Se si pensa all’intero ciclo di vita di un oggetto, si
immaginano la sua ideazione, la progettazione con le varie fasi di
prototipazione, la produzione, la messa in vendita, l’utilizzo e infine lo
smaltimento. Ultimamente non si può più associare alla dismissione di un
prodotto la morte dell’oggetto, perché è proprio da questa fase che inizia la
sua seconda vita, o meglio la sua rinascita.
Il Conai – Consorzio Nazionale Imballaggi sembra aver
rivisitato, per la settimana nazionale del riciclo tenutasi dal 13 al 18
novembre scorsi, il motto di
Bruno Munari: “
Da cosa nasce cosa”.
Sostituendo il verbo nascere con ‘rinascere’, la frase del
più grande maestro di design assume un significato ciclico. Ed è proprio su
questo principio ciclico di riuso dei materiali che si basano i principi dell’eco-design.
Un oggetto, per esser definito eco, non deve più semplicemente essere fatto con
un materiale che successivamente potrà essere riciclato, ma con un materiale già
riciclato in partenza e magari ancora riciclabile in futuro.
Oltre al Conai sono nate fiere, mostre e associazioni che
si occupano di promuovere e diffondere le basi della
green economy; alla fine di ottobre si è
conclusa a Rimini una delle più grandi kermesse internazionali sul recupero di
materia, energia e sviluppo sostenibile, Ecomondo.
La stessa fiera riminese, in
occasione dell’edizione del 2005, aveva promosso una campagna per informare e
sensibilizzare lo sviluppo sostenibile con la prima mostra europea sul tema,
Ecofatto, che negli anni successivi è
diventato un progetto itinerante, per dimostrare come si possono ridurre l’impiego
di materie prime e di energia, e soprattutto come i prodotti finali possano
essere non solo etici, ma anche gradevoli e utili oggetti di design.
Il designer con in mano un materiale riciclato riesce a
dar vita a un prodotto che il più delle volte si discosta completamente dall’oggetto
d’origine. I prodotti sul mercato e gli esempi sono tanti: ogni giorno si
scopre quale nuova forma può assumere la vecchia lattina o in che modo si possa
indossare la carta.
Per questa ragione occorre sapersi orientare fra i mille
prodotti. Utilizzando le basi del riciclo seguirà ora una piccola raccolta
differenziata del design, un progetto per ogni materiale.
Partiamo dal cartone, il materiale dei classici scatoloni:
nelle mani di
Paolo Ulian divennero il paravento
Pinocchio (1990). Con questo progetto Ulian
precorse i tempi e anticipò quella che sarebbe poi diventata la filosofia eco;
se ne accorse
Domus e per Paolo questa fu la prima di una lunga serie di pubblicazioni.
La carta di giornale, la cosiddetta cartastraccia, può
diventare anche una seduta. Il designer belga
Charles Kaisin interviene su una vecchia sedia,
rivestendola interamente di striscioline di carta:
Hairy chair, un esperimento provocatorio al
confine fra arte e design, per risvegliare le coscienze in tema di riciclo.
Non bisogna dimenticare che alcuni materiali, come il
vetro, non sono presenti semplicemente nei prodotti di più facile consumo come
le bottiglie, ma anche in altri oggetti che, seppur di uso quotidiano,
trascuriamo al momento del riciclo. Un esempio? Gli occhiali.
Stuart
Haygarth con
lenti di occhiali ha creato il lampadario
Optical.
Per il legno, oltre alla famosa sedia dei
fratelli
Campana realizzata interamente con scarti di lavorazione, è sufficiente osservare i
prodotti usciti dal concorso Legno d’ingegno indetto da Rilegno, consorzio
nazionale per raccolta, riciclo e recupero degli imballaggi. Tra gli oggetti
interessanti, la libreria tutta di bancali
Pallet Book di
Gilberto Pescatore. L’alluminio ritorna in tavola
grazie al designer
Denis Santachiara e all’azienda Regenesi (si occupa esclusivamente di
produrre oggetti con materiali riciclati) con una linea di piatti
Alutable, composta interamente di
alluminio satinato riciclato e riciclabile al 100%. Lo studio svedese
Berhin, che basa la sua intera filosofia
di progettazione su principi ecosostenibili, ha realizzato una collezione di
sedie fatte in pet felt, materiale ottenuto dal riciclo delle bottiglie di
plastica.
Questi sono solo alcuni esempi dei sempre più numerosi
oggetti di ecodesign. Considerando che anche noi siamo artefici della prima
fase di questo processo, ovvero il riciclo, sapendo ora che fine faranno i
nostri rifiuti, differenziamo con cura.