pregio più grande di questo piccolo posto è dato dall’atmosfera,
dalla fusione tra la presenza del passato e l’agilità del presente; dalla
serietà con cui si auto-candida a piattaforma sperimentale per un nuovo
concetto di luogo d’arte. Un vero e proprio “Centro di elaborazione e
produzione del Contemporaneo”.
Che
già pensa in grande: puntando ad aprire una foresteria a uso residenza per
artisti e studiosi. Che già pensa in rete: lavorando per riunire in cartello
altre esperienze analoghe sparse per la Romagna, come quella rappresentata
dalla Casa Museo Remo Brindisi a Lido di Spina.
perché abitata, riscaldata da una quotidianità estrosa ma rispettosa; profumata
di buone pratiche, piccole ritualità e lessici familiari. Vegeta perché
rigogliosa di avventure antiche, evocate e raccontate; di avventure nuove
progettate e realizzate. E ancora: vegeta nel senso meno figurato possibile,
raccolta nel crescere armonico di un parco caldo come nido, nell’affastellarsi
buio e fresco di foglie e ombre.
Villa
Bighi a Copparo, appena dopo Ferrara, vive vegeta e pulsa. È stata la casa di Dante
Bighi, fotografo,
artista, grafico estroso e geniale. Sono sue alcune tra le immagini coordinate
che hanno segnato gli anni del boom: dalle due tazzine incrociate della Illy al monogramma ds, crismon del Dio pallone che per decenni si
è fatto etere, una volta alla settimana, nell’epifania della Domenica
Sportiva.
Villa
Bighi è stata l’unica architettura ideata dal suo inquilino, folgorato da Aalto e dal mondo organico. Villa Bighi
è stata il buen retiro di uno spericolato, disperato viaggiatore ubriaco di mare: raccoglie
memorabilia di regate e traversate, mescola remoto artigianato orientale al
ricordo di quegli amici così nouveau réalisme: Restany, Christo.
Villa
Bighi è stata un’isola di Tortuga, miraggio sperduto in un mare di nebbia e
caligine; un porto nel quale riparare per inventare nuove furibonde avventure.
E come tale non poteva, fisiologicamente, essere conservata in formalina. Non
poteva oggi, a quindici anni dalla scomparsa del suo pirata, resistere come
atelier-museo, il cellophane sul divano e la polvere sulle mensole.
Villa
Bighi non poteva che vivere. Lo fa in una dimensione equilibrata, la cui unica
regola è creatività. Negli spazi della villa coesistono uno studio di
architettura e il Centro Studi che si fa carico della tutela e della valorizzazione
del patrimonio artistico di Bighi: due facce della stessa medaglia, un’unica
comunità di creativi – età media decisamente bassa – che coopera, spinge sulla
Villa come sui pedali di una bici, per accendere una dinamo che illumini la
felina sonnolenza di provincia.
Mostre,
concerti, convegni, incontri sui temi più disparati; dal jazz alla fotografia,
dalla performance teatrale all’urbanistica: le stanze e il parco della Villa si
animano di eventi, si fanno approdo sicuro dove poter leggere suoni e immagini.
Non un museo, semmai una wunderkammer un po’ sixties, con mobili di design, opere d’arte e – perché no? –
qualche ninnolo un po’ kitsch.
In
fin dei conti, una scatola per cose belle: sia tangibili, sia eteree; anzi,
forse soprattutto sfuggenti e ingannevoli come immagini riflesse nell’acqua.
Perché il pregio più grande di questo piccolo posto è dato dall’atmosfera,
dalla fusione tra la presenza del passato e l’agilità del presente; dalla
serietà con cui si auto-candida a piattaforma sperimentale per un nuovo
concetto di luogo d’arte. Un vero e proprio “Centro di elaborazione e
produzione del Contemporaneo”.
Che
già pensa in grande: puntando ad aprire una foresteria a uso residenza per
artisti e studiosi. Che già pensa in rete: lavorando per riunire in cartello
altre esperienze analoghe sparse per la Romagna, come quella rappresentata
dalla Casa Museo Remo Brindisi a Lido di Spina.
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la rubrica design è diretta da valia barriello
Centro Studi Dante Bighi
Via Marino Carletti, 110 – 44034 Copparo (FE)
Info: tel. +39 0532861339; fax +39 0532861339; nfo@dantebighi.org
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