In occasione della tappa milanese della mostra organizzata dall’ADI Lombardia,
99 icone da segno a sogno, sono stati organizzati una serie di incontri/scontri sul design.
Il primo combattimento ha visto uno dei maestri del design italiano,
Enzo Mari, opposto alla superstar
Fabio Novembre, entrambi affiancati da un imprenditore a loro ideologicamente vicino: Ennio Brion per il primo e Marta Sala per il secondo. Giudice dell’incontro, il blasonato critico
Beppe Finessi, architetto e docente presso il Politecnico di Milano con
Tommaso Maggio, nonché creatore del blog di design
www.lospremiagrumi.com.
Colpo di gong e inizia il match: alla domanda “
ha ancora senso parlare di design in questa città ?” attacca Mari, spiegando che cosa ha significato per lui iniziare a lavorare in un campo che non era ancora definito come design e scoprire il valore della merce. Ancora in una serie a due mani, il gigante imbattuto del design, paragonandosi al bambino della favola di Andersen che vede l’imperatore nudo, continua a proporsi come una persona semplice, senza un’istruzione convenzionale ma capace di riconoscere la qualità delle forme. All’altro lato del ring, Novembre schiva e reagisce, definendosi l’incoscienza del design nostrano. Due pugili completamente all’opposto, non solo dal punto di vista generazionale ma anche per l’approccio al prodotto.
I designer non risparmiano un colpo. Mari vuole e riesce a disegnare oggetti che sopravvivranno nel tempo, ben duemila in una carriera; Novembre ipotizza di costruire edifici con l’esplosivo o oggetti con una data di scadenza e completa cinque o sei progetti all’anno. Un susseguirsi di botta e risposta tra i due concorrenti difficile da tenere nei limiti di un argomento. Mari, irremovibile sulle sue posizioni, si infuria a ogni interruzione e borbotta masticando il sigaro alle affermazioni di Novembre.
Uno dei maggiori maestri del design italiano che non si capacita di come al giorno d’oggi si possa progettare un pc e chiamarlo design, e un progettista sull’onda del successo non capisce l’immortalità della forma. Mari sostiene che al Museo del design in Triennale dovrebbero essere esposti solo oggetti con almeno cinquant’anni di vita, Novembre ha esposto un prototipo senza averlo visto prima.
Beppe Finessi interviene con lucida puntualità e cerca di riportare il dibattito sui binari di un confronto. Introduce nel discorso i due imprenditori: Marta Sala di Azucena ed Ennio Brion di Brionvega. Entrambi mostrano la loro visione della produzione di oggetti di design: quella di Marta Sala proiettata verso il futuro ed economicamente all’avanguardia, quella di Ennio Brion ancora legata alla storia del design nostrano e al rapporto progettista/azienda. Giusto il tempo di riprendere fiato e l’incontro ritorna rapidamente sui concorrenti principali che, con il loro battibecco, strappano più di qualche risata.
Chiude l’incontro, senza un vinto o un vincitore, Tommaso Maggio che, seduto tra Mari e Novembre, illustra con semplicità la situazione attuale di un giovane che si allaccia i guantoni per la prima volta, ovvero la condizione dei progettisti under 30. Spirito d’iniziativa, creatività e costante ricerca di un confronto sono gli ingredienti indispensabili per poter emergere.
Se c’è ancora tutto questo interesse e voglia di “lottare” per difendere la cultura del progetto significa che c’è ancora una strada da percorrere per un design tutto italiano. Come saluta Beppe Finessi: “
Evviva!”.