Categorie: Design

design_opinioni | Il decennio degli oggetti liquidi

di - 25 Febbraio 2010
Nel 1973, il designer Victor Papanek scrisse Progettare
per il mondo reale
, saggio sulle vie che avrebbe dovuto perseguire il disegno
industriale per rimanere uno strumento del popolo. Qualcosa già verso la fine
del XX secolo stava cambiando se la disciplina, nata come risposta alle
esigenze delle persone, veniva messa in discussione dai suoi stessi creatori.
Papanek aveva notato in nuce quei sintomi che
hanno portato negli ultimi anni del Novecento alla modernizzazione del design:
l’utilizzo di nuove tecnologie, l’introduzione di materiali innovativi,
l’ingrandimento dei mercati e il protagonismo dei designer. Ma se questa storia
recente del design fa oramai parte del nostro background culturale, non
possiamo dire lo stesso per la storia contemporanea, quella degli ultimi dieci
anni, che è in continua e frenetica trasformazione.
Per analizzare i cambiamenti del design, come
fece Papanek, occorre osservare la società e lo stretto rapporto che ha con il
disegno industriale. Per questa ragione, bisogna partire dall’inizio del
secolo, nel 2000, anno in cui il sociologo Zygmunt Bauman ha steso un saggio
sui cambiamenti della modernità, Liquid Modernity, in cui descriveva i
processi di trasformazione come “transitori, modificabili e sperimentali”. E sono proprio
questi processi che si diffondono in tutte le attività dello Stato, nella
politica, nelle istituzioni, nel mercato e persino nelle arti.
È stato poi un designer, Andrea Branzi, a riflettere su come
questa nuova liquidità abbia invaso completamente anche il mondo della
progettazione.

Il XX secolo è stato il secolo d’oro del
disegno industriale, il secolo della meccanica, in cui vigeva come legge il
rapporto forma-funzione e l’oggetto rispondeva a finalità chiare e
riconoscibili. Verso la fine del secolo, i primi sintomi del fermento moderno
furono colti dal movimento radical italiano, ad esempio dagli Archizoom, che cercarono di
sfruttare positivamente i nuovi aspetti mobili e di riconciliare l’universo
progettuale architettonico con il design.
L’ingresso vero e proprio nel nuovo secolo “pulviscolare
e diffuso
” ha reso desueto del tutto il principio cardine del design, e la
forma, svincolata dalla funzione, si è ritrovata libera da legami, liquida.
L’oggetto, sempre più leggero e mobile, ha trovato il suo habitat naturale in
un ambiente fluido, dove poter essere continuamente riposizionato e
reinventato. Sembra quasi che l’oggetto di design si sia adattato alle nuove
composizioni delle città, non più costituite da rigide maglie stradali, ma “metropoli
genetiche”
. Non a caso, lo stesso Branzi, nel 2007, ha curato una mostra in
Triennale dal titolo Il paesaggio mobile del nuovo design italiano, in cui gli oggetti
erano esposti su un nastro trasportatore in continuo movimento. L’allestimento
dimostra l’inafferrabilità del design, che non può essere osservato stando
fermi, perché è troppo veloce, va quasi inseguito, rincorso, obbligando il
fruitore a stare al passo, non solo fisicamente, ma anche coi tempi.
Ed è così il design che abbiamo potuto
osservare in questi anni: rapido, in perenne sviluppo, trepidante di assumere
una nuova forma e poi un’altra ancora, svincolato da vecchi principi, libero
tra gli spazi interstiziali delle città e, in particolar modo, diffuso. E sono
proprio la diffusione del design e il suo sconfinare in altri campi, che ha
reso propri, come il mondo web, del food, del graphic e della comunicazione, a
conferirgli maggiormente questa etichetta di fluidità. E quale mondo può
essere più pulviscolare della rete, o più liquido del food, o più immediato
della grafica, o ancora più diffuso della comunicazione? Il design è diventato
talmente liquido che, in alcuni casi, ha anche abbandonato una qualsiasi forma,
lo stadio di oggetto, ed è diventato qualcosa di pulviscolare ma altrettanto
reale.
La modernità debole e diffusa del decennio che
abbiamo appena vissuto ha portato quindi l’oggetto a uno stadio liquido che,
seppur in continua trasformazione, ha mantenuto come caratteristica costante la
sua viscosità. Dopo la crisi del 2009, non ancora conclusa, quale sarà lo
stadio successivo che assumerà l’oggetto di design?

valia bariello


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n.
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