Categorie: Design

design_rassegne | Attenti a quei giapponesi

di - 17 Novembre 2003

Tokio Designer’s Week esiste da diciotto anni. E finalmente la perseveranza dei suoi organizzatori comincia ad essere premiata. Nata come Designer’s Saturday, l’obiettivo della rassegna è quello di diffondere tra le nuove generazioni la cultura del design e di promuovere la conoscenza del lifestyle locale ed internazionale.
Per cinque giorni, dal 9 al 13 ottobre, un denso programma di mostre, presentazioni, eventi, convegni e concerti si è svolto all’interno di show-room, gallerie e spazi alternativi dei quartieri di Aoyama, Daikanyama e Odaiba. Una vera festa del design per le strade simbolo della nuova e variopinta generazione giapponese.
Shigeru Uchida, direttore dell’ultima edizione, designer e architetto d’interni, classe ’43, fondatore di Uchida Design Studio nel 1970 e Studio 80 nel 1981, ha fatto quest’anno le cose in grande. Il programma prevede infatti tre mostre principali, Table Exhibition, Container Exhibition e The Way We Sit, incontri con ospiti internazionali, (fra i più interessanti What really is interior design), un ricco calendario di conferenze introdotte da talk about chairs and tables, e una carrellata di video pensati come strumento alternativo di comunicazione del progetto di design.
Ma qual è la proposta dei giapponesi nel mondo del design? Cosa racconta la settimana del design di Tokio?
Table exhibition si svolge ad Ark Hills Karajan Place e raccoglie 150 prototipi inediti di tavoli pensati per gli usi più disparati da architetti e designers in prevalenza giapponesi. Emerge Trans-Table della coppia nippo-francese Gueydan+Kaneko, in acrilico trasparente da riempire in base al proprio umore stagionale con foglie secche o altro. Il messaggio è che anche una tipologia così consolidata si presta a nuove e originali interpretazioni e che la sfida diventa proprio più avvincente e impegnativa quando l’oggetto da ripensare fa parte di uno scenario d’arredo ormai acquisito e quotidiano.
Container Exhibition, allestita in una piazza temporanea ricavata nel nuovo quartiere di Odaiba, un’isola artificiale nei pressi del porto cittadino, dominata da una selva di grattacieli avveniristici e collegata al resto della città da un ponte sospeso e da un trenino su monorotaia, ospita 74 cargo-container disposti a spina di pesce. Al loro interno, i designers asiatici si divertono ad esprimere la propria visione dello spazio attraverso sofisticate tecnologie in grado di coinvolgere e sconvolgere il visitatore con immagini in movimento, colori, suoni e sensazioni tattili sorprendenti.
Container numero 71. L’installazione optical dei giovani Sakai e Takahashi stravolge i canoni della percezione: cubi coperti di specchi in grado di reagire al suono del battimano si spostano da un lato all’altro del container in una danza zebrata e mimetica.
The Way We Sit, la terza mostra, è dedicata agli studenti di una quarantina di università e scuole di design giapponesi impegnati a confrontarsi sul tema della seduta. Ancora una volta un argomento consolidato ma proprio per questo più intrigante da sviscerare ulteriormente nel complesso tentativo di dire qualcosa di nuovo.
Questa festa entusiasmante di colori, di creatività e di libera immaginazione si svolge non a caso “nel distretto della moda di Tokyo, dove vecchie case per appartamenti, solitarie tracce dell’architettura moderna della città, sono state demolite a favore della costruzione di un nuovo edificio di Tadao Ando che fornirà all’area ulteriori migliaia di metri quadrati in più per lo shopping. Le cortine urbane, costellate da boutiques di ogni genere, costituiscono lo sfondo di strade-passerella lungo le quali sfilano masse di ragazzi e ragazze che sfoggiano combinazioni di tutti i prodotti che in quei luoghi possono essere acquistati. Il risultato è eclettico, radicale, maniacale, tipicamente asiatico.
Si possono passare ore ipnotizzati dalla scena, seduti sul marciapiede godendosi questa sorta di sfilate estemporanee. Dalla scarpa all’acconciatura, dalla calza al make-up, qui il confine tra moda e feticismo è sottilissimo.
” (marco pompili).

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Tokio Designer’s Week

francesca oddo

[exibart]

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