Categorie: Design

design_research | Se la creatività è ibrida

di - 16 Luglio 2009

Ci sembra normale ormai pensare a come l’uomo intervenga continuamente sulla natura in termini di compromesso quotidiano. Ma se la natura fosse reintrodotta nel dominio della produzione artificiale e gli artefatti umani rispondessero alle leggi e ai cicli naturali, non sarebbe più appropriato parlare d’interazione? In questa prospettiva, il design diventa lo strumento attraverso cui tre differenti autori, Thomas Traxler, David Bowen e Simon Heijdens svelano la possibilità di nuovi cicli naturali nati da relazioni ibride natura-macchina.

Thomas Traxler si è laureato lo scorso giugno alla Design Academy di Eindhoven, dove ha completato il master IM in concept design. Il suo progetto finale, The idea of a tree, mostra come una macchina industriale possa produrre oggetti seguendo un ciclo di produzione naturale. Traxler ha progettato un processo autonomo di produzione come risultato di una combinazione tra input naturale e processo meccanico. La macchina si attiva al sorgere del sole e si spegne al tramonto poiché alimentata dalla luce solare. E durante il periodo di attività giornaliera produce un unico oggetto, che registra nel colore, nello spessore e nella lunghezza le caratteristiche climatiche locali relative a quel giorno specifico.
L’oggetto si crea attraverso l’avvolgimento di un filo sulla superficie di uno stampo a una velocità che varia a seconda delle condizioni di luminosità. Ciò determina diversi spessori e colorazioni all’interno dello stesso oggetto: a una giornata uggiosa corrisponderà meno energia solare e quindi una lenta velocità di rotazione dello stampo. Lo spessore sarà relativamente ridotto mentre la tinteggiatura risulterà più satura a causa di una maggiore permanenza del filo nel bagno colorante. A fine giornata, la macchina avrà completato il ciclo di produzione e sarà possibile “raccogliere” l’oggetto finito come se fosse un frutto, che racchiude in sé tutte le caratteristiche locali che ne hanno condizionato la produzione.

David Bowen
, artista americano del Minnesota, è invece interessato a come l’interazione tra naturale e artificiale possa produrre nuovi linguaggi estetici. Per questo motivo costruisce sculture cinetiche in cui macchina ed essere vivente, pianta o insetto che sia, reagiscono insieme agli stimoli ambientali producendo vari tipi di output: disegni, suoni o movimenti. Nel suo Growth Rendering Device la crescita di una pianta sospesa a un’armatura metallica della macchina viene registrata di giorno in giorno documentandone lo sviluppo attraverso un disegno prodotto dalla macchina stessa.
La pianta viene auto-alimentata dal sistema progettato da Bowen attraverso luce e soluzione nutritiva idrofonica. La macchina, dotata di scanner e stampante, si muove gradualmente lungo la parete di giorno in giorno, e ogni 24 ore registra e stampa la crescita della pianta, avanzando orizzontalmente lungo la striscia di carta sulla quale disegna. L’intervento del designer non interferisce nel rapporto simbiotico che si crea tra l’organismo vivente e la macchina, ma è pensato solamente per rilevare tale interazione sotto forma di uno specifico output.
L′ambient designer Simon Heijdens si divide tra Rotterdam e Londra, dove, attraverso la creazione di installazioni digitali all’interno dello spazio urbanizzato, cerca di ricreare una sorta di ciclo naturale. Heidens si propone di reintrodurre improvvisi elementi naturali, quali vento e scrosci di pioggia, nell’ambiente nel quale viviamo, costantemente pianificato attraverso climatizzatori e luci artificiali.

Nel progetto Lightweeds, piante digitali nascono, crescono, si riproducono e muoiono sulle pareti degli edifici abitati, reagendo agli stimoli esterni costituiti da sole, pioggia e vento. Tali stimoli sono captati da appositi sensori e resi visibili nella crescita e nel movimento della pianta digitale in tempo reale. La vegetazione artificiale viene influenzata anche dalla convivenza con l’uomo nella misura in cui l’uomo stesso, attraversando gli edifici abitati dalle piante, diventa veicolo di impollinazione. Percependo il passaggio delle persone e la frequenza dei loro spostamenti, nuovi semi vengono rilasciati sulle pareti ancora prive di vegetazione e l’installazione si propaga seguendo i flussi degli abitanti dello spazio urbanizzato.

laura boffi

la rubrica design è diretta da valia barriello

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 56. Te l’eri perso? Abbonati!

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