Un anno fa, il Ministero della Grafica aveva indetto un
concorso di grafica italiana, esteso a tutti i professionisti che avessero un
progetto realizzato nell’anno precedente, eletto i vincitori in Triennale,
pubblicato un libro-raccolta, e lanciato il bando per un bis. Un esordio
importante, nel sacro tempio del design, ma di modeste dimensioni.
Quest’anno, con l’arrivo dei primi progetti, il Ministero
si è accorto che l’adesione andava oltre i numeri sperati, e si è trovato a
dover selezionare più di 1300 proposte. Ma, nonostante
i numeri iniziali, nessuno probabilmente si aspettava il successo che ha
avuto l’apertura della mostra. In coda per la grafica, questa la situazione
della serata inaugurale di
Spaghetti Grafica 2. Tutti in fila, fra nerd, grafici
e designer che hanno rigorosamente rispettato il
dress code: abiti rigorosamente neri e
gialli.
Un grafico sicuramente non si fa ripetere una seconda
volta di “
osare con il colore”. Ecco allora spuntare magliette dipinte a mano per l’occasione,
scarpette zebrate in giallo, le leggins più cool e accessori color limone. Una
volta entrati, tra la folla, si è catapultati nel mondo grafico fatto
d’immagini, progetti e studi.
Su tutta una parete, grandi riproduzioni dei progetti
vincitori (125); sulla parete opposta, le immagini dei rispettivi studi (95);
al centro, una foresta verticale di piccoli libri.
Le brochure che illustrano i
progetti penzolano dal soffitto, appese a diverse altezze, di modo che,
passeggiando per la sala, tutti i visitatori – quasi come api – possano posarsi
di catalogo in catalogo, sfogliando più o meno comodamente, a seconda della
propria statura. Sono molti i progetti che meriterebbero più d’una veloce
occhiata; per questo interessante è la scelta di posizionare anche quattro
tavoli con i portfolio completi degli studi.
È stato bello così, dopo il bagno di folla, di volti, di
amici e sconosciuti, tornare a sedersi con calma e osservare. Sfogliando ogni
singolo catalogo si scoprono progetti per l’editoria come quello di
Maurizio
Ceccato per la
Elliot Edizioni,
o quello del genovese
Studiofluo per la rivista
Oxygen. Studi d’immagine coordinata con
relativo lettering, come per il logo Fattorie Romeo del Castello dello studio
italo-tedesco
Ondesign o di
Manu7 per
La
Piadina
. Progetti di packaging design, come quello per la Rinascente
a cura di
45 gradi e tanti altri degni di nota.
Alcuni progetti sono familiari perché sono il giornale che abbiamo letto,
l’etichetta del vino che abbiamo bevuto o il poster che abbiamo osservato
aspettando l’autobus.
Il successo che ha questa mostra non è tanto importante
perché evento ben riuscito, ma perché pare abbia risvegliato alcune coscienze
sopite in merito alla grafica italiana e, in particolar modo, alla professione
del graphic designer, troppo a lungo trascurata.
Prima di uscire, sulla parete opposta a quella dei
progetti, ci sono le grandi riproduzioni degli studi dei grafici. Si può così
curiosare, fra le mura degli spazi di lavoro, a volte domestici, a volte
composti da una semplice poltrona, altre con un apparente ordine, ma tutti con
un elemento comune sempre presente, il grande assente alla serata di gala, ma
fido braccio destro per ogni grafico: un Mac in stand by.