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31
ottobre 2008
design_progetti Le tre metà del cielo
Design
Il Veneto vanta la più alta densità creativa per metro quadro del pianeta. Ora, grazie anche al nuovo brand regionale InnovEtion Valley, ha tutte le carte in regola per diventare il perno, felicemente fuori asse, fra il design milanese e quello torinese...
La storia del design è la storia di un cielo diviso in due. Sorto sul crinale fra arte e tecnologia, il disegno industriale si è sempre nutrito della sua natura felicemente ambigua. Oggi, però, nel nord Italia i cieli del design sono tre: Milano, Torino, e il Veneto; rispettivamente: l′anima artistica del progetto industriale, l′erede “fresco” del funzionalismo storico, e la metropoli diffusa teorizzata da Richard Florida come milieu ideale per lo sviluppo della nuova creatività “liquida” del XXI secolo. Ed è proprio grazie a queste caratteristiche che il Veneto potrebbe assumere il ruolo di laboratorio di incontro tra le due anime del design italiano; quella artistica del “significato” degli oggetti e quella pragmatica dei servizi sostenibili.
In realtà, il design italiano è conosciuto nel mondo soprattutto per la sua eccellenza nei settori delle tre F: furniture, food, fashion (che in italiano diventano le tre A: arredamento, alimentazione, abbigliamento), cioè i prodotti ad alto contenuto di senso. In questo campo Milano detiene ancora il primato internazionale. Ma se guarda a ovest, vede una Torino che nel 2008 è stata nominata capitale mondiale del design; e se guarda a est, vede un Veneto che vanta il più alto indice mondiale di densità creativa per metro quadro e che oggi si fa chiamare InnovEtion Valley, dove il “Ve” sta appunto per Veneto.
Le cose sono in fermento. Se il peso delle vecchia generazione rende i riflessi delle menti pensanti del design milanese poco reattive nei confronti della generazione transnazionale di giovani, che sta emergendo a livello globale e per la quale l′emozione dell′oggetto è inscindibile dalla sua sostenibilità; Torino, con la sua tradizione industriale “forte” facente capo a esperienze come quelle di Fiat e Olivetti, ha giustamente scelto di privilegiare un′idea più “anglosassone” di design, caratterizzata da una maggiore attenzione al ruolo che il progetto può avere nella creazione di una civitas della sostenibilità e dei servizi, un po′ perché sarebbe stato incauto sfidare la capitale meneghina sul terreno del design ad alto valore semantico, un po′ perché questa è la direzione verso cui sta andando il mondo.
Tale è dunque la geopolitica del design italiano, in cui InnovEtion Valley potrebbe iniziare un percorso di progressivo placement come punto di incontro – ancorché decentrato e proprio per questo proficuamente “inquieto” – delle due anime del design, quella tradizionale artistico-semantica, che fa capo a Milano, e quella nascente sostenibile-pragmatica, di cui Torino punta a diventare il centro di riferimento della penisola.
Non è una sfida impossibile. Con la sua rete di 450mila imprese che spaziano dal fashion al design alla tecnologia, il Veneto si presenta oggi come una Los Angeles di cinque milioni di abitanti, con una altissima densità creativa, anche se non ne sembra ancora pienamente consapevole. Proprio per questo è nato il progetto InnovEtion Valley, la vision che il direttore di Fuoribiennale Cristiano Seganfreddo propone al Veneto come metropoli creativa diffusa, per far venire alla luce quello che c′è già e innescare “profondi cambiamenti nella coscienza collettiva. Un cambiamento epocale a un territorio che negli ultimi quarant’anni sembra abbia prodotto solo ‘schei′ e ancora ‘schei′: il Veneto ha invece prodotto cultura straordinaria attraverso la sua capacità di seduzione che ha influenzato la società internazionale con stili di vita e mode, come nessun altro in Italia”.
Che questa visione non sia campata in aria lo dimostra la sfilza di realtà imprenditoriali venete che, solo nella moda, vanta aziende come Luxottica, Benetton, Diadora, Geox, Nordica, Regina Regis, Replay, Stefanel, Bonotto, Dainese, Gas, Rino Mastrotto, Valentino Fashion Group, Zanella, Mauro Grifoni e Seventy, per citarne solo alcuni. E poi ancora nel design con Bisazza, Campagnolo, Zamperla, Minotti Cucine, Alpes, Bosa Ceramiche, Gruppo Manfrotto, Arper, Bellato Pallucco, De Longhi, Magis, Bonaldo, Lago, Coin, Foscarini e Valcucine fra le aziende; Alberto Del Biondi, JoeVelluto, Barbara Uderzo, Tobia Scarpa, Carlo Dal Bianco, Silvia Cogo e Fabrica fra designer e studi di design, e anche in questo caso gli elenchi non possono essere che incompleti.
Forte di questa densità creativa semantica e pragmatica il progetto InnovEtion Valley punta a farsi network di aziende, artisti e designer, oltre che vivace incubatore di iniziative come l′Adunata del Contemporaneo che si è tenuta il 6 settembre a Bassano del Grappa. La sfida è quella di dare al Veneto una corporate image design-oriented (o creative-oriented) da spendere nel mondo.
Perché se il valore aggiunto del design non è più nelle cose ma nelle esperienze, è sulla scala delle esperienze reali, intense ed emozionanti che si misura il design del XXI secolo. Che non sarà né solido né liquido ma denso, capace di preservare i gradi di libertà della società liquida senza per questo lasciare che il vissuto quotidiano delle persone si sfilacci nella perdita di senso. Non solo emozione, non solo sostenibilità, ma emozione sostenibile; non solo senso poetico, non solo pragmatismo operativo, ma senso operativo e pragmatica della poesia. Tra Milano e Torino, il Veneto.
In realtà, il design italiano è conosciuto nel mondo soprattutto per la sua eccellenza nei settori delle tre F: furniture, food, fashion (che in italiano diventano le tre A: arredamento, alimentazione, abbigliamento), cioè i prodotti ad alto contenuto di senso. In questo campo Milano detiene ancora il primato internazionale. Ma se guarda a ovest, vede una Torino che nel 2008 è stata nominata capitale mondiale del design; e se guarda a est, vede un Veneto che vanta il più alto indice mondiale di densità creativa per metro quadro e che oggi si fa chiamare InnovEtion Valley, dove il “Ve” sta appunto per Veneto.
Le cose sono in fermento. Se il peso delle vecchia generazione rende i riflessi delle menti pensanti del design milanese poco reattive nei confronti della generazione transnazionale di giovani, che sta emergendo a livello globale e per la quale l′emozione dell′oggetto è inscindibile dalla sua sostenibilità; Torino, con la sua tradizione industriale “forte” facente capo a esperienze come quelle di Fiat e Olivetti, ha giustamente scelto di privilegiare un′idea più “anglosassone” di design, caratterizzata da una maggiore attenzione al ruolo che il progetto può avere nella creazione di una civitas della sostenibilità e dei servizi, un po′ perché sarebbe stato incauto sfidare la capitale meneghina sul terreno del design ad alto valore semantico, un po′ perché questa è la direzione verso cui sta andando il mondo.
Tale è dunque la geopolitica del design italiano, in cui InnovEtion Valley potrebbe iniziare un percorso di progressivo placement come punto di incontro – ancorché decentrato e proprio per questo proficuamente “inquieto” – delle due anime del design, quella tradizionale artistico-semantica, che fa capo a Milano, e quella nascente sostenibile-pragmatica, di cui Torino punta a diventare il centro di riferimento della penisola.
Non è una sfida impossibile. Con la sua rete di 450mila imprese che spaziano dal fashion al design alla tecnologia, il Veneto si presenta oggi come una Los Angeles di cinque milioni di abitanti, con una altissima densità creativa, anche se non ne sembra ancora pienamente consapevole. Proprio per questo è nato il progetto InnovEtion Valley, la vision che il direttore di Fuoribiennale Cristiano Seganfreddo propone al Veneto come metropoli creativa diffusa, per far venire alla luce quello che c′è già e innescare “profondi cambiamenti nella coscienza collettiva. Un cambiamento epocale a un territorio che negli ultimi quarant’anni sembra abbia prodotto solo ‘schei′ e ancora ‘schei′: il Veneto ha invece prodotto cultura straordinaria attraverso la sua capacità di seduzione che ha influenzato la società internazionale con stili di vita e mode, come nessun altro in Italia”.
Che questa visione non sia campata in aria lo dimostra la sfilza di realtà imprenditoriali venete che, solo nella moda, vanta aziende come Luxottica, Benetton, Diadora, Geox, Nordica, Regina Regis, Replay, Stefanel, Bonotto, Dainese, Gas, Rino Mastrotto, Valentino Fashion Group, Zanella, Mauro Grifoni e Seventy, per citarne solo alcuni. E poi ancora nel design con Bisazza, Campagnolo, Zamperla, Minotti Cucine, Alpes, Bosa Ceramiche, Gruppo Manfrotto, Arper, Bellato Pallucco, De Longhi, Magis, Bonaldo, Lago, Coin, Foscarini e Valcucine fra le aziende; Alberto Del Biondi, JoeVelluto, Barbara Uderzo, Tobia Scarpa, Carlo Dal Bianco, Silvia Cogo e Fabrica fra designer e studi di design, e anche in questo caso gli elenchi non possono essere che incompleti.
Forte di questa densità creativa semantica e pragmatica il progetto InnovEtion Valley punta a farsi network di aziende, artisti e designer, oltre che vivace incubatore di iniziative come l′Adunata del Contemporaneo che si è tenuta il 6 settembre a Bassano del Grappa. La sfida è quella di dare al Veneto una corporate image design-oriented (o creative-oriented) da spendere nel mondo.
Perché se il valore aggiunto del design non è più nelle cose ma nelle esperienze, è sulla scala delle esperienze reali, intense ed emozionanti che si misura il design del XXI secolo. Che non sarà né solido né liquido ma denso, capace di preservare i gradi di libertà della società liquida senza per questo lasciare che il vissuto quotidiano delle persone si sfilacci nella perdita di senso. Non solo emozione, non solo sostenibilità, ma emozione sostenibile; non solo senso poetico, non solo pragmatismo operativo, ma senso operativo e pragmatica della poesia. Tra Milano e Torino, il Veneto.
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stefano caggiano
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 52. Te l’eri perso? Abbonati!
[exibart]